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Decreto penale di condanna: nullità e competenza

La Corte di Cassazione risolve un conflitto di competenza tra GIP e Tribunale, stabilendo che, dopo l’opposizione a un decreto penale di condanna, il giudice del dibattimento non può dichiararne la nullità e restituire gli atti. Tale atto costituisce un’abnormità funzionale che causa un’indebita regressione del procedimento. La competenza a giudicare nel merito resta del Tribunale.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Decreto penale di condanna opposto: il Tribunale non può annullarlo

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9937/2025, ha chiarito un importante principio procedurale relativo al decreto penale di condanna. Una volta che l’imputato propone opposizione e il processo giunge alla fase dibattimentale, il Tribunale non può più dichiarare la nullità del decreto originario e restituire gli atti al Giudice per le indagini preliminari (GIP). Tale azione configurerebbe un’ abnormità funzionale, causando un’illegittima regressione del procedimento. Vediamo nel dettaglio la vicenda e le ragioni della Suprema Corte.

I fatti del caso

Il GIP presso il Tribunale di Chieti emetteva un decreto penale di condanna nei confronti di un imputato, condannandolo a una pena pecuniaria. L’imputato, avvalendosi dei suoi diritti, proponeva opposizione. Di conseguenza, il GIP emetteva un decreto di giudizio immediato, fissando l’udienza davanti al Tribunale in composizione monocratica.

Durante l’udienza dibattimentale, la difesa eccepiva la nullità del decreto penale per vizi procedurali, tra cui l’omessa indicazione della possibilità di ottenere una riduzione della pena in caso di pagamento entro 15 giorni e della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa. Il Tribunale, accogliendo le eccezioni, dichiarava la nullità del decreto e disponeva la restituzione degli atti al GIP. Quest’ultimo, ritenendo che il Tribunale avrebbe dovuto procedere con il giudizio, sollevava un conflitto negativo di competenza dinanzi alla Corte di Cassazione.

Il conflitto di competenza sul decreto penale di condanna

La questione giuridica verteva sulla corretta procedura da seguire una volta che un decreto penale di condanna viene opposto e il giudizio è incardinato. Secondo il GIP, una volta avviata la fase dibattimentale, il Tribunale è l’unico giudice competente a decidere nel merito. Restituire gli atti rappresenta una violazione del principio di progressione processuale.

Il Tribunale, invece, aveva ritenuto che la nullità del decreto originario, per violazione delle norme introdotte dal D.Lgs. 150/2022 (Riforma Cartabia), fosse un vizio talmente radicale da imporre la regressione alla fase precedente. La Corte di Cassazione è stata quindi chiamata a stabilire quale dei due giudici dovesse procedere, risolvendo la situazione di stasi processuale.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto la tesi del GIP, dichiarando la competenza del Tribunale di Chieti. La motivazione si fonda su un principio consolidato: l’opposizione al decreto penale di condanna trasforma il procedimento. Il decreto, una volta opposto, cessa di esistere come provvedimento decisorio e funge unicamente da atto di introduzione a un giudizio ordinario.

I giudici hanno spiegato che, una volta instaurato il dibattimento, non c’è più spazio per una declaratoria di nullità del decreto penale. Il Tribunale deve procedere alla trattazione del processo e decidere su tutte le questioni, comprese quelle preliminari sollevate dalla difesa. L’atto del Tribunale di restituire gli atti al GIP è stato qualificato come affetto da ‘abnormità funzionale’. Questo vizio si verifica quando un provvedimento, pur non essendo previsto come nullo dalla legge, determina un’indebita regressione del procedimento e si pone in contrasto con il principio costituzionale della sua ragionevole durata.

Conclusioni

La decisione della Cassazione ribadisce un punto fermo della procedura penale: il processo deve tendere a una progressione e non a un’involuzione. L’opposizione al decreto penale di condanna apre la via a un giudizio pieno, nel quale il Tribunale è investito della totale cognizione del fatto. Annullare il decreto e tornare indietro non solo crea una paralisi processuale, ma viola anche i principi fondamentali del giusto processo. La sentenza fornisce quindi una guida chiara ai giudici di merito: una volta iniziato il dibattimento, la strada è solo una, quella che porta alla decisione finale, senza possibilità di ‘retromarce’ procedurali.

Dopo l’opposizione, il giudice del dibattimento può dichiarare nullo il decreto penale di condanna?
No. Secondo la sentenza, una volta che il procedimento giunge alla fase dibattimentale a seguito di opposizione, il Tribunale deve procedere con il giudizio nel merito. Il decreto penale originario è considerato giuridicamente superato e non può più essere oggetto di una declaratoria di nullità.

Cosa si intende per ‘abnormità funzionale’ in questo contesto?
Si intende un provvedimento del giudice che, pur non essendo formalmente invalido, si pone al di fuori dello schema legale del processo, causando una stasi o un’illegittima regressione a una fase precedente. In questo caso, la restituzione degli atti al GIP da parte del Tribunale è stata considerata un atto anomalo che ha bloccato il corretto svolgimento del processo.

Qual è l’effetto principale dell’opposizione a un decreto penale di condanna?
L’effetto principale è quello di trasformare un procedimento sommario in un giudizio ordinario a cognizione piena. L’opposizione introduce un’autonoma fase processuale, il dibattimento, in cui il giudice è chiamato a valutare tutte le prove e le argomentazioni per giungere a una sentenza nel merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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