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Decreto penale: no senza indagini patrimoniali

La Corte di Cassazione ha stabilito che un Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) può legittimamente rigettare una richiesta di decreto penale di condanna se il Pubblico Ministero non fornisce elementi sufficienti sulla situazione patrimoniale dell’imputato. Tale rigetto non costituisce un atto abnorme, ma un corretto esercizio del potere di controllo sulla congruità della pena pecuniaria, come previsto dalla riforma Cartabia. La sentenza sottolinea che l’onere di fornire tali informazioni ricade sulla pubblica accusa che sceglie di avvalersi di questo rito speciale.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Decreto Penale di Condanna: La Riforma Cartabia e l’Onere degli Accertamenti Patrimoniali

Con la sentenza n. 23734/2024, la Corte di Cassazione affronta una questione cruciale emersa dopo la Riforma Cartabia: i poteri del giudice nel valutare la congruità di un decreto penale di condanna quando mancano informazioni sulla situazione economica dell’imputato. La decisione chiarisce che il rigetto della richiesta del Pubblico Ministero in assenza di accertamenti patrimoniali non è un atto abnorme, ma un legittimo esercizio del controllo giurisdizionale.

I Fatti del Caso: Una Richiesta Respinta

Il caso ha origine dalla richiesta di un Pubblico Ministero presso il Tribunale di Messina di emettere un decreto penale di condanna nei confronti di un imputato per reati minori. La pena proposta consisteva nella conversione di 15 giorni di arresto in una sanzione pecuniaria, per un totale di 700 euro.

Il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP), tuttavia, ha rigettato la richiesta e restituito gli atti al PM. La motivazione del rigetto si fondava sulla nuova formulazione dell’art. 459, comma 1-bis, del codice di procedura penale, introdotta dal D.Lgs. 150/2022 (Riforma Cartabia). Secondo il GIP, in assenza di specifici accertamenti patrimoniali, era impossibile valutare la “congruità” della pena pecuniaria, ovvero se questa fosse adeguata alle reali condizioni economiche, patrimoniali e di vita dell’imputato e del suo nucleo familiare, come richiesto dalla nuova norma.

Il Ricorso del Pubblico Ministero e la Congruità del Decreto Penale di Condanna

Il Pubblico Ministero ha impugnato la decisione del GIP dinanzi alla Corte di Cassazione, sostenendo che il provvedimento fosse “abnorme” e in violazione di legge. Secondo la pubblica accusa, il GIP avrebbe dovuto considerare che la pena era stata calcolata su parametri molto bassi. Inoltre, anziché rigettare in toto la richiesta, il giudice avrebbe potuto percorrere altre strade, come concedere la sospensione condizionale della pena o ammettere l’imputato al pagamento rateale.

Il ricorrente lamentava una situazione di stallo procedurale, derivante da una presunta ingiustificata richiesta di indagini patrimoniali non espressamente previste come obbligatorie, che di fatto si traduceva in un non liquet, ovvero un rifiuto di decidere.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, ritenendolo infondato e confermando la correttezza dell’operato del GIP. I giudici di legittimità hanno chiarito che l’ordinanza impugnata non era affatto abnorme.

Il cuore della motivazione risiede nell’interpretazione del novellato art. 459, comma 1-bis, c.p.p. La norma stabilisce che il giudice, nel convertire una pena detentiva in pecuniaria, deve individuare un “valore giornaliero” basato sulle “complessive condizioni economiche, patrimoniali e di vita dell’imputato e del suo nucleo familiare”. Questo parametro, molto più ampio della precedente “condizione economica”, impone al giudice una valutazione personalizzata e approfondita.

La Corte ha specificato che il potere del GIP di rigettare la richiesta di decreto penale non è un’interferenza indebita nelle scelte del PM, ma l’espressione di un legittimo potere di controllo sul merito dell’istanza. Se il PM, scegliendo il rito monitorio, non fornisce gli elementi necessari per questa valutazione, il giudice non può fare altro che rigettare la richiesta per l’impossibilità di adempiere al suo dovere di commisurare la pena in modo equo e conforme alla legge.

Il provvedimento del GIP, dunque, non si basa su mere ragioni di opportunità o su una prognosi negativa circa la solvibilità dell’imputato (che sarebbe stato abnorme), ma sulla mancanza di presupposti essenziali per la decisione.

Conclusioni: Il Principio di Diritto e le Implicazioni Pratiche

La Corte ha cristallizzato la sua decisione fissando un importante principio di diritto:

> «Non è abnorme l’ordinanza con la quale il Giudice per le indagini preliminari rigetti la richiesta di emissione del decreto penale di condanna, disponendo la restituzione degli atti al pubblico ministero, perché, in mancanza di elementi sufficienti per commisurare la pena alla concreta situazione patrimoniale dell’imputato e per valutare i parametri in base ai quali commisurare la pena pecuniaria richiesta in sostituzione di quella detentiva, il provvedimento non interferisce con le attribuzioni istituzionali della pubblica accusa circa le modalità di esercizio dell’azione penale e di strutturazione dell’imputazione».

In pratica, questa sentenza chiarisce che la Riforma Cartabia ha attribuito al giudice un potere-dovere di valutazione più incisivo nel rito per decreto. Di conseguenza, l’onere di fornire le informazioni necessarie a tale valutazione ricade sul Pubblico Ministero. Se l’accusa intende avvalersi di questo strumento processuale, deve corredare la richiesta di elementi idonei a consentire al giudice di determinare una pena pecuniaria effettivamente congrua e personalizzata.

Un giudice può rigettare una richiesta di decreto penale di condanna per mancanza di informazioni sulla situazione economica dell’imputato?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che il GIP può legittimamente rigettare la richiesta se il Pubblico Ministero non fornisce elementi sufficienti per valutare le condizioni economiche, patrimoniali e di vita dell’imputato, necessarie per determinare la congruità della pena pecuniaria.

Il rigetto di un decreto penale per assenza di indagini patrimoniali è un atto abnorme?
No. Secondo la sentenza, questo tipo di rigetto non è abnorme perché rientra nel legittimo potere di controllo del giudice sulla richiesta del PM e non interferisce con le attribuzioni istituzionali della pubblica accusa. Si tratta di una verifica necessaria sulla congruità della pena proposta.

A chi spetta l’onere di fornire le informazioni sulla situazione patrimoniale dell’imputato nel procedimento per decreto penale?
La sentenza chiarisce che l’onere ricade sul Pubblico Ministero. Essendo la parte che sceglie di attivare questo rito speciale, deve fornire al giudice tutti gli elementi necessari per consentirgli di valutare i parametri per la determinazione della pena pecuniaria sostitutiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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