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Deposito tardivo conclusioni: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22919/2024, ha stabilito che il deposito tardivo delle conclusioni del Pubblico Ministero nel processo d’appello a trattazione scritta non causa automaticamente la nullità della sentenza. I termini sono perentori e gli atti tardivi dovrebbero essere considerati inammissibili. Tuttavia, per ottenere l’annullamento, la difesa deve dimostrare un pregiudizio concreto e specifico derivante dal contenuto delle conclusioni tardive, non essendo sufficiente la sola violazione del termine.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Deposito Tardivo Conclusioni: Nullità solo con Pregiudizio Concreto

Con la sentenza n. 22919 del 24 aprile 2024, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su una questione procedurale cruciale, sorta con la diffusione della trattazione cartolare nei giudizi di appello: quali sono le conseguenze del deposito tardivo delle conclusioni da parte del Procuratore Generale? La pronuncia chiarisce che la semplice violazione del termine non è sufficiente a determinare la nullità della sentenza, essendo necessario per la difesa dimostrare un pregiudizio effettivo e concreto.

Il caso in esame: un ricorso basato sulla tardività

I fatti traggono origine da un procedimento penale in cui un imputato, condannato in primo grado per il reato di maltrattamenti (art. 572 c.p.), vedeva confermata la sua condanna dalla Corte di Appello di Napoli. Il giudizio di secondo grado si era svolto secondo le modalità della trattazione scritta, introdotta dalla normativa emergenziale.

L’imputato proponeva ricorso per cassazione, basando la sua difesa su un unico motivo: la nullità della sentenza d’appello per violazione del diritto di difesa. Nello specifico, il ricorrente lamentava che il Procuratore Generale avesse depositato le proprie conclusioni scritte oltre il termine di dieci giorni prima dell’udienza fissato dalla legge, e addirittura dopo la scadenza del termine concesso alla difesa per le proprie memorie. Nonostante la difesa avesse tempestivamente eccepito tale irregolarità, la Corte di Appello aveva omesso di pronunciarsi sul punto, decidendo la causa nel merito.

La questione del deposito tardivo delle conclusioni e i contrasti giurisprudenziali

La Corte di Cassazione ha colto l’occasione per fare il punto su una problematica che ha generato orientamenti giurisprudenziali non uniformi. La questione centrale riguarda la natura dei termini per il deposito degli atti nel rito cartolare e le conseguenze della loro violazione.

Da un lato, un orientamento minoritario sosteneva che la mancata o tardiva comunicazione delle conclusioni del PM integrasse una nullità generale a regime intermedio, per violazione del diritto di assistenza dell’imputato (art. 178, lett. c, c.p.p.).

Dall’altro, l’orientamento maggioritario, più incline a un approccio pragmatico, riteneva che la tardività non fosse di per sé causa di nullità, stante il principio di tassatività delle nullità. Secondo questa tesi, spetta al ricorrente l’onere di specificare quale concreto pregiudizio sia derivato alla sua difesa dal ritardo.

La perentorietà dei termini nel rito cartolare

La Suprema Corte, nella sentenza in commento, pur riconoscendo la potenziale riconducibilità della fattispecie alla lesione del diritto di difesa, ha sviluppato un ragionamento più approfondito. I giudici hanno affermato con chiarezza che i termini previsti dall’art. 23-bis del d.l. 137/2020 per il deposito delle conclusioni hanno natura perentoria.

Questa perentorietà, sebbene non espressamente comminata dalla norma, è insita nella funzione stessa della trattazione scritta. Il rispetto di una precisa scansione temporale (prima il PM, poi le parti private) è un requisito essenziale per garantire il corretto dispiegarsi del contraddittorio e per assicurare al giudice il tempo necessario per esaminare le argomentazioni di tutti.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

Sulla base del principio della perentorietà, la Corte ha stabilito una conseguenza processuale netta: l’atto depositato tardivamente è inutilizzabile. Pertanto, la Corte di Appello, di fronte al deposito tardivo delle conclusioni del Procuratore Generale, avrebbe dovuto dichiararle inammissibili e non prenderle in considerazione ai fini della decisione.

Tuttavia, la Cassazione ha aggiunto un passaggio fondamentale per definire i contorni della nullità. Anche se il giudice d’appello ha erroneamente tenuto conto delle conclusioni tardive, il ricorrente non può limitarsi a denunciare la violazione formale. Per ottenere l’annullamento della sentenza, deve dimostrare un pregiudizio concreto.

In altre parole, la tardività rileva solo se le conclusioni della pubblica accusa non si sono limitate a una generica richiesta di conferma della condanna, ma hanno introdotto argomentazioni nuove o complesse che, se conosciute tempestivamente, avrebbero potuto ricevere una specifica confutazione da parte della difesa. In assenza di una tale specifica idoneità a condizionare l’esito del giudizio, la mera tardività non determina alcuna lesione effettiva del diritto di difesa e, di conseguenza, non può configurarsi la nullità della sentenza.

Le conclusioni

Nel caso specifico, il ricorso è stato dichiarato inammissibile proprio perché l’imputato si era limitato a lamentare un generico pregiudizio, senza allegare elementi concreti da cui desumere l’effettiva incidenza delle conclusioni tardive sull’esito del processo. La decisione rafforza un principio di pragmatismo processuale: le nullità non possono essere uno strumento di sterile formalismo, ma devono servire a sanare reali e comprovate lesioni dei diritti delle parti. Per gli avvocati, ciò significa che l’eccezione di nullità per il deposito tardivo delle conclusioni avversarie deve essere sempre accompagnata da una puntuale dimostrazione del danno difensivo subito.

I termini per il deposito delle conclusioni nel rito cartolare d’appello sono perentori?
Sì, la Corte di Cassazione afferma che questi termini hanno natura perentoria. Il loro rispetto è considerato un requisito essenziale per garantire il corretto svolgimento del contraddittorio tra le parti e per concedere al giudice il tempo necessario per una valutazione ponderata degli atti.

Cosa dovrebbe fare il giudice se il Procuratore Generale deposita le sue conclusioni in ritardo?
Secondo la sentenza, il giudice d’appello dovrebbe considerare le conclusioni depositate tardivamente come inammissibili. Di conseguenza, non dovrebbe tenerne conto ai fini della decisione, in quanto l’atto è stato compiuto oltre la scadenza perentoria prevista dalla legge.

Il deposito tardivo delle conclusioni del PM causa sempre la nullità della sentenza?
No, non automaticamente. Per far valere la nullità della sentenza per lesione del diritto di difesa, non è sufficiente lamentare la mera tardività del deposito. Il ricorrente ha l’onere di dimostrare l’esistenza di un pregiudizio concreto e specifico, provando che il contenuto delle conclusioni tardive ha effettivamente inciso sull’esito del giudizio a suo sfavore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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