Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 21988 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 21988 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME, nato a Roma il DATA_NASCITA, contro il decreto del GIP del Tribunale di Roma del 24.10.2022;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
1. Il GIP del Tribunale di Roma ha emesso, in data 24.10.2022, un decreto penale di condanna nei confronti di NOME COGNOME in relazione alla contravvenzione di cui all’art. 707 cod. pen. condannandolo al pagamento della
somma di euro 22.500 di ammenda in sostituzione di quella detentiva pari a mesi 3 di arresto ed in ragione di euro 75,00 pro die;
ricorre per cassazione il COGNOME tramite il difensore di fiducia che deduce, con un unico motivo, l’abnormità del provvedimento impugnato in quanto reso in violazione degli artt. 459 e 460 cod. proc. pen.: osserva che la richiesta del PM era nel senso della condanna al pagamento della somma di euro 22.500 di ammenda con il beneficio della sospensione condizionale della pena che, tuttavia, il GIP non ha concesso per la ritenuta esistenza di precedenti ostativi così rigettando “parzialmente” la richiesta con un provvedimento non previsto dall’ordinamento processuale poiché il giudice può respingere la richiesta del PM per ragioni attinenti alla introduzione del rito, alla qualificazione giuridica di fa ovvero alla idoneità o adeguatezza della pena indicata, ma non può eliderne una parte quale, nel caso in esame, il beneficio della sospensione condizionale che rientra tra le condizioni di “adeguatezza della pena” dovendo, semmai, restituire gli al PM:
la Procura AVV_NOTAIO ha trasmesso la requisitoria scritta concludendo per l’inammissibilità del ricorso: rileva, infatti, che nei confronti del decreto penale d condanna, anche laddove qualificabile come atto abnorme, l’unico strumento di impugnazione è l’opposizione; aggiunge che, ai sensi dell’art. 460, comma secondo, cod. proc. pen., il giudice è vincolato dalla richiesta del PM in relazione all’entità della pena che non può modificare laddove, invece, nessun vincolo deriva dalla richiesta di applicare la sospensione condizionale della pena.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché articolato con censure manifestamente infondate.
La difesa, infatti, ritiene che il provvedimento impugnato, nella misura in cui ha respinto “parzialmente” la richiesta del PM, sia qualificabile come “abnorme” in quanto non previsto dall’ordinamento processuale poiché, a fronte della iniziativa dell’ufficio di Procura, il GIP può, alternativamente, emettere il decreto o respingere la richiesta “in toto” con la restituzione degli atti ai sensi dell’art. 459, comma 3 cod. proc. pen..
Nel caso di specie, invece, il GIP ha accolto la richiesta del PM ed ha emesso il decreto penale di condanna non riconoscendo invece il beneficio della sospensione condizionale “attesi i precedenti ostativi”.
Ebbene, il tema della “abnormità” è stato oggetto di plurime riflessioni e progressive puntualizzazioni da parte della giurisprudenza di questa Corte: da ultimo, anche Sez. U, n. 37502 del 28/04/2022, COGNOME, Rv. 283552 – 01 hanno ribadito che “… si considera abnorme il provvedimento che, per la sua singolarità, non sia inquadrabile nell’ambito dell’ordinamento processuale, ma anche quello che, pur essendo in astratto manifestazione di legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentiti e RAGIONE_SOCIALE ipotesi previste, al di là di ogni ragionevole limit e “… può riguardare tanto il profilo strutturale, allorché, per la sua singolarità, ponga fuori dal sistema organico della legge processuale, quanto il profilo funzionale, quando, pur non estraneo al sistema normativo, determini la stasi del processo e la impossibilità di proseguirlo”.
Detto questo, è certo che il provvedimento in esame non possa qualificarsi come “abnorme” perché, secondo la difesa, il GIP non avrebbe potuto disattendere la richiesta di sospensione condizionale della pena ma, ove avesse ravvisato ragioni ostative al beneficio, avrebbe dovuto limitarsi a restituire gli att al PM, non certo emettere un decreto dal contenuto solo “parzialmente” conforme alla richiesta.
Come anche recentemente ribadito da questa Corte (cfr., in tal senso, Sez. 6, n. 35841 del 20.6.2023, Affronti, non massimata, resa su un caso simile in tema proprio di sospensione condizionale della pena richiesta dal PM e non adottata dal GIP), si tratta di una prospettazione affatto condivisibile se non altro perché “… il principio di correlazione tra accusa e sentenza, presidiato dagli articoli 521 e 522 cod. proc. pen., tende ad evitare che, attraverso il mutamento del fatto, radicalmente trasformato nei suoi elementi essenziali, si configuri un’incertezza sull’oggetto dell’imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa …” e non è in alcun modo ravvisabile, o comunque non è oggetto di rilievo, nel caso che ci occupa, riconducibile nel novero dei procedimenti “speciali” ove la possibilità di un mutamento dell’accusa nel corso del processo non è concretamente praticabile.
Tantomeno una siffatta patologia è configurabile nei diniego del beneficio della sospensione condizionale della pena nonostante il beneficio fosse stato contenuto nella richiesta avanzata dal PM: l’art. 460, comma 2, cod. proc. pen. stabilisce che il giudice applica la pena nella misura richiesta dal PM e, come si è più volte chiarito, in tal modo vincola il giudicante, in caso di condivisione della richiesta avanzata dall’organo dell’accusa, a determinare nel “quantum” la sanzione così come indicata da quest’ultimo, non potendo egli “ritoccarla” in alcun modo (“con il decreto di condanna il giudice applica la pena nella misura richiesta dal pubblico ministero…”); nel caso in cui, per qualsiasi ragione, il giudice ritenga
di non poter accogliere la richiesta di emissione del decreto penale per mot attinenti alla pena indicata, egli ha infatti esclusivamente la possibilità di r gli atti al P.M. per l’ulteriore corso (cfr., Sez. 3, n. 42067 del 5/10/201 16/11/2011, COGNOME, Rv. 251396; Sez. 5, n. 1187 del 15/3/1999, COGNOME, Rv. 213198).
In altri termini, come ribadito dalla sentenza “Affronti”, l’unico vincolo po dalla citata disposizione per il giudice rispetto alla richiesta del PM è quel concerne la misura della pena e non può riguardare, invece, la concessione de beneficio della sospensione condizionale, conclusione che, peraltro, è direttamen evincibile dallo stesso tenore letterale del (rimasto inalterato anche dopo l’en in vigore del D. Lg.vo 150 del 2022) secondo comma dell’art. 460 cod. proc. pen. laddove stabilisce che il giudice “… concede la sospensione condizionale de pena”, collocando tale proposizione dopo un “punto e virgola” rispetto a quel collocata nella parte iniziale del comma (“… il giudice applica la pena nella m richiesta dal pubblico ministero …”), così plasticamente evidenziandone autonomia.
Tali considerazioni consentono, in definitiva, di escludere che provvedimento impugnato possa qualificarsi in termini di atto “abnorme” vuoi, per le ragioni sin qui esposte, sotto il profilo strutturale; vuoi, anche, sotto i funzionale, non risultando precluso il rimedio attivabile dall’interessato, a dell’omesso riconoscimento del beneficio della sospensione condizionale della pena, omissione, il ricorso alla tempestiva opposizione a norma dell’art. 461 c proc. pen..
L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente a pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., somma – che si stima equa – di euro 3.000 in favore della RAGIONE_SOCIALE, non ravvisandosi ragione alcuna d’esonero.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente ai pagamento dell spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE.
Così deciso in Roma, 1’11.4.2024