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Decreto di irreperibilità: i doveri del PM

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza che riteneva nullo un decreto di irreperibilità. Il caso è stato rinviato al giudice dell’esecuzione per verificare se, al momento dell’emissione del decreto, il Pubblico Ministero fosse a conoscenza di uno specifico indirizzo estero del condannato. La Corte ha ribadito che la validità delle ricerche va valutata sulla base delle informazioni disponibili ‘ex ante’ e non con il senno di poi.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Decreto di Irreperibilità: Quando le Ricerche del PM Sono Sufficienti?

La notifica degli atti giudiziari è un pilastro del giusto processo. Ma cosa accade quando l’imputato o il condannato sembra svanito nel nulla? In questi casi, la legge prevede l’emissione di un decreto di irreperibilità, un atto che ha conseguenze significative sulla prosecuzione del procedimento. Con la sentenza n. 12205/2024, la Corte di Cassazione torna su questo tema delicato, chiarendo i doveri di ricerca del Pubblico Ministero, specialmente in presenza di indizi su una possibile residenza all’estero del soggetto.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine da un ricorso del Procuratore della Repubblica avverso un’ordinanza del Tribunale di Rovigo. Quest’ultimo, in qualità di giudice dell’esecuzione, aveva dichiarato la nullità di un decreto di irreperibilità emesso nei confronti di un condannato. Di conseguenza, erano stati annullati anche l’ordine di esecuzione per la carcerazione e i relativi atti notificati al difensore.

Secondo il Tribunale, il Pubblico Ministero avrebbe dovuto effettuare ricerche più approfondite, in quanto dagli atti emergevano chiari indizi che il condannato si fosse trasferito in Danimarca per lavoro fin dal 2015. Tali indizi provenivano sia da una nota della polizia giudiziaria del 2016, sia dalle dichiarazioni della persona offesa rese in dibattimento nel 2018. In sostanza, il giudice dell’esecuzione riteneva che, prima di dichiarare l’irreperibilità, si sarebbe dovuto tentare una ricerca nel paese scandinavo.

Validità del Decreto di Irreperibilità e Principio di Valutazione ‘Ex Ante’

La Procura ha impugnato la decisione, sostenendo che le informazioni sulla presenza del soggetto in Danimarca erano generiche e datate. Inoltre, un indirizzo specifico era emerso solo in un momento successivo, durante la fase esecutiva, da documenti relativi a un altro procedimento penale. Pertanto, al momento delle ricerche, la decisione di non estenderle all’estero era stata corretta.

La Corte di Cassazione accoglie il ricorso, ma per ragioni che impongono un nuovo esame del caso. Gli Ermellini ribadiscono un principio fondamentale: la validità del decreto di irreperibilità e la completezza delle ricerche devono essere valutate ex ante. Questo significa che bisogna considerare solo gli elementi noti o conoscibili al Pubblico Ministero nel momento in cui le ricerche vengono effettuate, senza poter fare affidamento su informazioni emerse ex post, ovvero con il senno di poi.

L’obbligo di effettuare nuove ricerche, previsto dal codice di procedura penale, è sempre condizionato alla loro ‘oggettiva praticabilità’. Non si può pretendere l’impossibile, ma si deve fare tutto ciò che è ragionevolmente esigibile.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza impugnata con rinvio, non per dare ragione in toto al Pubblico Ministero, ma perché la decisione del Tribunale era incompleta. Il punto cruciale, secondo la Suprema Corte, è accertare con precisione cosa contenesse il fascicolo del PM al momento dell’emissione del decreto.

Nel provvedimento si fa riferimento a possibili accertamenti effettuati da un Commissariato di Polizia che avrebbero fatto emergere un indirizzo di residenza preciso in Danimarca. Se tale indirizzo era effettivamente agli atti, allora il Pubblico Ministero aveva il dovere di tentare una notifica in quel luogo prima di dichiarare l’irreperibilità del condannato. L’omissione di questo tentativo renderebbe nullo il decreto.

Il giudice del rinvio dovrà quindi svolgere una verifica puntuale: il PM, all’epoca dei fatti, conosceva o poteva agevolmente conoscere il luogo preciso in cui il condannato viveva all’estero? Da questa risposta dipenderà la legittimità dell’intera procedura esecutiva.

Conclusioni

La sentenza in esame offre un importante chiarimento pratico. Il decreto di irreperibilità non è un atto meramente formale. La sua emissione è legittima solo a seguito di ricerche serie ed effettive, basate su tutti gli elementi a disposizione dell’autorità inquirente in quel preciso momento storico. Se dagli atti emerge un indirizzo estero specifico e concretamente utilizzabile, il PM ha l’obbligo di attivarsi per una notifica internazionale. Ignorare tale informazione costituisce una violazione delle garanzie processuali che può portare alla nullità degli atti successivi, con evidenti ripercussioni sulla capacità dello Stato di dare esecuzione alle sentenze di condanna.

Quando è valido un decreto di irreperibilità?
Un decreto di irreperibilità è valido quando l’autorità giudiziaria ha esaurito tutte le ricerche ragionevolmente possibili sulla base degli elementi conosciuti o conoscibili al momento in cui vengono eseguite, come stabilito dalla valutazione ‘ex ante’.

Se è noto un indirizzo estero, le ricerche sono obbligatorie?
Sì, se dagli atti del procedimento risulta un indirizzo di residenza estero preciso e specifico, il Pubblico Ministero ha l’obbligo di tentare la notifica presso tale indirizzo prima di poter legittimamente emettere un decreto di irreperibilità.

La validità delle ricerche può essere giudicata sulla base di informazioni scoperte in seguito?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che la legittimità delle ricerche va valutata con un giudizio ‘ex ante’, cioè basandosi esclusivamente sulle informazioni a disposizione dell’autorità al momento delle ricerche stesse, senza tener conto di elementi emersi ‘ex post’.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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