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Decreto di irreperibilità: quando è valido?

La Cassazione ha confermato la validità di un decreto di irreperibilità, stabilendo che le ricerche del condannato non devono necessariamente estendersi all’estero se non vi sono elementi concreti che indichino una specifica località straniera. La notifica dell’ordine di esecuzione al difensore è stata ritenuta valida, rigettando il ricorso del condannato che lamentava ricerche incomplete.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Decreto di irreperibilità: quando è valido?

La notifica degli atti giudiziari è un pilastro del nostro sistema processuale, garantendo il diritto di difesa. Ma cosa accade quando un condannato non viene trovato? La recente sentenza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti e la validità del decreto di irreperibilità, un atto cruciale che può avere conseguenze significative sull’esecuzione della pena. Il caso analizzato riguarda un condannato che, ritenendo le ricerche a suo carico incomplete, ha contestato la legittimità della sua dichiarazione di irreperibilità.

I Fatti del Caso: Il Ricorso del Condannato

La vicenda ha origine da un ordine di esecuzione per la carcerazione emesso nel 2008, con contestuale sospensione. Anni dopo, nel 2021, il pubblico ministero, non riuscendo a notificare l’atto, emetteva un decreto di irreperibilità. Il condannato, tramite il suo difensore, ha proposto un incidente di esecuzione per chiedere la nullità di tale decreto e dell’ordine di carcerazione. La sua tesi si basava sulla presunta incompletezza delle ricerche: sosteneva che le autorità non avessero effettuato accertamenti presso la sua ultima residenza anagrafica e che, dato il lungo tempo trascorso, avrebbero dovuto estendere le ricerche anche all’estero, dove egli si trovava. Il giudice dell’esecuzione, tuttavia, ha respinto l’istanza, ritenendo le ricerche correttamente eseguite presso il domicilio noto, dando così il via al ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione e il decreto di irreperibilità

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando la decisione del giudice dell’esecuzione. I giudici hanno stabilito che il decreto di irreperibilità era stato emesso legittimamente. La sentenza si fonda su principi consolidati in materia di notificazioni e ricerche, ribadendo che la valutazione sulla completezza degli accertamenti deve basarsi sugli elementi noti all’autorità giudiziaria al momento in cui vengono disposti, non con il senno di poi.

Le motivazioni: Analisi del decreto di irreperibilità

La Corte ha articolato la sua decisione su alcuni punti chiave:

1. Limiti delle Ricerche all’Estero: Il punto centrale della motivazione riguarda l’obbligo di effettuare ricerche fuori dal territorio nazionale. La Cassazione ha chiarito che tale obbligo sorge soltanto se le ricerche condotte in Italia forniscono elementi concreti e specifici che indichino la località estera dove il soggetto potrebbe dimorare o lavorare. In assenza di tali indizi, l’autorità non è tenuta a compiere indagini generiche all’estero.

2. Valutazione ‘Ex Ante’: La legittimità della procedura di irreperibilità deve essere valutata sulla base delle informazioni conosciute o conoscibili al momento delle ricerche. Il fatto che, successivamente, sia emerso che il condannato si trovasse all’estero o fosse diventato reperibile non può invalidare ‘ex post’ un decreto emesso correttamente sulla base degli atti di quel momento.

3. Notifica al Difensore: Un altro aspetto cruciale riguarda la notifica dell’ordine di esecuzione per i soggetti irreperibili. La Corte ha richiamato l’art. 656, comma 8-bis, del codice di procedura penale, affermando che, nei casi di condannato irreperibile, latitante o evaso, la notifica dell’ordine di esecuzione (anche se sospeso) è validamente effettuata presso il difensore nominato nel giudizio di merito. Questa procedura speciale prevale sulla regola generale che prevede la rinnovazione della notifica se appare probabile che l’interessato non ne abbia avuto effettiva conoscenza.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso in materia di decreto di irreperibilità. Le conclusioni pratiche sono significative: chi intende contestare la propria dichiarazione di irreperibilità deve dimostrare che, al momento delle ricerche, esistevano elementi concreti e noti alle autorità che avrebbero potuto condurre al suo rintraccio e che sono stati ingiustificatamente ignorati. La semplice affermazione di trovarsi all’estero non è sufficiente a rendere le ricerche incomplete. La decisione sottolinea inoltre la centralità del ruolo del difensore, che diventa il destinatario legale delle notifiche in fase esecutiva per l’assistito che si è reso irreperibile, con tutte le conseguenze che ne derivano per l’esecuzione della pena.

Quando è obbligatorio per l’autorità giudiziaria effettuare le ricerche di un condannato all’estero prima di emettere un decreto di irreperibilità?
L’obbligo di disporre ricerche all’estero sorge solo se le indagini svolte in Italia forniscono elementi concreti per individuare la specifica località estera in cui la persona dimora o lavora.

La scoperta successiva che il condannato era reperibile può invalidare un decreto di irreperibilità già emesso?
No, la valutazione sulla completezza delle ricerche va effettuata sulla base degli elementi conosciuti al momento in cui vengono eseguite. Notizie successive non hanno incidenza sulla legittimità della procedura già conclusa.

In caso di condannato dichiarato irreperibile, come viene notificato l’ordine di esecuzione della pena?
La notificazione dell’ordine di esecuzione sospeso è valida se eseguita presso l’ultimo difensore nel giudizio di merito. In questo caso non si applica la norma che prevede la rinnovazione della notifica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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