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Decreto di irreperibilità: annullato per ricerche errate

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza che riteneva legittimo un decreto di irreperibilità. La decisione si fonda sulla constatazione che le ricerche per rintracciare il condannato erano state lacunose e incomplete, non avendo considerato tutti i domicili conosciuti in Italia e non avendo valutato l’estensione delle ricerche al paese di nascita. La Corte ha ribadito che il decreto di irreperibilità richiede una verifica rigorosa sulla completezza delle indagini prima di poter essere emesso.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Decreto di irreperibilità: perché ricerche incomplete portano all’annullamento

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale della procedura penale: il decreto di irreperibilità non può essere una scorciatoia processuale. Questo provvedimento, che dichiara una persona non rintracciabile, è legittimo solo se preceduto da ricerche approfondite e scrupolose. In caso contrario, come nel caso esaminato, è destinato a essere annullato, con tutte le conseguenze del caso sugli atti successivi.

I fatti del caso

Il caso riguarda un condannato che si è visto notificare l’ordine di esecuzione della pena e la successiva revoca della sospensione tramite il suo difensore d’ufficio. Tutto ciò è avvenuto a seguito di un decreto di irreperibilità emesso dal pubblico ministero. Il condannato ha impugnato tale decreto davanti al giudice dell’esecuzione, sostenendo che le ricerche per rintracciarlo erano state del tutto insufficienti.

In particolare, la difesa ha evidenziato che dagli atti risultava un domicilio dichiarato anni prima in una specifica località (Moresco), che non sembrava essere stato oggetto di adeguati controlli. Inoltre, non era stata effettuata alcuna verifica nel suo paese di nascita, il Pakistan, come previsto dalla normativa in determinate circostanze.

Il Tribunale, in funzione di giudice dell’esecuzione, aveva inizialmente dichiarato inammissibile l’istanza. Contro questa decisione, il condannato ha proposto ricorso in Cassazione.

La questione giuridica e la validità del decreto di irreperibilità

La questione centrale ruota attorno ai presupposti per l’emissione di un valido decreto di irreperibilità. Questo atto formale è cruciale perché, di fatto, priva l’interessato della conoscenza diretta degli atti processuali che lo riguardano, demandando le notifiche al suo difensore. Proprio per la sua incisività sui diritti di difesa, la legge (in particolare gli artt. 159 e 160 del codice di procedura penale) impone che la dichiarazione di irreperibilità sia l’atto finale di una serie di ricerche reali ed efficaci.

Il giudice dell’esecuzione, investito della questione, non può limitarsi a una presa d’atto, ma deve svolgere un controllo sostanziale sulla congruità, adeguatezza e validità delle indagini svolte per rintracciare il soggetto.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Gli Ermellini hanno chiarito che il giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto verificare attentamente se le ricerche fossero state estese a tutti i luoghi pertinenti. Nel caso di specie, era emerso che il condannato aveva un domicilio dichiarato e un ultimo domicilio eletto presso una casa circondariale, oltre al suo luogo di nascita all’estero.

La Corte ha richiamato la propria giurisprudenza consolidata (citando la sentenza n. 29147/2015), secondo cui l’obbligo di disporre le ricerche all’estero sorge nel momento in cui quelle svolte in Italia si rivelano infruttuose. Il giudice di merito aveva omesso questa verifica essenziale, non accertando se le autorità avessero diligentemente percorso tutte le piste disponibili per rintracciare il condannato prima di dichiararlo irreperibile.

Di conseguenza, la Cassazione ha annullato l’ordinanza impugnata, rinviando il caso al Tribunale di Macerata per un nuovo giudizio che dovrà tenere conto di questi principi.

Le conclusioni

Questa sentenza ribadisce l’importanza del diritto alla conoscenza degli atti processuali come cardine del giusto processo. Il decreto di irreperibilità non può essere il risultato di ricerche superficiali o burocratiche. Le autorità inquirenti hanno il dovere di espletare tutte le ricerche ragionevolmente esigibili, incluse quelle presso domicili dichiarati o eletti in passato e, se necessario, all’estero. Il giudice dell’esecuzione, a sua volta, ha il compito di vigilare scrupolosamente su tale operato, a pena di nullità degli atti successivi. La decisione rappresenta una tutela fondamentale per l’imputato, garantendo che la sua assenza dal processo non sia la conseguenza di una negligenza da parte dello Stato.

Quando è legittimo emettere un decreto di irreperibilità?
Un decreto di irreperibilità è legittimo solo dopo che sono state condotte ricerche approfondite, adeguate e valide per trovare la persona, e queste ricerche si sono dimostrate infruttuose. Le indagini non devono essere né lacunose né errate.

È obbligatorio cercare un condannato anche nel suo paese di nascita?
Sì, l’obbligo di estendere le ricerche all’estero, come nel paese di nascita, sorge quando le ricerche effettuate sul territorio nazionale non hanno permesso di individuare il luogo in cui la persona vive o lavora abitualmente.

Quale verifica deve compiere il giudice dell’esecuzione riguardo a un decreto di irreperibilità?
Il giudice dell’esecuzione ha il dovere di verificare se le ricerche siano state effettivamente estese a tutti i luoghi pertinenti, come il domicilio dichiarato, l’ultimo domicilio eletto e, se le ricerche in Italia sono fallite, anche il luogo di nascita all’estero.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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