Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 11144 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 11144 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/01/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato a Napoli il DATA_NASCITA
COGNOME NOME nato a Gardone Val Trompia il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 31/01/2023 del Tribunale di Bologna
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME e NOME COGNOME, a mezzo del loro difensore, propongono ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del 31 gennaio 2023 con la quale il Tribunale di Bologna ha revocato l’ordinanza di rigetto del reclamo proposto dalla persona offesa RAGIONE_SOCIALE e per l’effetto annullato il decreto di archiviazione emesso dal Giudice per le indagini preliminari in data 29 luglio 2021.
I ricorrenti, con l’unico motivo di impugnazione, eccepiscono la violazione dell’art. 410-bis cod. proc. pen. e l’abnormità del provvedimento di revoca in quanto emesso in carenza di potere.
Il Tribunale si sarebbe, infatti, pronunciato in ordine alla richiesta di revoca nonostante l’ordinanza di rigetto del reclamo non fosse impugnabile in quanto regolarmente emessa nel contraddittorio delle parti previa tempestiva notifica del decreto di fissazione dell’udienza camerale.
I ricorrenti hanno richiamato, in proposito, l’orientamento di questa Corte secondo cui l’ordinanza emessa ex art. 410-bis cod. proc. pen. è impugnabile solo se emessa in assenza di contradditorio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
L’unico motivo di ricorso è manifestamente infondato.
L’accesso agli atti, consentito ed anzi necessario in caso di questioni processuali, comprova quanto segue:
Il pubblico ministero, in data 10 giugno 2021, ha avanzato richiesta di archiviazione del procedimento instaurato nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME, indagati per i reati di cui agli artt. 623 e 640 cod. pen.; richiesta notificata al difensore della persona offesa in data 11 giugno 2021;
il legale rappresentante della persona offesa RAGIONE_SOCIALE, in data 02 luglio 2021, ha depositato opposizione alla richiesta di archiviazione;
il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bologna, in data 29 luglio 2021, senza procedere alla fissazione dell’udienza camerale prevista dall’art. 410 cod. proc. pen., ha emesso decreto di archiviazione in accoglimento della richiesta avanzata dal pubblico ministero;
il difensore della persona offesa RAGIONE_SOCIALE, in data 25 febbraio 2022, ha proposto reclamo avverso il decreto di archiviazione in considerazione della omessa pronuncia sull’ammissibilità dell’opposizione e della conseguente violazione dell’art. 410-bis, comma 1, cod. proc. pen.;
il Tribunale di Bologna, con ordinanza del 29 luglio 2022, ha rigettato il reclamo ritenendo l’opposizione alla richiesta di archiviazione depositata dopo la scadenza del termine di venti giorni previsto dall’art. 408, comma 3, cod. proc. pen.;
il difensore della persona offesa RAGIONE_SOCIALE, in data 28 ottobre 2022, ha avanzato istanza di revoca dell’ordinanza di rigetto del reclamo, rimarcando la natura ordinatoria del termine previsto dall’art. 408, comma 3, cod. proc. pen. ed affermando che, in caso di presentazione di opposizione alla richiesta di archiviazione, il giudice per le indagini preliminari è obbligato a pronunciarsi in ogni caso sull’ammissibilità o meno della stessa;
il Tribunale di Bologna, con ordinanza del 31 gennaio 2023, ha revocato l’ordinanza di rigetto avverso il reclamo proposto dalla persona offesa ed annullato il decreto di archiviazione emesso dal giudice per le indagini preliminari in data 29 luglio 2021.
Tutto ciò premesso deve essere ricordato come l’abnormità dell’atto processuale possa riguardare due profili che si saldano all’interno di un fenomeno
unitario (Sez. U, n. 25957 del 26/03/2009, Toni, Rv. 243590): quello strutturale (allorché l’atto, per la sua singolarità, si ponga al di fuori del sistema organico della legge processuale) e quello funzionale (quando esso, pur non estraneo al sistema normativo, determini la stasi del processo e l’impossibilità di proseguirlo, ovvero una indebita regressione del procedimento stesso, ponendosi, in tal caso, anche in contrasto con il principio costituzionale di ragionevole durata del processo di cui all’art. 111 Cost., comma 2).
Nella delineata prospettiva, la verifica in concreto dell’abnormità dell’atto processuale postula il rilievo di anomalie genetiche o funzionali, radicali al punto da fuoriuscire dallo schema normativo processuale, palesando una irriducibile estraneità, mentre non costituisce atto strutturalmente “eccentrico” rispetto a quelli positivamente disciplinati, né l’atto normativamente previsto e disciplinato, ma utilizzato al di fuori dell’area che ne individua la funzione e la stessa ragion d’essere nell’iter procedimentale, né l’atto illegittimo.
L’ordinanza impugnata non è affetta da abnormità, in quanto, sotto il profilo strutturale, non può dirsi emessa in difetto di potere né avulsa dall’intero ordinamento processuale e, sotto il profilo funzionale, non determina una irreversibile stasi del procedimento.
Deve essere sottolineato, in particolare, che la giurisprudenza di legittimità ha affermato che il provvedimento con cui il giudice decide, ex art. 410-bis cod. proc. pen., sul reclamo della persona offesa è impugnabile qualora una parte non sia stata posta in condizione di partecipare effettivamente al procedimento instaurato per il controllo sulla decisione contestata con conseguente violazione al diritto al contraddittorio (vedi Sez. 5, n. 44133 del 26/09/2019, Bonacchi, Rv. 277433-01; Sez. 2, n. 35192 del 23/10/2020, NOME, non massimata).
Nel caso di specie il Tribunale, dando seguito al principio di diritto, erroneamente ignorato dai giudici del reclamo, secondo cui il mancato rispetto del termine ordinatorio previsto dall’art. 408, comma 3, cod. proc. pen. non esonera il giudice per le indagini preliminari dalla valutazione in ordine all’ammissibilità dell’opposizione alla richiesta di archiviazione (vedi Sez. 4, n. 18828 del 30/03/2016, Martelli, Rv. 266844 – 01; Sez. 3, n. 9969 del 24/10/2019, COGNOME, non massimata), ha ravvisato la violazione dell’art. 410-bis, comma 1, cod. proc. pen. e la conseguente nullità di carattere AVV_NOTAIO del decreto di archiviazione emesso in data successiva al deposito dell’opposizione per omessa pronuncia sull’ammissibilità della stessa.
Deve essere, peraltro, sottolineato che tale omessa valutazione ha comportato la sostanziale violazione del diritto al contraddittorio della persona offesa
conseguente al mancato svolgimento dell’udienza camerale prevista dall’art. 410 comma 3, cod. proc. pen.
Nell’ordinanza oggetto di ricorso, dunque, non vi è alcun profilo di anomalia strutturale o funzionale che possa giustificarne l’ablazione: non potendo essere considerato tale l’annullamento di un decreto di archiviazione emesso in violazione dell’art. 410-bis, comma 1, cod. proc. pen., trattandosi di esercizio di un poteredovere, che prescinde dalla valutazione del merito dello specifico provvedimento adottato dal giudice per le indagini preliminari.
All’inammissibilità dei ricorsi consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso, il 17 gennaio 2024
Il Consigliépé Estensore
La Presidente