LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Decreto dispone giudizio: inammissibile il ricorso

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso contro un decreto dispone giudizio con cui il GIP aveva riqualificato un’imputazione. Secondo la Corte, tale decreto non è impugnabile, in quanto atto di mero impulso processuale. Le eventuali doglianze devono essere presentate al giudice del dibattimento.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 26 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Decreto Dispone Giudizio: La Cassazione Conferma la sua Inoppugnabilità

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio cardine della procedura penale: l’assoluta inoppugnabilità del decreto che dispone il giudizio. Questa decisione chiarisce che tale atto, anche quando comporta una modifica dell’imputazione, non può essere oggetto di ricorso, in quanto le relative questioni devono essere sollevate in una fase successiva del procedimento. Analizziamo insieme i dettagli di questa pronuncia e le sue implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine da un decreto emesso dal Giudice per l’udienza preliminare (GIP) del Tribunale di Salerno. Il GIP, al termine dell’udienza, disponeva il rinvio a giudizio di un imputato, modificando l’originaria accusa di riciclaggio nel delitto di autoriciclaggio, previsto dall’art. 648-ter.1 del codice penale.

La difesa dell’imputato decideva di impugnare tale provvedimento direttamente con ricorso per Cassazione, sostenendo che la riqualificazione del fatto fosse avvenuta in violazione delle norme procedurali e che, di conseguenza, il decreto fosse affetto da ‘abnormità’.

L’Inammissibilità del Ricorso contro il Decreto che Dispone il Giudizio

La Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, fondando la propria decisione su un orientamento giurisprudenziale consolidato. I giudici hanno riaffermato con fermezza il principio della tassatività delle impugnazioni, secondo cui un provvedimento può essere contestato solo con i mezzi espressamente previsti dalla legge.

Il decreto che dispone il giudizio, disciplinato dall’art. 429 del codice di procedura penale, non rientra tra gli atti impugnabili. La sua funzione è quella di un mero impulso processuale: chiude la fase dell’udienza preliminare e investe il giudice del dibattimento della competenza a decidere nel merito della causa. Non ha natura decisoria, ma solo di smistamento procedurale.

La Sede Competente per Sollevare le Eccezioni

La Corte ha chiarito che tutte le questioni e le eccezioni sollevate dalla difesa durante l’udienza preliminare, incluse quelle relative alla corretta qualificazione giuridica del fatto, non si ‘perdono’ con l’emissione del decreto. Al contrario, esse devono essere riproposte dinanzi al giudice del dibattimento, che è l’organo competente a esaminarle e a decidere su di esse.

Pertanto, tentare di ‘scavalcare’ il giudizio di primo grado per portare la questione direttamente in Cassazione costituisce un errore procedurale che conduce inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità.

Le Conseguenze dell’Inammissibilità

In applicazione dell’art. 616 del codice di procedura penale, la Corte non si è limitata a dichiarare l’inammissibilità del ricorso. Ravvisando profili di colpa nella sua proposizione, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si basano sul principio di tassatività delle impugnazioni, che governa il sistema processuale penale. Il decreto che dispone il giudizio è un atto di natura puramente processuale, volto a trasferire la cognizione del caso dal GIP al giudice del dibattimento. Esso non decide nulla sul merito dell’accusa, ma si limita a constatare la presenza di elementi sufficienti per sostenere l’accusa in giudizio. Di conseguenza, la legge non prevede alcun mezzo di impugnazione contro di esso, e qualsiasi doglianza, anche relativa alla riqualificazione del reato, deve essere devoluta alla conoscenza del giudice del processo, che avrà piena facoltà di valutarla.

Le conclusioni

La pronuncia in esame offre un importante monito per gli operatori del diritto. La scelta dello strumento processuale corretto è fondamentale per la tutela dei diritti della difesa. Impugnare un atto non appellabile, come il decreto che dispone il giudizio, non solo non produce l’effetto sperato ma comporta anche conseguenze economiche negative per l’assistito. La strategia difensiva deve concentrarsi nel riproporre le eccezioni e le questioni procedurali nella sede naturale prevista dal codice, ovvero il dibattimento, dove il giudice potrà pienamente esaminare ogni aspetto della causa.

È possibile ricorrere in Cassazione contro il decreto che dispone il giudizio?
No, secondo la Corte di Cassazione e in base al principio di tassatività delle impugnazioni, il decreto che dispone il giudizio è un atto inoppugnabile, poiché ha una funzione di mero impulso processuale e non decisoria.

Cosa deve fare la difesa se il GIP riqualifica il reato nel decreto che dispone il giudizio?
La difesa non può impugnare il decreto. Deve invece riproporre tutte le doglianze e le eccezioni, comprese quelle relative alla riqualificazione del fatto, dinanzi al giudice del dibattimento, che è la sede competente per la loro valutazione.

Quali sono le conseguenze se si propone un ricorso inammissibile?
La proposizione di un ricorso inammissibile comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e, qualora si ravvisi una colpa nella sua presentazione, anche al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati