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Danno patrimoniale grave: quando si applica l’aggravante

Un amministratore, condannato per bancarotta fraudolenta, ha contestato l’applicazione dell’aggravante per danno patrimoniale grave sostenendo che l’attivo della società fallita superasse il passivo. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo un principio fondamentale: il danno patrimoniale grave si configura in base al valore dei beni sottratti all’attivo fallimentare, poiché tale condotta riduce direttamente le risorse disponibili per i creditori, indipendentemente dal bilancio complessivo finale della procedura.

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Pubblicato il 4 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Danno Patrimoniale Grave: La Cassazione Chiarisce Come si Calcola

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 28009/2024 offre un’importante chiarificazione su come valutare l’aggravante del danno patrimoniale grave nel contesto della bancarotta fraudolenta. La pronuncia stabilisce che la gravità del danno va misurata sul valore effettivo dei beni sottratti alla massa dei creditori, indipendentemente dal rapporto complessivo tra attivo e passivo fallimentare. Analizziamo insieme i dettagli di questa decisione.

I Fatti del Caso: La Dissipazione di Oltre 600.000 Euro

La vicenda processuale riguarda un amministratore delegato di una S.r.l., dichiarata fallita, accusato di bancarotta fraudolenta patrimoniale. L’accusa si fondava sulla dissipazione di circa 642.000 euro, avvenuta tramite finanziamenti ingiustificati erogati a favore di un’altra società controllata, rinunciando di fatto al relativo credito. Questa operazione aveva, secondo l’accusa, svuotato le casse della società poi fallita, danneggiando i suoi creditori.

Dopo una condanna in primo grado e una parziale riforma in appello, la questione era giunta in Cassazione, che aveva annullato la sentenza limitatamente alla valutazione della circostanza aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità, rinviando il caso alla Corte d’Appello per una nuova valutazione.

La Difesa e il Ricorso: Un Attivo Superiore al Passivo?

Il ricorrente, nel nuovo giudizio di Cassazione, ha contestato la conferma dell’aggravante da parte dei giudici del rinvio. La sua linea difensiva si basava su un punto principale: l’attivo fallimentare della società era, secondo una relazione del curatore, significativamente superiore al passivo (circa 6,6 milioni di euro contro 1,5 milioni). Di conseguenza, la sottrazione dei 642.000 euro non avrebbe causato un danno reale ai creditori, i quali avrebbero comunque potuto essere soddisfatti. Secondo la difesa, la Corte d’Appello aveva erroneamente applicato l’aggravante basandosi sul solo dato numerico dell’importo distratto, senza considerare il pregiudizio concreto.

La Valutazione del Danno Patrimoniale Grave Secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha respinto integralmente le argomentazioni del ricorrente, fornendo una lezione chiara su come interpretare l’aggravante del danno patrimoniale grave. I giudici hanno ribadito un principio consolidato: l’entità del danno nei reati fallimentari si commisura al valore complessivo dei beni che sono stati sottratti all’esecuzione concorsuale, e non al pregiudizio sofferto da ogni singolo creditore o al bilancio finale della procedura.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha motivato il rigetto del ricorso sulla base di tre considerazioni chiave. In primo luogo, la sottrazione di una somma così ingente ha indiscutibilmente causato un ‘emungimento determinante’ della massa attiva, riducendo in modo ‘evidente e incisivo’ le risorse disponibili per il soddisfacimento dei creditori. Il danno, quindi, è reale e consiste proprio nella diminuzione del patrimonio su cui i creditori potevano fare affidamento.

In secondo luogo, l’argomento difensivo basato sulla relazione del curatore è stato ritenuto fallace. I dati citati provenivano da una fase iniziale della procedura, quando la massa passiva non era ancora stata completamente formata e non includeva, ad esempio, importanti crediti vantati da dipendenti e istituti di credito. Il ricorrente non ha fornito alcuna prova che, a procedura conclusa, l’attivo sarebbe stato ancora capiente.

Infine, la Corte ha specificato che l’assoluzione del ricorrente dal reato di bancarotta documentale, ottenuta in un precedente grado di giudizio, era irrilevante per la valutazione del danno patrimoniale. Quest’ultimo, infatti, è stato valutato con primario riferimento alla condotta dissipativa e ai suoi effetti diretti sul patrimonio della società.

Conclusioni: Un Principio a Tutela dei Creditori

La sentenza n. 28009/2024 rafforza un principio fondamentale per la tutela dei creditori. Il danno patrimoniale grave in un contesto di bancarotta fraudolenta è un concetto concreto, legato all’azione di depauperamento del patrimonio sociale. Non è possibile ‘compensare’ una condotta distrattiva sostenendo che, nonostante tutto, ‘sarebbero rimasti abbastanza soldi’. La legge protegge l’integrità dell’attivo fallimentare nella sua interezza, e ogni azione che lo diminuisce in modo significativo, come in questo caso, integra l’aggravante, giustificando una risposta sanzionatoria più severa.

Come si calcola il danno patrimoniale grave nella bancarotta fraudolenta?
La sua entità va commisurata al valore complessivo dei beni che sono stati sottratti all’esecuzione concorsuale (cioè ai creditori), piuttosto che al pregiudizio sofferto da ciascun singolo creditore o al rapporto finale tra attivo e passivo del fallimento.

Un attivo fallimentare che sembra superiore al passivo può escludere l’aggravante del danno grave?
No. Secondo la Corte, la sottrazione di risorse finanziarie cospicue costituisce di per sé un danno certo e rilevante, perché riduce in modo considerevole l’attivo disponibile per la soddisfazione dei creditori. L’eventuale eccedenza dell’attivo, inoltre, deve essere provata sulla base dei dati definitivi della procedura e non su stime iniziali e parziali.

L’assoluzione da un altro reato fallimentare (es. bancarotta documentale) influisce sulla valutazione dell’aggravante del danno patrimoniale?
No, la sentenza chiarisce che l’assoluzione per un’altra ipotesi di reato fallimentare non ha un rilievo determinante sulla valutazione dell’aggravante del danno patrimoniale, la quale è legata specificamente agli effetti della condotta di dissipazione accertata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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