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Decorrenza termini custodia cautelare e incompetenza

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 31682/2024, ha stabilito che la dichiarazione di incompetenza territoriale e la conseguente trasmissione degli atti a un altro giudice determinano una nuova decorrenza dei termini di custodia cautelare. La Suprema Corte ha chiarito che tale situazione rientra nell’ipotesi di ‘rinvio del processo ad altro giudice per qualsiasi causa’, prevista dall’art. 303, comma 2, cod. proc. pen., facendo ripartire da capo il calcolo della durata massima della misura.

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Pubblicato il 12 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Decorrenza termini custodia cautelare: quando si azzera il contatore?

La corretta gestione della decorrenza dei termini di custodia cautelare rappresenta un pilastro fondamentale a garanzia della libertà personale dell’individuo, principio cardine del nostro ordinamento. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 31682 del 2024, offre un’importante chiarificazione su un aspetto procedurale cruciale: cosa succede a questi termini quando un giudice dichiara la propria incompetenza territoriale? La risposta della Suprema Corte è netta: il contatore si azzera e ricomincia a correre.

I Fatti di Causa

Il caso esaminato riguardava un soggetto sottoposto a custodia cautelare in carcere in seguito a un’ordinanza emessa dal G.i.p. del Tribunale di Napoli. Successivamente, durante l’udienza preliminare, il Giudice napoletano dichiarava la propria incompetenza per territorio, disponendo la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria, ritenuto competente.

Una volta ricevuti gli atti, il G.i.p. di Reggio Calabria, su richiesta della Procura locale, rinnovava la misura cautelare ai sensi dell’art. 27 del codice di procedura penale.
La difesa dell’indagato, trascorso un anno dall’esecuzione della prima ordinanza, presentava istanza di revoca della misura per scadenza dei termini massimi di fase. Tale richiesta veniva rigettata sia dal G.i.p. che, in sede di appello, dal Tribunale del Riesame. Secondo i giudici di merito, la dichiarazione di incompetenza aveva determinato una nuova decorrenza dei termini di custodia cautelare, ai sensi dell’art. 303, comma 2, c.p.p.

L’Applicazione dell’art. 303 c.p.p. e la decorrenza termini custodia cautelare

Il ricorrente si rivolgeva alla Cassazione sostenendo un’errata interpretazione della norma. A suo avviso, l’art. 303, comma 2, c.p.p. si applicherebbe solo in caso di ‘regressione’ del procedimento a una fase o a un grado di giudizio diverso, e non per un mero trasferimento di atti tra procure nella stessa fase delle indagini preliminari.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato e fornendo una lettura chiara e sistematica della norma in questione. I giudici hanno spiegato che l’art. 303, comma 2, c.p.p. disciplina due ipotesi distinte e alternative:

1. La regressione del procedimento a una fase o grado precedente per effetto di un annullamento con rinvio o per altra causa.
2. Il ‘rinvio del processo ad altro giudice per qualsiasi causa’.

La Suprema Corte ha affermato che la dichiarazione di incompetenza territoriale, con la conseguente trasmissione degli atti e la ‘translatio iudicii’, rientra a pieno titolo in questa seconda ipotesi. Non si tratta di una regressione, ma di uno ‘spostamento di sede’ del procedimento che, secondo la giurisprudenza consolidata, è idoneo a comportare una nuova decorrenza dei termini di custodia cautelare.

La difesa aveva invocato anche una sentenza della Corte Costituzionale (n. 299/2005) e il principio di proporzionalità, ma la Cassazione ha ritenuto il riferimento non pertinente. Quel caso riguardava la sospensione dei termini (art. 304 c.p.p.), non la loro decorrenza, e nel caso di specie la durata complessiva della custodia non aveva superato i limiti massimi previsti dalla legge.

Un’ultima questione, relativa alla possibile coesistenza di due diverse ordinanze cautelari e all’applicazione dell’art. 297, comma 3, c.p.p. (sulla retrodatazione dei termini in caso di fatti connessi), non è stata esaminata. La Corte ha sottolineato che tale doglianza non era stata sollevata nei gradi di merito e, per il principio devolutivo, non poteva essere introdotta per la prima volta in sede di legittimità.

Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: il trasferimento del procedimento da un giudice a un altro, a seguito di una dichiarazione di incompetenza, azzera e fa ripartire il calcolo dei termini di durata della custodia cautelare per la fase in corso. Questa interpretazione garantisce che il nuovo giudice abbia a disposizione l’intero tempo previsto dalla legge per svolgere le proprie valutazioni, bilanciando le esigenze cautelari con il diritto alla libertà personale dell’indagato. La decisione sottolinea anche l’importanza di formulare in modo completo e tempestivo tutte le eccezioni difensive nei gradi di merito, poiché l’ambito di cognizione della Corte di Cassazione è strettamente limitato ai motivi di ricorso.

Una dichiarazione di incompetenza territoriale fa ripartire da capo i termini della custodia cautelare?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, la trasmissione degli atti a un altro giudice a seguito di una dichiarazione di incompetenza rientra nell’ipotesi di ‘rinvio del processo ad altro giudice per qualsiasi causa’ prevista dall’art. 303, comma 2, c.p.p. Questo evento determina una nuova decorrenza dei termini di durata della misura cautelare.

Perché la trasmissione degli atti a un altro giudice azzera i termini?
Perché la legge, all’art. 303, comma 2, c.p.p., prevede esplicitamente che i termini ripartano da capo non solo in caso di regressione del processo, ma anche nel caso alternativo di ‘rinvio del processo ad altro giudice per qualsiasi causa’. La Corte interpreta questa dicitura in senso ampio, includendovi lo spostamento di competenza territoriale.

Se la difesa non solleva una questione davanti al Tribunale del Riesame, può farlo per la prima volta in Cassazione?
No. La cognizione del giudice d’appello cautelare, e di conseguenza della Corte di Cassazione, è limitata dai motivi di gravame presentati. In base al principio devolutivo, questioni non dedotte nei gradi di merito non possono essere sollevate per la prima volta in sede di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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