Delitto di Riciclaggio: Quando Vendere Beni Rubati Diventa Reato Grave
La distinzione tra il reato di ricettazione e il delitto di riciclaggio è un tema di cruciale importanza nel diritto penale, con implicazioni sanzionatorie molto diverse. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti essenziali su come qualificare la condotta di chi vende beni di provenienza illecita, come gioielli rubati, a un esercizio commerciale. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi di diritto affermati dai giudici.
I Fatti del Caso: La Vendita di Preziosi a un “Compro Oro”
Il caso trae origine da un ricorso presentato da un imputato condannato per riciclaggio. La condotta contestata consisteva nell’aver ceduto a un’attività di “Compro oro” alcuni beni preziosi di origine furtiva in cambio di denaro. La difesa dell’imputato sosteneva che tale azione dovesse essere qualificata come il meno grave reato di ricettazione e non come riciclaggio, contestando la valutazione dei giudici di merito sull’elemento soggettivo del reato.
La Controversia Legale: Ricettazione o Riciclaggio?
Il punto centrale della questione legale era stabilire se la semplice vendita di un bene rubato potesse configurare il delitto di riciclaggio. Secondo la tesi difensiva, l’operazione non era sufficientemente complessa da integrare un’attività di “ripulitura”, ma si limitava a una mera ricezione e successiva monetizzazione del bene illecito, tipica della ricettazione.
La Corte d’Appello, tuttavia, aveva già respinto questa interpretazione, e il caso è quindi giunto all’attenzione della Corte di Cassazione per una decisione finale.
Il Delitto di Riciclaggio secondo la Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la qualificazione del fatto come delitto di riciclaggio. I giudici hanno chiarito che l’elemento distintivo di questo reato non risiede nella complessità dell’operazione, ma nel suo effetto concreto: ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa del bene.
Le Motivazioni della Decisione
Le motivazioni della Corte si fondano su tre pilastri fondamentali:
1.  La “Sostituzione” del Bene Illecito: La norma incriminatrice del riciclaggio punisce chiunque “sostituisce o trasferisce” beni di provenienza illecita. La Cassazione ha spiegato che la cessione di oggetti preziosi rubati a un “Compro oro” realizza pienamente questa “sostituzione”. Il bene originario (i gioielli) viene scambiato con un’altra utilità (il denaro), interrompendo la catena di tracciabilità del bene rubato e rendendo più difficile per gli investigatori risalire alla sua origine.
2.  Il Dolo Generico: Per il riciclaggio non è richiesto un dolo specifico, ovvero l’intenzione mirata di “ripulire” il denaro per reinvestirlo nell’economia legale. È sufficiente il cosiddetto “dolo generico”, che consiste nella semplice consapevolezza che la propria condotta è funzionale a ostacolare l’accertamento dell’origine delittuosa del bene. Chi vende un oggetto rubato è consapevole che, una volta scambiato con denaro, sarà molto più difficile collegarlo al furto originario.
3.  L’Irrilevanza della Tracciabilità: La difesa aveva implicitamente suggerito che la tracciabilità dell’operazione (ad esempio, tramite registrazione presso il “Compro oro”) potesse escludere il reato. La Corte ha ribadito un principio consolidato: il delitto di riciclaggio sussiste anche se l’operazione è, in astratto, tracciabile. Ciò che conta è che l’azione abbia reso, anche solo in parte, più difficoltoso l’accertamento. La possibilità teorica di ricostruire i passaggi non elimina la rilevanza penale della condotta che ha complicato tale ricostruzione.
Le Conclusioni
Questa ordinanza della Cassazione rafforza un orientamento giurisprudenziale rigoroso in materia di delitto di riciclaggio. La decisione chiarisce che anche operazioni apparentemente semplici, come la vendita di refurtiva a un “Compro oro”, possono integrare questo grave reato e non la più lieve fattispecie di ricettazione. Il criterio distintivo non è la complessità dell’operazione, ma la sua idoneità a “inquinare” il percorso di identificazione del bene, sostituendolo con denaro o altre utilità e rendendo più arduo il lavoro degli inquirenti. Si tratta di un monito importante che evidenzia come qualsiasi azione che interferisca con la tracciabilità di beni illeciti possa avere conseguenze penali molto severe.
 
Quando la vendita di oggetti rubati si configura come delitto di riciclaggio invece che semplice ricettazione?
Secondo la Corte, si configura il delitto di riciclaggio quando la condotta non si limita a ricevere il bene illecito, ma realizza una ‘sostituzione’ dello stesso con un’altra utilità (come il denaro), compiendo così un’azione idonea a ostacolare l’identificazione della sua provenienza delittuosa.
Per commettere il delitto di riciclaggio è necessario avere l’intenzione specifica di ‘ripulire’ il bene?
No, non è necessario. La Corte ha chiarito che per il delitto di riciclaggio è sufficiente il ‘dolo generico’, ovvero la consapevolezza che la propria azione ha la funzionalità di ostacolare l’identificazione della provenienza illecita del bene, senza che sia richiesto un fine ulteriore.
Se un’operazione finanziaria è tracciabile, si può comunque essere accusati di delitto di riciclaggio?
Sì. La Corte ha ribadito che il reato sussiste anche se l’operazione è tracciabile. Ciò che rileva è che la condotta abbia reso più difficoltoso l’accertamento dell’origine del bene, poiché l’astratta possibilità di ricostruire i passaggi non elimina la natura illecita dell’azione posta in essere.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3860 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 3860  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME NOME a VILLACIDRO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/01/2023 della CORTE APPELLO di CAGLIARI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
CONSIDERATO IN FATTO E DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME, considerato che l’unico motivo di ricorso, con il quale, cumulativamente, si deducono vizi della sentenza impugnata in ordine alla qualificazione del fatto ed all’elemento soggettivo, formulato in termini non consentiti dalla legge in sede di legittimità e, comunque manifestamente infondato; quanto a quest’ultimo profilo, infatti, la difesa finisce con il sollec una rivalutazione degli elementi fattuali già compiutamente e conformemente apprezzati in sede di merito dove si è dato conto della differenza, in punto di elemento soggettivo, tra il delit ricettazione e quello di riciclaggio, per il quale è richiesto il (solo) dolo generico consistent consapevolezza della funzionalità della condotta ad ostacolare la identificazione dell provenienza delittuosa del bene (cfr., in tal senso, Sez. 2, n. 48316 del 06/11/2015, Berlingeri Rv. 265379 – 01); quanto al primo profilo, si tratta di un rilievo riproduttivo di profili di già adeguatamente vagliati e disattesi dai giudici di merito con il supporto di corretti argomen relativi alle emergenze probatorie avendo la Corte d’Appello adeguatamente spiegato (cfr., pagg. 8-9 della sentenza impugnata) che le modalità della condotta, consistente nella consegna di beni preziosi di origine furtiva ad un “Compro oro”, avevano realizzato quella “sostituzione” de bene di origine delittuosa con altra utilità, richiesto dalla norma incriminatrice (cfr., p fattispecie analoga, Sez. 2 – , n. 57805 del 07/12/2018, COGNOME, Rv. 274490 – 01, in cui la Cor ha spiegato che integra il delitto di riciclaggio e non quello di ricettazione, la condotta di che dopo avere ricevuto oggetti preziosi di origine furtiva li ceda a terzi in cambio di dena potendo la condotta tipica di tale reato realizzarsi anche attraverso azioni dirette alla sostituzione del bene senza la modificazione materiale dello stesso); da ultimo giova ribadire che il delitto di riciclaggio sussiste anche laddove la condotta dell’agente si sia limitata a ren più difficoltoso l’accertamento della provenienza del denaro, dei beni o delle altre utilità, anche attraverso operazioni che risultino tracciabili, in quanto l’accertamento o l’astra individuabilità dell’origine delittuosa del bene non costituiscono l’evento del reato (cfr esempio, Sez. 5, n. 21925 del 17/04/2018, Ratto, Rv. 273183 – 01); Corte di Cassazione – copia non ufficiale
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 5/12/2023 Il Consigliere Estensore