Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 38213 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 38213 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 08/03/2024 della CORTE APPELLO di LECCE
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG, in persona di NOME COGNOME, che ha chiesto una dichiarazione d’inammissibilità;
RITENUTO IN FATTO
Con la pronuncia sopra indicata, la Corte d’appello di Lecce, quale giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza, presentata nell’interesse di NOME COGNOME, di nullità del decreto di latitanza per consentirgli, previa restituzione nel termin di impugnare la sentenza resa nel giudizio di primo grado. In particolare, la Corte ha rilevato che dopo la sentenza di primo grado nel quale il ricorrente – già dichiarato latitante – era stato difeso da un avvocato nominato d’ufficio, per l’appello era stato da lui nominato un difensore di fiducia al quale, all’esito de giudizio, era stato notificato l’estratto contumaciale della sentenza di secondo grado senza che poi fosse stato presentato ricorso per cassazione con conseguente passaggio in giudicato della decisione. Sulla base di questo sviluppo procedimentale, quindi, la Corte territoriale ha ritenuto infondata la richiesta afferente la nullità del decreto di latitanza emesso in primo grado la cui invalidità si sarebbe riverberata sulla notifica dell’estratto contumaciale della sentenza di primo grado, sulla base della regolarità di questa ultima notifica a cui era seguita la nomina del difensore di fiducia il quale nulla aveva eccepito con i mezzi d’impugnazione, come avrebbe potuto durante la fase di cognizione.
NOME COGNOME ricorre per cassazione, tramite rituale ministero difensivo, affidandosi a un unico motivo.
Con tale motivo, il difensore dell’interessato denuncia la violazione di legge e il difetto di motivazione in relazione agli artt. 178, lett. c), 179, comma 1, 29 comma 2, 666 e 670 cod. proc. pen. e l’omessa e manifesta illogicità della motivazione con riferimento alla denegata richiesta di nullità del decreto di latitanza e delle notifiche degli estratti contumaciali di primo e secondo grado.
Il Procuratore generale, intervenuto con requisitoria scritta, ha chiesto una dichiarazione d’inammissibilità del ricorso per manifesta infondatezza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato, quindi, meritevole di una dichiarazione d’inammissibilità.
Per consolidata giurisprudenza, in sede di incidente di esecuzione può essere dedotta la questione della validità del decreto di latitanza, all’esclusivo fin di contestare GLYPH la validità della GLYPH notifica dell’estratto contumaciale e, conseguentemente, GLYPH l’avvenuta GLYPH formazione GLYPH del GLYPH titolo GLYPH esecutivo (Sez. 1, n. 25943 del 05/03/2024, Rv. 286600).
Il ricorrente, in effetti, non ha eccepito presso la Corte territoriale regolarità notifica dell’estratto contumaciale della sentenza d’appello, non impugnata con ricorso per cassazione (con conseguente formazione del titolo esecutivo), ma quella della notifica dell’estratto contumaciale della sentenza di primo grado (per nullità del decreto di latitanza). Tale invalidità – evidentemente diversa dalla validità della notifica dell’estratto contumaciale della sentenza d’appello – avrebbe dovuto essere sollevata in sede di cognizione ove si fosse dimostrata l’asserita pregiudiziale nullità del decreto di latitanza, non già innanzi al giudice dell’esecuzione, come invece avvenuto. La Corte territoriale, peraltro, ha rilevato la circostanza, per nulla considerata in ricorso, che il COGNOME era sicuramente a conoscenza del processo di primo grado e del suo status di latitante, poiché la sentenza di primo grado era stata appellata da un difensore – il quale nell’atto d’appello aveva precisato di difendere un imputato latitante – nominato di fiducia appositamente per l’impugnazione, all’esito della quale aveva ricevuto la notifica dell’estratto contumaciale per conto dell’imputato ai sensi dell’art. 165 cod. proc. pen. senza procedere ulteriormente con un ricorso per cassazione.
Per le esposte considerazioni, il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile e il ricorrente deve essere condannato, in forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali e della somma, ritenuta congrua, di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non esulando profili di colpa nel ricorso (Corte cost. n. 186 del 2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 28/6/2024