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Decreto di irreperibilità nullo senza ricerche adeguate

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza che confermava un decreto di irreperibilità emesso nei confronti di un imputato. La Corte ha stabilito che le ricerche effettuate per rintracciare la persona erano state insufficienti, in quanto le autorità non avevano consultato adeguatamente gli archivi dell’amministrazione penitenziaria, i quali contenevano l’indirizzo di residenza specifico dell’imputato. Questa omissione ha reso illegittimo il decreto di irreperibilità, determinando una nullità assoluta e insanabile per violazione del diritto di difesa.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Decreto di Irreperibilità: Quando è Nullo per Ricerche Incomplete?

Il decreto di irreperibilità è uno strumento procedurale delicato, che incide profondamente sul diritto di difesa dell’imputato. La sua emissione, infatti, consente di proseguire il processo notificando gli atti al difensore anziché direttamente all’interessato. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito con forza un principio fondamentale: tale decreto è valido solo se preceduto da ricerche scrupolose e complete. Analizziamo la decisione per comprendere meglio i contorni di questo obbligo.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da una sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Foggia. Per notificare l’estratto della sentenza all’imputato, il Tribunale delegava le ricerche alla Polizia Municipale di un comune dove l’uomo aveva risieduto in passato. Le forze dell’ordine, dopo aver consultato anche il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP), comunicavano che il soggetto non era reperibile e che risultava dimorare genericamente in Calabria. Sulla base di questa informazione, il Tribunale emetteva il decreto di irreperibilità.

L’imputato, tramite il suo legale, impugnava tale decreto, sostenendo che le ricerche erano state del tutto inadeguate. La difesa produceva documentazione attestante che, durante diversi periodi di detenzione tra il 2010 e il 2017, l’uomo aveva sempre dichiarato una residenza specifica in un comune calabrese, con tanto di via e numero civico. Tale informazione era, quindi, presente e facilmente reperibile proprio negli archivi del DAP, lo stesso ente che aveva fornito una risposta generica e insufficiente.

Il Decreto di Irreperibilità e l’Obbligo di Ricerche Cumulative

La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso, ha colto l’occasione per riaffermare i requisiti di validità del decreto di irreperibilità. L’articolo 159 del codice di procedura penale stabilisce che, se le notifiche ordinarie non vanno a buon fine, l’autorità giudiziaria deve disporre ‘nuove ricerche’.

La giurisprudenza consolidata interpreta questo obbligo in modo rigoroso. Le ricerche non devono essere superficiali, ma devono essere svolte cumulativamente in tutti i luoghi indicati dalla norma:

* Luogo di nascita;
* Ultima residenza anagrafica;
* Ultima dimora nota;
* Luogo di abituale esercizio dell’attività lavorativa;
* Archivi dell’amministrazione carceraria centrale.

Nel caso di specie, le autorità si erano fermate alla risposta generica del DAP, senza approfondire e verificare se i loro stessi archivi contenessero dati più precisi. La presenza di un indirizzo esatto, dichiarato in più occasioni all’ingresso in istituti penitenziari, rendeva le ricerche svolte palesemente incomplete e, di conseguenza, illegittima l’emissione del decreto.

Le Motivazioni della Decisione

Nelle motivazioni della sentenza, la Suprema Corte ha evidenziato che il Giudice dell’esecuzione aveva errato nel non confrontarsi con la documentazione prodotta dalla difesa. Tale documentazione dimostrava in modo inequivocabile che l’informazione per rintracciare l’imputato era disponibile e accessibile. La nota del DAP, che si limitava a indicare una generica dimora in Calabria, non poteva essere considerata una base sufficiente per dichiarare l’irreperibilità, specialmente perché in contrasto con dati anagrafici specifici presenti negli stessi archivi ministeriali.

La Corte ha qualificato questa omissione come una violazione diretta dell’articolo 159 del codice di procedura penale. L’inadeguatezza delle ricerche si traduce in una lesione del diritto di difesa dell’imputato, configurando una nullità assoluta e insanabile del decreto e di tutti gli atti processuali conseguenti, come previsto dagli articoli 178 e 179 del codice.

Le Conclusioni

La decisione in commento è un importante monito per le autorità giudiziarie sull’importanza della diligenza nel processo di notificazione. Il decreto di irreperibilità non può essere una scorciatoia procedurale basata su verifiche frettolose. Al contrario, rappresenta una extrema ratio che presuppone il fallimento di ogni tentativo di ricerca condotto con scrupolo e in tutti i luoghi previsti dalla legge. L’obbligo di consultare gli archivi penitenziari non si esaurisce in una richiesta formale, ma impone una verifica completa dei dati disponibili, poiché da essa dipende la garanzia di un diritto fondamentale: quello di essere informati e di potersi difendere in un processo.

Cosa rende nullo un decreto di irreperibilità?
Un decreto di irreperibilità è nullo quando non è preceduto da ricerche approfondite e cumulative in tutti i luoghi indicati dall’art. 159 c.p.p., ovvero luogo di nascita, ultima residenza, ultima dimora, luogo di lavoro e archivi dell’amministrazione penitenziaria.

Una ricerca generica è sufficiente per dichiarare una persona irreperibile?
No. La sentenza chiarisce che una risposta generica, come l’indicazione che una persona si trovi ‘in Calabria’, è insufficiente se negli archivi della stessa amministrazione consultata (in questo caso, quella penitenziaria) esiste un indirizzo specifico e dettagliato.

Quali sono le conseguenze di un decreto di irreperibilità emesso illegittimamente?
L’emissione illegittima di un decreto di irreperibilità comporta la sua nullità assoluta e insanabile, che si estende a tutti gli atti processuali successivi che su di esso si fondano, poiché viola in modo grave il diritto di difesa dell’imputato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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