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Decreto di latitanza: quando le ricerche sono insufficienti

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un Pubblico Ministero contro l’annullamento di un decreto di latitanza. La Corte ha stabilito che la valutazione sull’adeguatezza delle ricerche dell’imputato spetta al giudice di merito. Annullare il decreto per ricerche insufficienti non costituisce un atto abnorme, ma un corretto esercizio del potere giurisdizionale volto a garantire che la dichiarazione di latitanza si basi su presupposti validi e concreti, senza creare una stasi processuale.

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Pubblicato il 16 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Decreto di Latitanza: la Cassazione Sottolinea il Potere del Giudice sulla Valutazione delle Ricerche

Un decreto di latitanza è uno strumento cruciale nel processo penale, ma la sua emissione non è un atto automatico. Con la sentenza n. 33852/2024, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: il giudice ha il potere e il dovere di verificare l’adeguatezza delle ricerche svolte prima di dichiarare un imputato latitante. Se le ricerche sono superficiali o insufficienti, il decreto è nullo.

I Fatti del Caso: Ricerche Insufficienti e Annullamento

Il caso nasce da una decisione del Tribunale di Roma, che aveva annullato un decreto di latitanza emesso nei confronti di un imputato. La motivazione era chiara: le ricerche si erano basate su un indirizzo non più attuale, dal momento che l’imputato risultava cancellato dall’anagrafe da quasi dieci anni e non vi erano prove di un suo domicilio di fatto in quel luogo. Secondo il Tribunale, gli elementi raccolti non erano sufficienti per dimostrare una reale volontà dell’imputato di sottrarsi al procedimento, presupposto essenziale per la dichiarazione di latitanza.

Il Ricorso del Pubblico Ministero e il rischio di stasi processuale

Il Pubblico Ministero ha impugnato la decisione del Tribunale davanti alla Corte di Cassazione, sostenendo che il provvedimento fosse ‘abnorme’. Secondo l’accusa, l’imputato era volontariamente irreperibile e l’annullamento del decreto avrebbe causato una regressione ingiustificata del procedimento, una vera e propria stasi. In pratica, ripetere le stesse ricerche avrebbe portato allo stesso risultato, bloccando di fatto il processo. Il PM lamentava che il giudice non avesse considerato la probabile consapevolezza dell’imputato di essere destinatario di un provvedimento restrittivo per un reato grave (tentato omicidio).

Le Motivazioni della Cassazione: il Potere del Giudice di Valutare le Ricerche

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile per manifesta infondatezza. Gli Ermellini hanno chiarito che la valutazione dei presupposti per un decreto di latitanza rientra pienamente nei poteri del giudice di merito. Non si tratta di un potere estraneo o esercitato in modo anomalo.

La Corte ha specificato due punti cruciali:

1. Libertà nelle ricerche, ma con controllo del giudice: Sebbene la polizia giudiziaria non sia vincolata ai rigidi criteri dell’art. 165 c.p.p. per la ricerca del latitante, spetta comunque al giudice valutare se le attività svolte siano state idonee e sufficienti. La libertà nella scelta dei luoghi da perquisire non esime da un controllo di adeguatezza.
2. Nessuna abnormità nell’ordinanza: La decisione del Tribunale di annullare il decreto non è ‘eccentrica’ o ‘abnorme’. Chiedere un’implementazione delle ricerche, ovvero investigazioni più approfondite e diversificate, non determina una stasi processuale. Al contrario, può portare a un esito diverso e a una valutazione più solida, garantendo che i diritti dell’imputato e la correttezza del procedimento siano rispettati.

Conclusioni: L’Importanza di Ricerche Effettive

Questa sentenza riafferma che il decreto di latitanza non può basarsi su presunzioni o su ricerche meramente formali. È necessario un accertamento concreto e scrupoloso. Il ruolo del giudice è quello di garante, assicurando che una misura così impattante sia fondata su presupposti solidi. L’annullamento di un decreto per ricerche insufficienti non è un ostacolo alla giustizia, ma un’applicazione corretta della legge, che spinge gli organi inquirenti a svolgere il proprio lavoro con la dovuta diligenza prima di privare una persona delle garanzie processuali.

Un giudice può annullare un decreto di latitanza se ritiene le ricerche della polizia insufficienti?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che rientra pienamente nei poteri del giudice valutare l’idoneità e l’adeguatezza delle ricerche svolte. Se queste sono ritenute insufficienti, il giudice può e deve annullare il decreto.

Qual è la differenza tra le ricerche per la latitanza e quelle per la semplice irreperibilità?
La sentenza chiarisce che, per l’emissione di un decreto di latitanza (art. 295 c.p.p.), la polizia giudiziaria non è strettamente vincolata ai criteri previsti per la dichiarazione di irreperibilità (art. 165 c.p.p.). Tuttavia, il giudice deve comunque compiere una valutazione complessiva sulla congruità ed efficacia delle ricerche effettuate.

L’annullamento di un decreto di latitanza causa una paralisi del processo?
No. Secondo la Corte, la decisione di annullare il decreto e richiedere ulteriori ricerche non è un atto ‘abnorme’ che crea una stasi processuale. Al contrario, stimola lo svolgimento di indagini più approfondite che possono portare a una valutazione differente e più fondata, garantendo la correttezza del procedimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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