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Danno speciale tenuità: Cassazione chiarisce i criteri

Un amministratore è stato condannato per bancarotta fraudolenta per aver distratto beni per circa 1.700 euro. La Corte di Cassazione, pur confermando la sua responsabilità penale, ha annullato la sentenza con rinvio per una nuova valutazione dell’attenuante del danno di speciale tenuità. I giudici hanno stabilito un principio chiave: per concedere l’attenuante, si deve considerare il valore assoluto e intrinseco dei beni sottratti, e non il loro impatto percentuale sulla massa fallimentare, soprattutto quando questa è già esigua.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Danno speciale tenuità: la Cassazione stabilisce il criterio del valore assoluto

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 13199/2024) offre un chiarimento fondamentale sull’applicazione dell’attenuante per danno speciale tenuità nel reato di bancarotta fraudolenta. La Corte ha stabilito che la valutazione del danno non deve basarsi sull’impatto percentuale sulla massa attiva, ma sul valore intrinseco e assoluto dei beni distratti. Questa decisione ha importanti implicazioni pratiche per la determinazione della pena in casi di distrazioni di modesta entità.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda l’amministratore di una società a responsabilità limitata, fallita nel 2015. L’imputato era stato condannato sia in primo grado sia in appello per bancarotta fraudolenta patrimoniale. L’accusa era di aver distratto alcuni beni strumentali della società, per un valore complessivo di circa 1.700 euro.

L’amministratore ha presentato ricorso in Cassazione, articolando tre motivi principali:
1. Erronea applicazione della legge penale, sostenendo che il valore irrisorio dei beni distratti rispetto al presunto patrimonio totale della società escludesse il dolo e l’offensività della condotta.
2. Una questione di legittimità costituzionale sulla pena minima prevista per la bancarotta fraudolenta, ritenuta sproporzionata.
3. Il mancato riconoscimento dell’attenuante speciale del danno di speciale tenuità, proprio in virtù del modesto valore dei beni.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato i primi due motivi di ricorso, ritenendoli inammissibili e infondati. Ha confermato la responsabilità penale dell’imputato, sottolineando che anche la sottrazione di beni di valore modesto può costituire reato se mette in pericolo la garanzia patrimoniale per i creditori, specialmente in un contesto di patrimonio aziendale già esiguo.

Tuttavia, la Corte ha accolto il terzo motivo, relativo all’attenuante del danno speciale tenuità.

Il Principio sul Danno di Speciale Tenuità

Il punto cruciale della sentenza risiede nella corretta interpretazione dell’art. 219, comma 3, della legge fallimentare. La Corte d’Appello aveva negato l’attenuante, ragionando sul fatto che i beni distratti costituivano le uniche componenti attive del patrimonio, rendendo il danno, in termini percentuali, totale.

La Cassazione ha corretto questa impostazione, affermando un principio di diritto consolidato ma qui applicato con grande chiarezza: la valutazione della particolare tenuità del danno deve essere fatta in relazione alla diminuzione globale del patrimonio, ma basandosi sul valore intrinseco e assoluto dei beni sottratti, non sulla loro incidenza percentuale.

In altre parole, se il danno è oggettivamente esiguo (ad esempio, 1.700 euro), deve essere considerato tale a prescindere dal fatto che l’attivo residuo sia pari a zero o a mille.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha motivato la sua decisione spiegando che il danno di cui parla la norma è quello cagionato ai creditori, ossia la diminuzione del patrimonio che sarebbe stato disponibile per soddisfare i loro crediti. Pertanto, è il valore di questa diminuzione che deve essere ‘tenue’, non il suo rapporto con ciò che rimane. L’interpretazione contraria porterebbe alla conseguenza paradossale di negare l’attenuante proprio nei casi di fallimenti con un attivo quasi nullo, dove qualsiasi distrazione, anche minima, avrebbe un impatto percentuale enorme. La valutazione deve quindi concentrarsi sul valore effettivo del bene sottratto alla garanzia dei creditori. La Corte ha quindi annullato la sentenza impugnata limitatamente a questo punto, rinviando il caso ad un’altra sezione della Corte d’Appello per una nuova valutazione.

Le Conclusioni

Questa sentenza riafferma un principio di equità e proporzionalità nella valutazione dei reati fallimentari. Stabilisce che, per l’applicazione dell’attenuante del danno speciale tenuità, i giudici devono guardare al valore assoluto della distrazione e non lasciarsi influenzare da calcoli percentuali che possono risultare fuorvianti, specialmente nelle situazioni di grave dissesto finanziario. La decisione garantisce che la pena possa essere adeguatamente commisurata al disvalore concreto del fatto, anche quando la responsabilità penale per il reato di bancarotta è pienamente accertata.

Come si valuta il ‘danno di speciale tenuità’ nel reato di bancarotta?
La valutazione deve basarsi sul valore intrinseco e assoluto dei beni distratti che diminuiscono il patrimonio a disposizione dei creditori, e non sulla loro incidenza percentuale rispetto alla massa attiva residua.

La sottrazione di beni di valore molto basso può comunque configurare il reato di bancarotta fraudolenta?
Sì. La Corte ha confermato che il reato sussiste anche se il valore dei beni è modesto, qualora la condotta sia idonea a mettere in pericolo, anche solo parzialmente, la garanzia patrimoniale dei creditori, specialmente in un contesto di patrimonio aziendale già esiguo.

È possibile sollevare per la prima volta in Cassazione un vizio di travisamento della prova?
No. In caso di ‘doppia conforme’ (due sentenze di merito con la stessa conclusione), il motivo basato sul travisamento della prova è inammissibile se non è stato specificamente dedotto con l’atto di appello, a meno che il dato probatorio travisato sia stato introdotto per la prima volta nella motivazione della sentenza di secondo grado.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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