Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 22365 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
PRIMA SEZIONE PENALE
Penale Sent. Sez. 1 Num. 22365 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 10/04/2025
– Presidente –
NOME COGNOME
R.G.N. 5699/2025
NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a LUGOJ (ROMANIA) il 30/05/1977 avverso l’ordinanza del 17/01/2025 del TRIBUNALE di Treviso udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del sostituto procuratore NOME COGNOME che chiedeva dichiararsi l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Treviso, con ordinanza in data 17 gennaio 2025, rigettava l’incidente di esecuzione promosso ex art. 670 cod. proc. pen. nell’interesse di NOME, alias NOME.
La ricorrente deduceva l’illegittimità del decreto di latitanza emesso dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Treviso a seguito delle vane ricerche effettuate dai carabinieri di Conegliano, finalizzate ad eseguire a carico della istante un’ordinanza di custodia cautelare.
Secondo il ricorrente, infatti, non solo detto verbale riportava un anno di nascita non corretto, ma documentava lo svolgimento di ricerche del tutto superficiali, poichØ nessun tentativo di rintraccio era stato fatto nØ presso il difensore, presso il cui studio aveva eletto domicilio, nØ tramite l’utenza telefonica in uso alla stessa.
La COGNOME non si sarebbe mai sottratta alla esecuzione del provvedimento di cui, di fatto, non aveva mai avuto contezza.
Il figlio della ricorrente, venuto a conoscenza della sentenza di condanna, le aveva nominato un difensore di fiducia che aveva interposto appello per poi rinunciare al mandato.
Da ultimo, il difensore lamentava la nullità della notifica dell’estratto contumaciale della sentenza effettuata presso il difensore di ufficio, nominato dopo la rinuncia da parte del difensore di fiducia, poichŁ avrebbe mantenuto efficacia la elezione di domicilio effettuata presso quest’ultimo, nonostante la rinuncia al mandato difensivo.
Le istanze avanzate al giudice dell’esecuzione erano la non declaratoria di esecutività della sentenza di condanna, ovvero, ex art. 175 comma 2 n. 1 cod. proc. pen., la restituzione nel termine per formulare richiesta di riti alternativi, con regressione del procedimento alla fase dell’udienza preliminare, ovvero, in via gradata, la restituzione nel termine per proporre appello, ovvero ricorso per Cassazione.
Il Tribunale di Treviso rilevava la completezza delle ricerche prodromiche alla declaratoria di latitanza; lo stato di latitante della imputata rendeva operativo l’art. 165 cod. proc. pen., secondo cui tutte le notifiche al latitante vengono eseguite presso il difensore.
Infine, non sussisterebbero neppure i presupposti per ladeclaratoria di non esecutività della
sentenza, poichŁ da una pluralità di circostanze emerge che la COGNOME era a conoscenza della pendenza del procedimento.
Da ultimo emerge che, almeno a far tempo dal 22 maggio 2018, cioŁ dalla comunicazione della rinuncia al mandato da parte del difensore di fiducia, la donna era a conoscenza della pendenza del procedimento; posto che l’istanza di restituzione in termini Ł stata depositata oltre il termine di trenta giorni a partire da quella data, ne Ł evidente la tardività.
Avverso detto provvedimento proponeva ricorso la condannata, lamentando la violazione degli artt. 295 e 296 cod. proc. pen. in relazione alla declaratoria di latitanza.
Ribadiva la insufficienza delle ricerche poste a base del decreto di latitanza, la genericità dei luoghi indicati ove sarebbero state svolte; in conclusione, affermava che la COGNOME non si era sottratta all’esecuzione dell’ordinanza, ma semplicemente ne ignorava l’esistenza.
Il sostituto procuratore generale NOME COGNOME depositava conclusioni scritte chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł infondato e deve essere rigettato.
Il punto di partenza per valutare la fondatezza delle doglianze difensive Ł la disamina della legittimità del decreto di latitanza.
La verifica che questa Corte deve operare quale giudice del merito, trattandosi di una doglianza di natura processuale, Ł se la declaratoria di latitanza fu emessa correttamente in ragione delle ricerche espletate che debbono essere apprezzate nella loro sufficienza, in ragione di quanto affermato nel decreto stesso ed eccepito successivamente dalla ricorrente.
Preliminarmente, si deve ribadire il seguente insegnamento di questa Corte, secondo il quale in sede di incidente di esecuzione può essere dedotta la questione della validità del decreto di latitanza, all’esclusivo fine di contestare la validità della notifica dell’estratto contumaciale e, conseguentemente, l’avvenuta formazione del titolo esecutivo. (Sez. 1, n. 25943 del 05/03/2024, Stefanov, Rv. 286600 – 01), cosi superandosi un contrasto circa la possibilità o meno di fare valere tale validità quando non eccepita nel giudizio, trattandosi di una nullità a regime intermedio.
Quanto, poi, alla disamina del decreto stesso, si Ł affermato che, ai fini della dichiarazione di latitanza, la completezza delle ricerche deve essere valutata non con riferimento a parametri prefissati, ma avendo riguardo alle concrete evenienze di fatto, e, in particolare, alla connotazione dell’attività criminosa ed alla condizione personale del soggetto, con la conseguenza che non Ł in ogni caso necessario estendere gli accertamenti all’estero nei luoghi indicati dall’art. 169, comma quarto, cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 47528 del 13/11/2013, COGNOME, Rv. 257279 – 01)
Il provvedimento che dichiara la latitanza presuppone il verbale di vane ricerche, che la polizia redige a seguito della mancata esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare, indicando in modo specifico le indagini svolte nei luoghi in cui si presume l’imputato possa trovarsi, senza essere vincolata quanto ai luoghi di ricerca, dai criteri indicati in tema di irreperibilità. (Sez. 5, n. 4114 del 09/12/2009, dep. 2010, COGNOME, Rv. 246098 – 01)
Proprio in ragione del principio sopra espresso, cioŁ della necessità di rapportare l’entità e l’estensione delle ricerche al caso concreto, cioŁ alla condizione personale del soggetto da ricercare, nonchØ al tipo di attività criminosa posta in essere, emerge con lampante evidenza la esaustività delle ricerche svolte dal Carabinieri, poichØ la ricorrente, identificata anche con un alias, era definita ‘di fatto senza dimora’.
Pertanto, non essendovi nØ un indirizzo effettivo di residenza, dimora o domicilio, nØ un luogo di svolgimento dell’attività lavorativa, le uniche ricerche possibili erano quelle espletate presso il DAP e presso i luoghi frequentati abitualmente dai connazionali della donna, anche sfruttando fonti
confidenziali; nØ emerge o Ł stato indicato dal ricorrente altro luogo ove avrebbe potuto essere rintracciata o ove avrebbero potuto essere svolte le ricerche.
Il richiamo all’utenza cellulare, come ritenuto nell’impugnato provvedimento, Ł del tutto generico ed estemporaneo ed analogamente il richiamo al difensore di ufficio, con il quale non emerge che la ricorrente abbia mai avuto contatti diretti.
La validità ed esaustività delle ricerche, se rapportate, appunto, alla situazione di fatto, così come ritenute nel provvedimento impugnato, rende del tutto valido il decreto di latitanza emesso e, conseguentemente, la notifica dell’estratto contumaciale della sentenza effettuata ai sensi e per gli effetti dell’art. 165 cod. proc. pen. al difensore di ufficio nominato, come indicato nel provvedimento impugnato, dalla Corte d’ Appello a seguito della rinuncia al mandato da parte del precedente difensore.
La legittima declaratoria di contumacia, infatti, rende operative le norme espressamente previste per il contumace, prima fra tutte quella circa le modalità di notifica degli atti, che divengono operative con prevalenza rispetto alle norme ordinarie sulle notificazioni.
Come, poi, ricordato nel provvedimento impugnato certamente la ricorrente era a conoscenza della pendenza del procedimento e della emissione dell’ordinanza, posto che il difensore di fiducia ha dichiarato espressamente di avere informato l’assistita della propria intenzione di dismettere il mandato.
2. Il ricorso Ł infondato e deve essere rigettato e la ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 10/04/2025 Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME