Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 22919 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 22919 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
avverso la sentenza del 20/6/2023 emessa dalla Corte di appello di Napoli visti gli atti, la sentenza e il ricorso; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona della Sostituta Procuratore
generale NOME COGNOME, che ha concluso;
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Napoli confermava la condanna dell’imputato in ordine al reato di cui all’art. 572 cod. pen.
Avverso tale sentenza, il ricorrente ha formulato un unico motivo di ricorso, con il quale deduce la nullità della sentenza per lesione del diritto di difesa, rappresentando che il giudizio di appello si era svolto in forma cartolare e che il Procuratore generale aveva depositato tardivamente le proprie conclusioni, oltre
il termine di dieci giorni prima dell’udienza fissato dall’art. 23·bis dl. n. 137 d 2020 e dopo la scadenza del termine, spettante alla difesa, per il deposito delle proprie conclusioni. La difesa dell’imputato depositava la propria memoria difensiva con la quale eccepiva l’omesso deposito delle conclusioni della parte pubblica.
La Corte di appello, a fronte della tempestiva eccezione di nullità, ometteva di pronunciarsi sulla stessa, definendo il giudizio con l’impugnata sentenza.
Il ricorso è stato trattato in forma cartolare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
In relazione alla problematica relativa alla natura dei termini previsti per il deposito delle conclusioni dalla disciplina emergenziale, nonché con riguardo alle conseguenze derivanti dal deposito tardivo o dall’omessa comunicazione alla controparte, la giurisprudenza di questa Corte non ha offerto soluzioni uniformi.
Secondo l’orientamento minoritario, nel procedimento di appello, nel vigore della disciplina emergenziale pandemica, la mancata comunicazione in via telematica delle conclusioni del pubblico ministero alla difesa dell’imputato, prevista dall’art. 23-bis, comma 2, del dl. 28 ottobre 2020 n. 137, convertito in legge 18 dicembre 2020 n. 176, integra un’ipotesi di nullità generale a regime intermedio ai sensi dell’art. 178, comma 1, lett, c) cod. proc. peri. (Sez.5, n. 20885 del 28/4/2021, Rv. 281152; Sez.6, n. 7069 dell’8/2/2022, Rv. 282905; si veda anche Sez.4, n. 21066 del 5/5/2022, Rv. 283316).
Secondo un’altra soluzione, invece, la tardiva trasmissione delle conclusioni depositate dal procuratore generale non integra di per sé una violazione del diritto di difesa, stante il carattere tassativo delle nullità e l’assenza di una sanzione processuale per tale ipotesi, sicché il ricorrente, che se ne dolga, ha l’onere di specificare il concreto pregiudizio che quel ritardo ha cagionato alle ragioni della difesa (Sez.5, n. 27419 del 17/2/2023, Rv. 285874; Sez.2, n. 34914 del 7/9/2021, Rv. 281941; Sez. 7, n. 32812 del 16/3/2023, Rv. 285331; Sez.2, n. 49964 del 14/11/2023, Rv. 285645 si veda anche Sez.6, n. 30146 del 28/4/2023, Rv. 285040).
2.1. Entrambe le soluzioni richiamate non sono integralmente condivisibili e richiedono un ulteriore approfondimento.
La soluzione maggioritaria, incline ad escludere la nullità valorizzando il
carattere tassativo delle nullità e l’assenza di una sanzione processuale per tale ipotesi, non pare corretta nella misura in cui non valorizza la riconducibilità della fattispecie nell’ambito delle nullità a regime intermedio di cui all’art. 178, lett.c cod. proc. pen.
Invero, il tardivo deposito delle conclusioni della parte pubblica, come la loro omessa comunicazione, impediscono alla difesa dell’imputato di confrontarsi con tali richieste, dal che ne può conseguire, in linea astratta, una lesione del diritto di difesa.
Sotto tale profilo, pertanto, appare parzialmente corretto il primo degli orientamenti richiamati che, per l’appunto, ritiene configurabile una nullità a regime intermedio. Tuttavia, tale soluzione non approfondisce la natura dei termini assegnati nel procedimento cartolare alle parti e non esamina l’incidenza effettiva che l’omesso o tardivo deposito delle conclusioni della parte pubblica determinano in relazione alla successiva decisione.
2.2. Questa Corte ha già avuto modo di precisare che nel giudizio cartolare d’appello celebrato nel vigore della disciplina emergenziale pandernica, i termini assegnati per il deposito delle conclusioni, previsti dall’art. 23-bis, comma 4, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con mocilificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, hanno natura perentoria, perché il loro rispetto è imprescindibilmente funzionale a consentire il corretto svilupparsi del contraddittorio tra le parti, nonché il necessario spazio di valutazione per il giudice (Sez.6, n. 18483 del 29/3/2022, COGNOME, Rv. 283262).
A tale conclusione si è giunti osservando come la trattazione cartolare prevede una scansione dei termini per il deposito delle rispettive richieste delle parti che non può che essere inteso nel senso della perentorietà degli stessi, in quanto il rispetto dei termini è direttamente funzionale a garantire l’effettività de contraddittorio, nonché il necessario spazio di valutazione per il giudice. Ove si ammettesse che il procuratore generale possa depositare le proprie richieste anche oltre il termine di legge, ne deriverebbe una evidente compressione per il conseguenziale termine riconosciuto alla difesa per avanzare le proprie conclusioni.
Parimenti, se si ritenesse che il termine di cinque giorni prima dell’udienza, entro il quale il difensore delle parti private deve depositare la propria memoria non sia perentorio, si imporrebbe al giudice di valutare anche memorie inviate fino al giorno della camera di consiglio, in tal modo privandolo del necessario tempo di esame delle stesse.
2.3. In conclusione, si può affermare che il contraddittorio cartolare – fondato sullo sfasamento dei termini per il deposito delle rispettive richieste delle parti –
presuppone di per sé la perentorietà dei termini, proprio perché il rispetto delle diverse cadenze temporali è il requisito essenziale per garantire a ciascuna parte processuale, nonché all’organo giudicante, l’esercizio delle rispettive facoltà e poteri.
La norma, invero, non prevede il rispetto d i ali termini a pena di decadenza, tuttavia, deve sottolinearsi come gli stessi debbano necessariamente ritenersi perentori atteso che, diversamente opinando, il deposito tardivo di uno di tali atti si rifletterebbe negativamente sul pieno dispiegarsi del contraddittorio.
Tale soluzione, peraltro, non collide con il principio generale ex art. 173, comma 1, c.p.p. – secondo cui i termini si considerano stabiliti a pena di decadenza solo nei casi previsti dalla legge. Invero, la perentorietà del termine può dipendere non solo dall’uso di specifiche formule normative, ma ben può essere insita nella funzione tipica dell’atto, il cui utile compimento deve necessariamente avvenire entro i tempi dettati dalla normativa codicistica.
In dottrina, si sostiene che il fenomeno della decadenza deve essere ravvisato ogni volta che per il compimento di una determinata attività processuale sia previsto un termine il cui esaurimento determini l’impossibilità di utile svolgimento dell’attività medesima, sicchè il fenomeno della decadenza deve implicitamente ravvisarsi nella disciplina legale di una determinata attività processuale o desumersi da una formale comminatoria di inammissibilità.
Analogo principio è stato recepito anche dalla giurisprudenza che, sia pur con riferimento ai termini previsti per le memorie ex art. 611 c.p.p., ha affermato che il deposito tardivo esime la Corte di cassazione dall’obbligo di prendere in esame le stesse (Sez.1, n. 28299 del 27/5/2019, Rv. 276414; Sez.4, n. 49392 del 23/10/2018, Rv. 274040; Sez.1, n. 13597 del 22/11/2016, Rv. 269673; Sez.6, n. 11630 del 27/2/2020, Rv. 278719; Sez.6, n.18453 del 28/2/2012, Rv. 252711; Sez.1, n. 19925 del 4/4/2014, Rv.NUMERO_DOCUMENTO).
2.4. Sulla scorta di tali principi, può affermarsi che nel rito a trattazione scritta, i termini per il deposito delle conclusioni, pur in mancanza di espressa indicazione, devono ritenersi perentori, sicchè il deposito tardivo esime la Corte di appello dall’obbligo di tenerne conto ai fini della decisione.
Si tratta di un’affermazione che ha già trovato applicazione nella giurisprudenza di legittimità, essendosi affermato che nel giudizio cartolare d’appello celebrato nel vigore della disciplina emergenziale per il contenimento della pandemia da Covid-19, il deposito tardivo delle conclusioni del procuratore generale, ritualmente avvisato, non è causa di nullità neanche nel caso in cui avvenga dopo il decorso del termine stabilito per la presentazione delle conclusioni delle parti private, ma esime il giudice dall’obbligo di prenderle in esame (Sez.5,
n. 8131 del 24/1/2023, Rv. 28436902).
2.5. Applicando tali principi ai caso di specie, ne consegue che la Corte di appello, a fronte del deposito tardivo delle conclusioni del Proc:uratore generale, avrebbe dovuto dichiararne l’inammissibilità, in tal modo esplicitando il fatto che delle stesse non si doveva tener conto ai fini della decisione.
Pur in mancanza del rilievo della tardività, tuttavia, il ricorrente non può limitarsi a lamentare un generico pregiudizio ali proprio diritto di difesa, derivante dal tardivo deposito delle conclusioni del Procuratore generale, dovendo in ogni caso dedursi la sussistenza di un’effettiva incidenza di tali conclusioni rispetto all’esito del giudizio.
In buona sostanza, la tardività del deposito può rilevare nei limiti in cui risult che le conclusioni non siano consistite in una generica richiesta di conferma della sentenza impugnata, bensì abbiano assunto un contenuto ulteriore e tale da condizionare l’esito del giudizio di appello.
In difetto di una specifica idoneità confutatoria delle conclusioni, in quanto non argomentate, rispetto all’impugnazione proposta dall’appellante, il sia pur tardivo deposito delle richieste della parte pubblica non determini alcuna lesione del diritto di difesa e, conseguentemente, viene meno la configurabilità stessa dell’invocata nullità di ordine generale.
Le considerazioni svolte conducono all’inammissibilità del ricorso, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro cinquecento in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro cinquecento in favore della Cassa delle ammende.
residente
Così deciso il 24 aprile 2024
Il Consigliere estensore