Deposito Tardivo Conclusioni PM: Quando il Ritardo non Invalida il Processo
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione penale (n. 26001/2024) offre un importante chiarimento sulla validità degli atti processuali, in particolare riguardo al deposito tardivo delle conclusioni del Procuratore Generale nel contesto del giudizio d’appello celebrato con rito “cartolare”, una modalità introdotta durante l’emergenza sanitaria. La Suprema Corte ha stabilito un principio netto: il ritardo non è causa di nullità.
I Fatti del Caso: Un Vizio Procedurale al Centro del Ricorso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un’imputata contro la sentenza della Corte d’Appello di Milano. L’unico motivo di doglianza era di natura puramente procedurale. La difesa sosteneva la nullità della sentenza d’appello perché il Procuratore Generale aveva depositato le proprie conclusioni scritte oltre il termine di legge, fissato a dieci giorni prima dell’udienza. Secondo la tesi difensiva, questa violazione del termine avrebbe inficiato la validità dell’intero giudizio di secondo grado.
La Questione del Deposito Tardivo nel Rito Emergenziale
Il cuore della questione giuridica risiede nell’interpretazione delle norme emergenziali che hanno disciplinato il cosiddetto “giudizio cartolare”. Questa procedura, ideata per evitare assembramenti nei tribunali, prevede la trattazione del processo sulla base di atti scritti, senza un’udienza in presenza. La legge stabilisce termini precisi per il deposito delle conclusioni delle parti, inclusa la Procura Generale, per garantire il corretto svolgimento del contraddittorio.
La ricorrente lamentava che il mancato rispetto di tale termine da parte dell’accusa avesse violato le regole processuali a pena di nullità. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha adottato un’interpretazione differente, basandosi su un orientamento giurisprudenziale già consolidato.
le motivazioni
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo il motivo infondato in diritto. I giudici hanno spiegato che, nel giudizio cartolare d’appello, il deposito tardivo delle conclusioni del Procuratore Generale non è causa di nullità. La conseguenza di tale ritardo non è l’invalidità della sentenza, ma semplicemente l’esonero per il giudice dall’obbligo di prendere in esame tali conclusioni.
In altre parole, l’atto depositato fuori termine si considera come non presentato, ma questo non produce alcun effetto invalidante sul procedimento nel suo complesso. La Corte ha inoltre sottolineato che, nel caso specifico, il vizio dedotto era rimasto privo di effetti concreti. La Corte d’Appello, infatti, aveva ampiamente e dettagliatamente motivato le ragioni per cui non riteneva applicabile la causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto (ex art. 131-bis c.p.), dimostrando che la decisione non era stata in alcun modo influenzata dalle tardive conclusioni della Procura.
le conclusioni
La decisione della Suprema Corte ribadisce un principio di economia processuale e di tassatività delle nullità. Non ogni irregolarità formale comporta l’invalidità di un atto o di un intero giudizio, ma solo quelle espressamente previste dalla legge come tali. La pronuncia chiarisce che il termine per il deposito delle conclusioni nel rito cartolare ha una funzione ordinatoria, volta a garantire un ordinato svolgimento del processo, ma la sua violazione non lede i diritti fondamentali della difesa al punto da determinare una nullità. Il ricorso è stato quindi dichiarato inammissibile, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Il deposito tardivo delle conclusioni scritte del procuratore generale nel giudizio d’appello ‘cartolare’ causa la nullità della sentenza?
No, secondo la Corte di Cassazione, il deposito tardivo delle conclusioni del procuratore generale nel giudizio cartolare non è causa di nullità della sentenza.
Qual è la conseguenza del deposito tardivo delle conclusioni da parte del procuratore generale?
La conseguenza è che il giudice viene esonerato dall’obbligo di prendere in esame tali conclusioni. L’atto tardivo è, in pratica, considerato come non depositato, ma non invalida il procedimento.
Perché il ricorso è stato comunque dichiarato inammissibile nonostante la questione procedurale sollevata?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il motivo era infondato in diritto. La Corte ha ritenuto che il vizio procedurale dedotto (il deposito tardivo) fosse privo di effetti concreti, dato che la Corte d’Appello aveva già ampiamente motivato la sua decisione su altri presupposti di fatto.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 26001 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 26001 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MILANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 30/10/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME;
considerato che l’unico motivo di ricorso, con cui si deduce inosservanza della legge processuale (termine per il deposito delle conclusioni scritte del Procuratore generale secondo la disciplina emergenziale in vigore nell’anno 2023, dieci giorni prima dell’udienza fissata per trattazione dell’appello) stabilita a pena di nullità è infondato in diritto, in quanto, nel cartolare d’appello celebrato nel vigore della disciplina emergenziale per il contenimento del pandemia da Covid-19, il deposito tardivo delle conclusioni del procuratore generale, ritualmente avvisato, non è causa di nullità neanche nel caso in cui avvenga dopo il decorso del termine stabilito per la presentazione delle conclusioni delle parti private, ma esime il giudice dall’ob di prenderle in esame (Sez. 5, n. 8131 del 24/01/2023, Rv. 284369);
rilevato che pertanto il vizio dedotto è rimasto privo di effetti, avendo la Corte diffusament argomentato il difetto di più presupposti di fatto per l’applicazione della causa di esclusione d punibilità ex art. 131-bis cod. pen.;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 21 maggio 2024.