Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 31682 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 31682 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a PESCARA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 15/02/2024 del TRIB. LIBERTA’ di REGGIO CALABRIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG, in persona del Sostituto Procuratore COGNOME
COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 15 febbraio 2024, il Tribunale di Reggio Calabria, investito ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen., ha respinto l’appello proposto contro il provvedimento del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria del 18 novembre 2023jcol quale era stata rigettata la richiesta di revoca della misura cautelare della custodia in carcere avanzata – per decorrenza dei termini previsti dall’art. 303, comma 1, lett. a) cod. proc. pen. – dal difensore di NOME COGNOME, sottoposto ad indagini per il reato di cui agli artt. 74 e 73, comma 1, d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309.
Per meglio comprendere i motivi di ricorso occorre subito riferire quanto emerge dagli atti in merito allo svolgimento della vicenda cautelare.
La misura della quale è stata chiesta la revoca fu disposta dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli con ordinanza del 25 ottobre 2022 e fu eseguita il 16 novembre 2022. Il 6 ottobre 2023 il Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Napoli, individuata nel Tribunale di Reggio Calabria l’autorità giudiziaria competente a decidere, ha dichiarato la propria incompetenza per territorio e ha disposto la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica presso quel Tribunale. Il 23 ottobre 2023, su richiesta della locale Procura, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria, ha rinnovato la misura della custodia in carcere ai sensi dell’art. 27 cod. proc. pen.
La revoca della misura è stata chiesta in data 16 novembre 2023, sostenendo che, essendo decorso un anno dall’esecuzione, erano scaduti i termini di cui all’art. 303, comma 1, lett. a), n. 3) cod. proc. pen. La richiesta è stata respinta dal G.i.p. il quale, facendo applicazione dell’art. 303, comma 2, cod. proc. pen., ha ritenuto che i termini previsti dall’art. 303, comma 1, lett. a), cod. proc. pen. fossero nuovamente decorsi dalla data del provvedimento dichiarativo di incompetenza (6 ottobre 2023). Questa decisione è stata confermata dal Tribunale per il riesame a seguito dell’appello proposto dal difensore ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen.
Nel respingere la richiesta, i giudici di merito hanno dato atto che COGNOME era stato sottoposto alla custodia in carcere dal G.i.p. di Reggio Calabria anche con ordinanza del 13 marzo 2023, eseguita il 3 maggio 2023. Quando il Tribunale del riesame si è pronunciato, dunque, i titoli custodiali in corso di esecuzione erano due. Le relative ordinanze erano state emesse entrambe dal GRAGIONE_SOCIALEp. di Reggio Calabria: una il 13 maggio 2023, l’altra il 23 ottobre 2023. Il Tribunale per il riesame, nel darne atto, non ha precisato se le due ordinanze avessero ad oggetto i medesimi fatti o fatti diversi tra loro connessi.
Contro l’ordinanza del Tribunale per il riesame del 13 febbraio 2024, NOME COGNOME ha proposto tempestivo ricorso per mezzo del proprio difensore munito di procura speciale. Con l’unico articolato motivo, il ricorrente deduce violazione degli artt. 303 e 304 cod. proc. pen.
Secondo la difesa, nel caso in esame, l’art. 303, comma 2, cod. proc. pen. non potrebbe trovare applicazione. L’incompetenza per territorio, infatti, è stata dichiarata perché la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli aveva chiesto il rinvio a giudizio in relazione a fatti per i quali anche la Procura del Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria aveva aperto un procedimento. In questo caso, dunque, la dichiarazione di incompetenza per territorio da parte del G.u.p. del Tribunale di Napoli e la conseguente trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria, non avrebbero determiNOME una regressione del procedimento alla fase delle indagini preliminari / essendosi verificato un mero trasferimento di atti da un giudice ad un altro in presenza di una duplicazione di procedimenti. Una duplicazione che aveva determiNOME anche l’adozione di due distinte ordinanze cautelari da parte del G.i.p. del Tribunale di Napoli e del G.i.p. del Tribunale di Reggio Calabria.
A sostegno di tali argomentazioni, la difesa osserva che la disposizione di cui all’art. 303, comma 2, cod. proc. pen. non trova applicazione nel caso in cui il passaggio di un procedimento da una Procura ad un’altra avvenga nella fase delle indagini preliminari, atteso che questa norma parla espressamente di regresso a una «fase o a un grado del giudizio diversi», riguarda dunque la fase del giudizio e non quella delle indagini preliminari.
La difesa sottolinea, inoltre, che, con la sentenza n. 299 del 22 luglio 2005, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 3 comma 2, cod. proc. pen. «nella parte in cui non consente di computare ai fini dei termini massimi di fase determinati dall’art. 304, comma 6, dello stesso codice, i periodi di custodia cautelare sofferti in fasi o in gradi diversi dalla fase o dal grad in cui il procedimento è regredito» e, nel farlo, ha affermato che «le limitazioni della libertà connesse alle vicende processuali devono rispettare il principio di proporzionalità». Il difensore sostiene che tale principio non è rispettato se si consente che, nelle indagini preliminari, una dichiarazione di incompetenza per territorio possa determinare il nuovo decorso del termine di fase.
Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
2. La difesa del ricorrente chiede di valutare se, nel caso di specie, ancorché di fronte alla Procura della Repubblica del Tribunale di Reggio Calabria fosse già aperto un procedimento che vedeva COGNOME indagato per violazioni degli artt. 73 e 74 d.P.R. n. 309/90, la trasmissione degli atti disposta dal G.u.p. di Napoli in data 6 ottobre 2023 abbia determiNOME la nuova decorrenza del termine di cui all’art. 303, comma 1, lett. a) cod. proc. pen. Secondo la difesa, nel caso di specie, l’art. 303, comma 2, cod. proc. pen. non potrebbe trovare applicazione, trattandosi di norma dettata solo con riferimento «a una fase o a un grado di giudizio diversi».
Si obietta in proposito che, secondo un condivisibile orientamento giurisprudenziale, sul quale non si registrano da tempo opinioni contrarie, l’art. 303, comma 2, cod. proc. pen. disciplina due distinte ipotesi, tra loro alternative (come segnalato dall’uso dell’espressione “ovvero”, avente chiaro valore disgiuntivo): da un lato, la regressione del procedimento «ad altra “fase” in conseguenza di annullamento con rinvio da parte della Corte di Cassazione o “per altra causa”, dizione quest’ultima comprensiva non solo degli annullamenti o delle dichiarazioni di nullità delle sentenze o dei provvedimenti in genere che determinano il passaggio del processo ad un grado o a una fase successiva, ma di qualunque altra decisione in grado di determinare il regresso del processo a fase o grado di giudizi diversi»; dall’altro, «il rinvio del processo ad altro giudice per qualsiasi causa» (così: Sez. 1, n. 21412 del 03/04/2007, Kazafer, Rv. 236791 pag. 2 della motivazione). La sentenza appena citata chiarisce che lo spostamento di sede del procedimento rientra in questa seconda ipotesi anche se realizzato per il tramite del pubblico ministero. Si verte, infatti, in una «ipotesi di “rinvio ad altr giudice” idonea, ex art. 303 cod. proc. pen., comma 2, a comportare una nuova decorrenza dei termini di fase della custodia cautelare» (Sez. 1, n. 21412 del 03/04/2007, cit., pag. 2 e 3 della motivazione e giurisprudenza ivi citata; nello stesso senso, Sez. 6, n. 3167 del 21/10/1998, COGNOME Battaglia, Rv. 212689 e, più recentemente, Sez. 4, n. 28741 del 16/06/2021, Palma, Rv. 281696). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il ricorrente non contrasta questa lettura dell’art. 303, comma 2, cod. proc. pen. Si limita infatti ad argomentare sul regresso ad altra fase o grado di giudizio – che non si è verificata nel caso di specie, atteso che la dichiarazione di incompetenza è intervenuta nell’udienza preliminare e, dunque, il rinvio a giudizio non è stato disposto (in tal senso: Sez. 5, n. 20080 del 23/03/2001, Mancuso, Rv. 218887) – e trascura del tutto l’ipotesi del rinvio ad altro giudice che è
fenomeno strutturalmente diverso dalla regressione e si è concretamente verificata nel caso in esame.
Non ha maggior pregio il riferimento all’art. 304 cod. proc. pen. e alla sentenza n. 299/2005 della Corte costituzionale. Nel caso oggetto del presente ricorso, infatti, non vi è stata alcuna sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare ai sensi dell’art. 304 cod. proc. pen. e la durata complessiva della custodia sofferta non è certamente superiore ai termini previsti dall’art. 303, comma 4, cod. proc. pen.
Come emerge dalla lettura dell’ordinanza impugnata, nel caso di specie, il G.i.p del Tribunale di Reggio Calabria ha emesso nei confronti di NOME COGNOME, due ordinanze cautelari: una in data 13 marzo 2023, eseguita il 3 maggio 2023; l’altra in data 25 ottobre 2023, emessa ai sensi dell’art. 27 cod. proc. pen. Nel presente procedimento, dunque, potrebbe porsi il problema della applicazione dell’art. 297, comma 3, cod. proc. pen. Se è vero, infatti, che il provvedimento di custodia cautelare disposto dal giudice incompetente viene a tutti gli effetti sostituito dalla ordinanza pronunciata nei termini indicati dall’art. 27 cod. proc. pen. dal giudice competente e ciò fa sì che i termini previsti all’art. 303, comma 1, ricomincino a decorrere; è pur vero che, se ricorrono i presupposti per l’applicazione dell’art. 297, comma terzo, cod. proc. pen., «qualora la custodia cautelare sia già in corso di esecuzione in forza di altro titolo precedentemente ed autonomamente emesso in relazione a fatti connessi, la decorrenza dei termini di durata della misura emessa ai sensi del citato art. 27 deve essere retrodatata al momento della notifica o esecuzione di tale pregresso titolo» (Sez. 6, n. 41974 del 23/09/2014, COGNOME, Rv. 260430).
Nel caso di specie, tuttavia, non è noto se tali presupposti ricorrano. Il difensore sostiene nell’atto di ricorso che le due ordinanze cautelari avrebbero ad oggetto «gli stessi identici fatti», ma non sviluppa tale argomentazione e non fornisce documentazione idonea a supportarla. Nel ricorso non si chiede l’applicazione dell’art. 297, comma 3, cod. proc. pen. e non si sostiene che i termini di custodia cautelare dell’ordinanza emessa dal G.i.p di Reggio Calabria ai sensi dell’art. 27 cod. proc. pen. avrebbero dovuto essere retrodatati, invece che alla data del 6 ottobre 2023 (quando il G.u.p. del Tribunale di Napoli ha dichiarato la propria incompetenza per territorio), alla data del 5 maggio 2023, quando è stata eseguita la prima delle due misure emesse dal G.i.p. del Tribunale di Reggio Calabria. Si tratta dunque di questione non dedotta che il Tribunale non poteva rilevare d’ufficio ) essendo stato adito ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen.
La cognizione del giudice dell’appello cautelare è limitata, infatti, in ossequio al principio devolutivo, ai punti della decisione impugnata attinti dai motivi di gravame (fra le tante: Sez. 5, n. 23042 del 04/04/2023, COGNOME, Rv. 284544; Sez. 3, n. 28253 del 09/06/2010, B., Rv. 248135), né può dirsi che il tema della contestazione a catena sia strettamente connesso o dipendente dal tema della decorrenza dei termini di custodia cautelare in caso di rinnovazione della misura ex art. 27 cod. proc. pen.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 3 luglio 2024
Il Consigliere estensore Il