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Danno speciale tenuità: non basta il valore del bene

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per il furto di una bicicletta. L’imputato chiedeva il riconoscimento dell’attenuante del danno di speciale tenuità, sostenendo lo scarso valore del bene. La Corte ha ribadito che la valutazione non si limita al solo danno patrimoniale, ma deve considerare il ‘danno criminale’ nella sua globalità, includendo anche gli effetti pregiudizievoli subiti dalla vittima, come la privazione del bene per un certo periodo.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Danno di speciale tenuità: il valore del bene non è l’unico criterio

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 4318 del 2024, offre un importante chiarimento sull’applicazione della circostanza attenuante del danno di speciale tenuità nel reato di furto. Con questa pronuncia, i giudici supremi hanno ribadito un principio fondamentale: per valutare la tenuità del danno non basta considerare il mero valore economico del bene sottratto, ma occorre un’analisi complessiva del pregiudizio arrecato alla vittima. Questo approccio olistico, che considera il ‘danno criminale’ nella sua interezza, ha portato a dichiarare inammissibile il ricorso di un imputato.

Il caso: il furto di una bicicletta e il ricorso in Cassazione

La vicenda giudiziaria ha origine dalla condanna di un uomo per il furto di una bicicletta. Inizialmente accusato anche del furto di un telefono cellulare, l’imputato era stato assolto per questa seconda accusa in appello. La Corte d’Appello aveva inoltre escluso alcune aggravanti e rideterminato la pena per il solo furto della bicicletta.

Nonostante la parziale riforma, l’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, affidandosi a un unico motivo: la violazione di legge per il mancato riconoscimento dell’attenuante del danno di speciale tenuità, prevista dall’art. 62 n. 4 del codice penale. Secondo la difesa, la bicicletta aveva uno scarso valore economico e il danno era stato esiguo, anche perché la vittima era tornata in possesso del bene in tempi brevi. Inoltre, il ricorrente contestava l’applicazione della recidiva e il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche come prevalenti.

La valutazione del danno di speciale tenuità secondo il ricorrente

La tesi difensiva si concentrava su due elementi principali:
1. Valore irrisorio del bene: La bicicletta sottratta era di modesto valore.
2. Pregiudizio limitato: La vittima aveva subito un danno minimo, avendo recuperato il mezzo poco dopo il furto.

Questi fattori, secondo l’imputato, avrebbero dovuto condurre il giudice a concedere la diminuzione di pena legata alla speciale tenuità del danno.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato, respingendo su tutta la linea le argomentazioni della difesa e confermando la decisione della Corte d’Appello.

L’interpretazione corretta del danno di speciale tenuità

Il cuore della motivazione risiede nell’interpretazione dell’art. 62 n. 4 c.p. La Suprema Corte ha richiamato il suo consolidato orientamento, secondo cui la valutazione del danno di speciale tenuità non può essere ridotta a un mero calcolo aritmetico del valore del bene. È necessario un giudizio complesso che consideri tutti gli elementi della fattispecie concreta per accertare non solo il danno patrimoniale, ma il ‘danno criminale’ nella sua globalità.

Nel caso specifico, i giudici hanno sottolineato che, al di là del valore intrinseco della bicicletta, la persona offesa aveva subito un ulteriore effetto pregiudizievole: la privazione del mezzo per un apprezzabile lasso di tempo. Questo elemento, unito al contesto del furto, contribuisce a definire l’entità complessiva del danno, escludendo che potesse essere considerato di speciale tenuità. Inoltre, la restituzione della refurtiva è un post factum, un evento successivo alla consumazione del reato, e come tale non può essere utilizzato per valutare la sussistenza dell’attenuante al momento del fatto.

La recidiva e le attenuanti generiche

Anche le doglianze relative alla recidiva e alle attenuanti generiche sono state respinte. La Corte ha ritenuto adeguata la motivazione del giudice di merito, che aveva giustificato l’applicazione della recidiva non solo sulla base dei precedenti penali, ma anche sulla ‘indiscutibile disinvoltura’ dimostrata dall’imputato. Egli, infatti, aveva rubato la bicicletta da una rastrelliera all’interno di un’area ospedaliera sorvegliata, dimostrando una determinazione e una colpevolezza più marcate. Per quanto riguarda le attenuanti generiche, la Corte ha confermato che la loro concessione richiede la presenza di elementi di segno positivo, che nel caso di specie erano del tutto assenti.

Conclusioni

La sentenza n. 4318/2024 rafforza un principio cardine del diritto penale: la valutazione delle circostanze del reato deve essere completa e non frammentaria. L’attenuante del danno di speciale tenuità non è un automatismo legato al basso valore di un oggetto, ma il risultato di un’analisi ponderata che tiene conto di tutte le conseguenze negative della condotta criminale sulla vittima. Questa decisione serve da monito: anche il furto di un bene di modico valore può integrare un danno non tenue se le modalità dell’azione e le ripercussioni sulla persona offesa rivelano una significativa gravità.

Cosa si intende per ‘danno di speciale tenuità’ nel reato di furto?
Non si intende solo il valore economico irrisorio del bene sottratto, ma si richiede una valutazione complessiva del cosiddetto ‘danno criminale’, che include tutti gli elementi della fattispecie e gli effetti pregiudizievoli subiti dalla persona offesa, come la privazione del bene per un certo periodo.

La restituzione del bene rubato incide sulla concessione dell’attenuante del danno di speciale tenuità?
No, la restituzione della refurtiva è considerata un ‘post factum’, ovvero un evento che avviene dopo la consumazione del reato. Pertanto, non è un elemento che può essere valutato per determinare l’esistenza di tale attenuante, la cui sussistenza va verificata al momento della consumazione del reato.

Come può essere giustificata l’applicazione della recidiva da parte di un giudice?
Il giudice può giustificare l’applicazione della recidiva non limitandosi alla mera constatazione della presenza di precedenti penali, ma valutando elementi concreti che dimostrino una maggiore colpevolezza e pericolosità dell’imputato. Nel caso di specie, è stata considerata la ‘disinvoltura’ e la particolare determinazione mostrata nel commettere il furto in un’area sorvegliata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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