Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 46368 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 46368 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CASSINO il 03/01/1977
avverso l’ordinanza del 23/04/2024 del GIP TRIBUNALE di ISERNIA
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Con ordinanza del 23/04/2024 il GIP presso il Tribunale di Isernia convalidava il DASPO emesso dal Questore di Isernia nei confronti di NOME COGNOME con cui si imponeva allo stesso l’obbligo di presentazione presso la Stazione CC. Di Venafro 15 minuti dopo l’inizio di ciascun tempo di ogni incontro delle squadre “Città di Isernia San Leucio” e “U.S. Venafro” per la durata di anni 5.
VQC, GLYPH tnfir,
Avverso tale ractieraà l’imputato ha presentato ricorso per cassazione, lamentando che tra la notifica del provvedimento e la trasmissione da parte del P.M. per la convalida sono passate più di 48 ore, ciò che avrebbe dovuto condurre alla decadenza della misura.
Il ricorso è inammissibile per tardività.
Ai sensi dell’articolo 585, comma 1, lettera a), cod. proc. pen., il termine per impugnare è di 15 giorni, decorrente (comma 2, lettera a) dalla notificazione del provvedimento emesso in camera di consiglio.
Nel caso di specie, l’ordinanza è stata notificata il 4 maggio 2024, per cui la scadenza del termine per impugnare coincideva con il 19 maggio 2024, mentre il ricorso stato depositato il 24 giugno 2024.
In ogni caso, per mero tuziorismo, il Collegio evidenzia che costituisce principio pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che il provvedimento di convalida del Gip deve intervenire dopo le 48 ore dalla richiesta del P.M. ed entro le 96 ore dalla notifica del provvedimento all’interessato, essendo unicamente quest’ultimo il termine complessivo rilevante (v., ex plurimis, Sez. 3, n. 44431 del 09/11/2011, COGNOME, Rv. 251598 – 01; Sez. 3, n. 41170 del 21/09/2021, COGNOME, Rv. 282231 01; Sez. 3, n. 32762 del 06/07/2023, COGNOME, n.m.), termine che, nel caso di specie, è stato rispettato.
Il ricorso è di conseguenza manifestamente infondato.
Non può quindi che concludersi nel senso dell’inammissibilità del ricorso.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione
della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 18 ottobre 2024.