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Decreto abnorme: quando è impugnabile in Cassazione?

La Corte di Cassazione ha esaminato un ricorso contro un decreto di rinvio a giudizio, definito dalla difesa come un ‘decreto abnorme’. L’imputato sosteneva che il provvedimento fosse viziato poiché originato da una revoca illegittima di una precedente sentenza di non luogo a procedere. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiarendo che il decreto di rinvio a giudizio è un atto di impulso processuale e non può essere considerato ‘abnorme’ solo perché ritenuto errato nel merito. L’abnormità sussiste solo in caso di carenza di potere del giudice o di stasi irrisolvibile del procedimento, condizioni non presenti nel caso di specie.

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Pubblicato il 26 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Decreto Abnorme: la Cassazione chiarisce i limiti dell’impugnazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 39227 del 2024, torna a pronunciarsi su un tema cruciale della procedura penale: la nozione di decreto abnorme e i limiti alla sua impugnabilità. La decisione offre un’importante lezione sulla distinzione tra un atto meramente erroneo e un atto processuale talmente anomalo da giustificare un ricorso immediato, anche al di fuori dei casi espressamente previsti. Il caso analizzato riguarda un ricorso contro un decreto di rinvio a giudizio, ritenuto dalla difesa viziato da una catena di decisioni precedenti.

I Fatti del Processo

La vicenda processuale è complessa e si articola in diverse fasi. Inizialmente, nel 2016, il Giudice per le indagini preliminari (GIP) aveva emesso una sentenza di non luogo a procedere nei confronti di un imputato per partecipazione a un’associazione di stampo mafioso. Anni dopo, la Procura chiedeva la revoca di tale sentenza sulla base di nuove prove. Dopo un tortuoso iter, che includeva un annullamento con rinvio da parte della Cassazione, il GIP revocava la sentenza di non luogo a procedere e, all’esito dell’udienza preliminare, disponeva il rinvio a giudizio dell’imputato.

La difesa ha quindi proposto ricorso in Cassazione avverso quest’ultimo decreto, sostenendone l’abnormità. Secondo il ricorrente, il giudice non aveva adeguatamente motivato sulla base delle indicazioni fornite dalla stessa Cassazione in una precedente pronuncia, creando un pregiudizio insanabile per l’imputato.

La Nozione di Decreto Abnorme secondo la Cassazione

Il cuore della sentenza ruota attorno alla definizione di decreto abnorme. La Corte Suprema ribadisce un principio consolidato: l’abnormità non coincide con la semplice erroneità del provvedimento. Un atto può essere considerato abnorme solo in due ipotesi tassative:

1. Abnormità Strutturale: Si verifica quando il giudice esercita un potere che non gli è conferito dall’ordinamento processuale (carenza di potere in astratto) o lo esercita in una situazione completamente diversa da quella prevista dalla legge (carenza di potere in concreto).
2. Abnormità Funzionale: Ricorre quando l’atto, pur essendo previsto dalla legge, determina una stasi del procedimento, ossia l’impossibilità di proseguirlo se non compiendo un altro atto invalido o non consentito.

Al di fuori di queste due categorie, qualsiasi altra ipotesi di errore, sia esso di fatto o di diritto, non rende l’atto abnorme e, di conseguenza, non apre la via a un’impugnazione straordinaria.

Le Motivazioni della Decisione

Applicando questi principi al caso di specie, la Cassazione ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato e, quindi, inammissibile. I giudici hanno osservato che il decreto che dispone il giudizio è un atto tipico, con cui il GIP esercita un potere che la legge gli attribuisce espressamente al termine dell’udienza preliminare. Tale atto non solo non ha creato una stasi processuale, ma ha, al contrario, permesso al procedimento di avanzare verso la sua fase successiva, ovvero il dibattimento.

La Corte ha sottolineato che le doglianze della difesa, pur formalmente dirette contro il decreto di rinvio a giudizio, miravano in realtà a contestare la precedente ordinanza di revoca della sentenza di non luogo a procedere, un provvedimento sul quale la Cassazione si era già espressa dichiarandone la non impugnabilità. L’eventuale erroneità delle valutazioni del GIP non trasforma il decreto in un decreto abnorme. Si tratta, invece, di questioni che dovranno essere sollevate e discusse nelle sedi appropriate, ovvero nel corso del processo di merito.

Le Conclusioni

La sentenza in esame rafforza un principio fondamentale per la stabilità e l’efficienza del sistema processuale: non tutti gli errori del giudice consentono un’immediata impugnazione. Il concetto di decreto abnorme rappresenta un rimedio eccezionale, da utilizzare solo in presenza di patologie gravissime che minano la struttura stessa del processo. Un decreto di rinvio a giudizio, anche se contestato, rimane un atto di impulso che porta l’accusa alla sua naturale verifica dibattimentale. Le eventuali censure sulla sua formazione dovranno trovare soluzione all’interno del processo, e non attraverso un’impropria scorciatoia processuale.

Quando un decreto che dispone il giudizio può essere considerato un atto ‘abnorme’?
Secondo la Corte, un decreto è abnorme solo in due casi: quando il giudice esercita un potere che la legge non gli conferisce (‘abnormità strutturale’) o quando l’atto, pur previsto dalla legge, provoca una paralisi insuperabile del procedimento (‘abnormità funzionale’).

È possibile impugnare in Cassazione un decreto di rinvio a giudizio se si ritiene che sia errato nel merito?
No. La sentenza chiarisce che l’erroneità di un provvedimento non lo rende automaticamente ‘abnorme’. Il decreto di rinvio a giudizio, essendo un atto di impulso processuale, non è impugnabile per vizi di merito, i quali dovranno essere fatti valere nel corso del dibattimento.

Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Come stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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