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Delega di funzioni: quando non esonera il datore?

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna di un datore di lavoro per violazioni della sicurezza, nonostante una delega di funzioni a un preposto. La Corte ha stabilito che la delega è inefficace se il datore di lavoro mantiene per sé un ruolo specifico di vigilanza, come quello di responsabile del servizio di prevenzione e protezione sul cantiere, conservando così la responsabilità penale per gli infortuni.

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Pubblicato il 4 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Delega di funzioni: quando non basta per escludere la responsabilità del datore di lavoro

La delega di funzioni in materia di sicurezza sul lavoro è uno strumento cruciale per le aziende, ma non rappresenta una liberatoria assoluta per il datore di lavoro. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: se il datore di lavoro mantiene un ruolo attivo di vigilanza, la delega perde la sua efficacia esimente. Analizziamo questo caso per capire i limiti e le condizioni di questo importante istituto giuridico.

I fatti del caso

La vicenda riguarda l’amministratrice unica di un’impresa edile, condannata al pagamento di un’ammenda per violazioni delle norme sulla sicurezza in un cantiere. Le contestazioni riguardavano, tra le altre cose, la mancata corretta installazione di un parapetto e di un trabattello, mettendo a rischio i lavoratori.

L’imputata ha presentato ricorso in Cassazione, basando la sua difesa su tre argomenti principali:
1. Efficacia della delega di funzioni: Sosteneva di aver validamente delegato tutte le responsabilità in materia di sicurezza a un preposto di cantiere, dotato di autonomia organizzativa e di spesa, come previsto dall’art. 16 del D.Lgs. 81/2008.
2. Travisamento della prova: Contestava la valutazione delle prove (documentazione fotografica e testimonianze) effettuata dal Tribunale, ritenendola illogica.
3. Sospensione condizionale non richiesta: Lamentava che il Tribunale le avesse concesso d’ufficio la sospensione condizionale della pena, un beneficio che lei non aveva richiesto per “conservarlo” per eventuali future condanne più gravi.

La delega di funzioni e la decisione della Cassazione

Il cuore della sentenza ruota attorno al primo motivo, quello relativo alla delega di funzioni. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, ritenendo la delega inefficace nel caso specifico. Il punto chiave è che, nonostante la delega formale al preposto, l’imputata aveva assunto su di sé l’incarico di Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) per quello specifico cantiere.

Questa scelta si è rivelata decisiva. Assumendo tale ruolo, il datore di lavoro non si è limitato a un generico dovere di vigilanza sul delegato, ma ha mantenuto un obbligo specifico e attivo di controllo sulla corretta attuazione di tutte le misure di sicurezza. In pratica, ha conservato un potere di supervisione diretta che svuota di significato la delega stessa ai fini dell’esclusione della responsabilità.

Le motivazioni

La Corte ha chiarito che il datore di lavoro può invocare una delega di funzioni come causa di esclusione della propria responsabilità solo quando le omissioni avvengono in un contesto in cui non poteva esercitare un controllo capillare e quotidiano. Nel caso in esame, la documentazione aziendale dimostrava il contrario: l’imputata, in qualità di RSPP, aveva l’obbligo di esercitare proprio quel controllo diretto.

La giurisprudenza citata dalla Corte (Cass. n. 51455/2023) è netta: la delega non esclude l’obbligo di vigilanza del datore di lavoro sul corretto espletamento delle funzioni trasferite. Questo obbligo non può riguardare il controllo “momento per momento” delle singole lavorazioni, ma deve afferire alla correttezza della gestione complessiva del rischio da parte del delegato.

Tuttavia, quando il datore di lavoro si auto-nomina RSPP, si assume un dovere di vigilanza attiva che va oltre, diventando il garante diretto della prevenzione infortuni. Per quanto riguarda gli altri motivi di ricorso, la Corte li ha dichiarati inammissibili. La contestazione sulle prove è stata giudicata un tentativo di riesaminare il merito dei fatti, non consentito in sede di legittimità. La questione sulla sospensione condizionale è stata definita come mossa da un interesse “meramente utilitaristico”, inidoneo a fondare un’impugnazione, poiché il giudice può concedere il beneficio anche d’ufficio se lo ritiene utile alla funzione rieducativa della pena.

Le conclusioni

Questa sentenza offre un’importante lezione pratica: la delega di funzioni non è un atto puramente formale che trasferisce automaticamente ogni responsabilità. La sua efficacia dipende dalla reale struttura organizzativa dell’azienda. Se il datore di lavoro, direttamente o indirettamente, mantiene poteri di controllo, intervento e supervisione attiva sulla sicurezza, la sua posizione di garanzia rimane intatta e non potrà invocare la delega per sfuggire alle proprie responsabilità penali in caso di violazioni.

Una delega di funzioni esonera sempre il datore di lavoro dalla responsabilità per la sicurezza?
No. La delega non esonera il datore di lavoro se questi mantiene un obbligo di vigilanza sul corretto espletamento delle funzioni delegate. La responsabilità penale rimane in capo al datore se si ingerisce nella gestione della sicurezza o assume ruoli operativi specifici.

Perché la delega di funzioni è stata considerata inefficace in questo caso specifico?
Perché il datore di lavoro aveva assunto su di sé anche il ruolo di Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) per il cantiere. Questo incarico specifico ha comportato il mantenimento di un dovere di vigilanza attiva e diretta, rendendo la delega al preposto inefficace ai fini dell’esclusione della sua responsabilità.

Un imputato può rifiutare la sospensione condizionale della pena concessa dal giudice?
L’imputato può impugnare la concessione del beneficio, ma solo se l’impugnazione si basa su interessi giuridicamente apprezzabili. Un interesse meramente “utilitaristico”, come quello di “conservare” il beneficio per future condanne, non è considerato una ragione valida e rende il motivo di ricorso inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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