Decreto Dispone Giudizio: La Cassazione Conferma la sua Inoppugnabilità
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio cardine della procedura penale: l’assoluta inoppugnabilità del decreto che dispone il giudizio. Questa decisione chiarisce che tale atto, anche quando comporta una modifica dell’imputazione, non può essere oggetto di ricorso, in quanto le relative questioni devono essere sollevate in una fase successiva del procedimento. Analizziamo insieme i dettagli di questa pronuncia e le sue implicazioni pratiche.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine da un decreto emesso dal Giudice per l’udienza preliminare (GIP) del Tribunale di Salerno. Il GIP, al termine dell’udienza, disponeva il rinvio a giudizio di un imputato, modificando l’originaria accusa di riciclaggio nel delitto di autoriciclaggio, previsto dall’art. 648-ter.1 del codice penale.
La difesa dell’imputato decideva di impugnare tale provvedimento direttamente con ricorso per Cassazione, sostenendo che la riqualificazione del fatto fosse avvenuta in violazione delle norme procedurali e che, di conseguenza, il decreto fosse affetto da ‘abnormità’.
L’Inammissibilità del Ricorso contro il Decreto che Dispone il Giudizio
La Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, fondando la propria decisione su un orientamento giurisprudenziale consolidato. I giudici hanno riaffermato con fermezza il principio della tassatività delle impugnazioni, secondo cui un provvedimento può essere contestato solo con i mezzi espressamente previsti dalla legge.
Il decreto che dispone il giudizio, disciplinato dall’art. 429 del codice di procedura penale, non rientra tra gli atti impugnabili. La sua funzione è quella di un mero impulso processuale: chiude la fase dell’udienza preliminare e investe il giudice del dibattimento della competenza a decidere nel merito della causa. Non ha natura decisoria, ma solo di smistamento procedurale.
La Sede Competente per Sollevare le Eccezioni
La Corte ha chiarito che tutte le questioni e le eccezioni sollevate dalla difesa durante l’udienza preliminare, incluse quelle relative alla corretta qualificazione giuridica del fatto, non si ‘perdono’ con l’emissione del decreto. Al contrario, esse devono essere riproposte dinanzi al giudice del dibattimento, che è l’organo competente a esaminarle e a decidere su di esse.
Pertanto, tentare di ‘scavalcare’ il giudizio di primo grado per portare la questione direttamente in Cassazione costituisce un errore procedurale che conduce inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità.
Le Conseguenze dell’Inammissibilità
In applicazione dell’art. 616 del codice di procedura penale, la Corte non si è limitata a dichiarare l’inammissibilità del ricorso. Ravvisando profili di colpa nella sua proposizione, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende.
Le motivazioni
Le motivazioni della Corte si basano sul principio di tassatività delle impugnazioni, che governa il sistema processuale penale. Il decreto che dispone il giudizio è un atto di natura puramente processuale, volto a trasferire la cognizione del caso dal GIP al giudice del dibattimento. Esso non decide nulla sul merito dell’accusa, ma si limita a constatare la presenza di elementi sufficienti per sostenere l’accusa in giudizio. Di conseguenza, la legge non prevede alcun mezzo di impugnazione contro di esso, e qualsiasi doglianza, anche relativa alla riqualificazione del reato, deve essere devoluta alla conoscenza del giudice del processo, che avrà piena facoltà di valutarla.
Le conclusioni
La pronuncia in esame offre un importante monito per gli operatori del diritto. La scelta dello strumento processuale corretto è fondamentale per la tutela dei diritti della difesa. Impugnare un atto non appellabile, come il decreto che dispone il giudizio, non solo non produce l’effetto sperato ma comporta anche conseguenze economiche negative per l’assistito. La strategia difensiva deve concentrarsi nel riproporre le eccezioni e le questioni procedurali nella sede naturale prevista dal codice, ovvero il dibattimento, dove il giudice potrà pienamente esaminare ogni aspetto della causa.
È possibile ricorrere in Cassazione contro il decreto che dispone il giudizio?
No, secondo la Corte di Cassazione e in base al principio di tassatività delle impugnazioni, il decreto che dispone il giudizio è un atto inoppugnabile, poiché ha una funzione di mero impulso processuale e non decisoria.
Cosa deve fare la difesa se il GIP riqualifica il reato nel decreto che dispone il giudizio?
La difesa non può impugnare il decreto. Deve invece riproporre tutte le doglianze e le eccezioni, comprese quelle relative alla riqualificazione del fatto, dinanzi al giudice del dibattimento, che è la sede competente per la loro valutazione.
Quali sono le conseguenze se si propone un ricorso inammissibile?
La proposizione di un ricorso inammissibile comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e, qualora si ravvisi una colpa nella sua presentazione, anche al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 22677 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 2 Num. 22677 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a EBOLI il DATA_NASCITA
avverso il decreto del 26/03/2024 del GIP TRIBUNALE di SALERNO udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Il Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Salerno emetteva decreto che dispone il giudizio nei confronti di COGNOME NOME, imputato originariamente di riciclaggio, previa riqualificazione del fatto nel delit di cui all’art. 648-ter.1 cod. pen.
1.1 Avverso il decreto propongono ricorso per cassazione i difensori di COGNOME, eccependo che il giudice aveva emesso il decreto che dispone il giudizio previa riqualificazione del fatto nel delitto di cui all’art.648-ter cod. pen. in violaz dell’art. 423 commal-bis cod. proc. pen., per cui rilevavano l’abnormità dello stesso,
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile.
1.1 Occorre in tal senso ribadire il condiviso principio elaborato da questa Corte (cfr. Sez. 2, n. 40408 del 08/10/2008, Rv. 241869 e Sez. 6, n. 10097 del 28/01/2005, Rv. 231152), secondo cui il decreto che dispone il giudizio emesso dal giudice all’esito dell’udienza preliminare, per il principio di tassatività d impugnazioni, è inoppugnabile, trattandosi di un atto di mero impulso processuale, diretto a fondare la competenza del giudice del dibattimento a conoscere del merito e di tutte le questioni connesse, tra cui quelle relative alle eventual eccezioni sollevate nel corso dell’udienza preliminare.
Ne consegue che le doglianze sollevate in questa sede dalla difesa possono e devono essere riproposte dinanzi al giudice del dibattimento.
Stante la non impugnabilità del decreto ex art. 429 cod. proc. pen., l’odierno ricorso proposto avverso tale atto processuale deve essere dichiarato pertanto inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di € 3.000,00 così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 29/05/2024