Danno di Speciale Tenuità: Oltre il Valore dell’Oggetto Rubato
L’applicazione della circostanza attenuante del danno di speciale tenuità, prevista dall’art. 62 n. 4 del codice penale, rappresenta un tema di costante dibattito nelle aule di giustizia. Questa attenuante permette una riduzione della pena quando il danno patrimoniale causato dal reato è particolarmente lieve. Tuttavia, cosa significa esattamente ‘lieve’? La recente ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione Penale, n. 26334 del 2024, offre un importante chiarimento, ribadendo un principio consolidato: la valutazione non può fermarsi al mero valore economico del bene sottratto.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un uomo condannato per furto. La Corte di Appello, pur escludendo una circostanza aggravante, aveva confermato la sentenza di primo grado, negando il riconoscimento dell’attenuante del danno di speciale tenuità. L’imputato ha quindi proposto ricorso in Cassazione, lamentando un’erronea applicazione della legge penale e vizi di motivazione proprio su questo punto.
La Valutazione del Danno di Speciale Tenuità secondo la Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. Il fulcro della decisione risiede nella corretta interpretazione dei presupposti per l’applicazione dell’art. 62 n. 4 c.p. La Cassazione ha ricordato che, secondo un principio giuridico consolidato (ius receptum), la concessione di tale attenuante richiede che il pregiudizio causato alla vittima sia “lievissimo”, ovvero di valore economico “pressoché irrisorio”.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La motivazione della Corte si basa su un approccio valutativo che va oltre la semplice contabilità. I giudici hanno specificato che la stima del danno non deve considerare unicamente il valore intrinseco della cosa sottratta (‘res’), ma deve estendersi anche agli “ulteriori effetti pregiudizievoli” che la persona offesa ha subito a causa della sottrazione. Questo significa che anche il furto di un oggetto di scarso valore commerciale può causare un danno complessivo non irrisorio, se ad esso si legano conseguenze negative ulteriori per la vittima.
Un altro punto cruciale chiarito dalla Corte è l’irrilevanza della capacità economica della persona offesa. La possibilità che la vittima possa sopportare facilmente la perdita economica non ha alcun peso nella decisione di concedere o meno l’attenuante. Il danno va valutato in termini oggettivi e complessivi. Nel caso di specie, la Corte di merito aveva già correttamente motivato le ragioni per cui il danno cagionato non poteva essere ritenuto irrisorio, e la Cassazione ha ritenuto tale valutazione immune da vizi.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale fondamentale: la valutazione del danno di speciale tenuità è un’operazione complessa che non si esaurisce nel prezzo di mercato del bene. Gli operatori del diritto devono considerare l’impatto complessivo del reato sulla vittima. Per la difesa, ciò significa che per invocare con successo questa attenuante, non basta dimostrare lo scarso valore dell’oggetto, ma è necessario provare che l’intera vicenda non abbia prodotto conseguenze dannose significative per la parte offesa. Per l’accusa, invece, rafforza la possibilità di opporsi all’attenuante evidenziando tutti gli effetti pregiudizievoli, anche non strettamente patrimoniali, derivanti dal reato.
Come viene valutato il ‘danno di speciale tenuità’ in un reato come il furto?
La valutazione non si limita al solo valore economico dell’oggetto rubato, ma deve considerare anche tutti gli ulteriori effetti dannosi che la vittima ha subito a causa della sottrazione. Il pregiudizio complessivo deve risultare ‘pressoché irrisorio’.
La condizione economica della vittima influisce sulla concessione dell’attenuante del danno lieve?
No. Secondo la Corte, la capacità del soggetto passivo di sopportare il danno economico derivante dal reato è del tutto irrilevante ai fini del riconoscimento di questa circostanza attenuante.
Qual è stato l’esito del ricorso esaminato dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché manifestamente infondato. La Corte ha ritenuto che i giudici di merito avessero correttamente escluso che il danno causato fosse irrisorio, confermando così la non applicabilità dell’attenuante.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 26334 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 26334 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/10/2023 della CORTE APPELLO di ANCONA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Rilevato che COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Ancona, che, escludendo la circostanza aggravante di cui all’art. 625 n. 4 cod. pen. e rideterminando la pena, ha confermato nel resto la sentenza del giudice di primo grado, con la quale l’imputato era stato ritenuto responsabile del delitto di furto;
Considerato che il primo ed unico motivo di ricorso, con il quale il ricorrent denunzia erronea applicazione della legge penale e vizi di motivazione in ordine al mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen. è manifestamente infondato, posto che è ius receptum che la concessione dell’attenuante ex art. 62 n. 4 cod. pen. presuppone necessariamente che il pregiudizio cagionato sia lievissimo, ossia di valore economico pressoché irrisorio, avendo riguardo non solo al valore in sé della cosa sottratta, ma anche agli ulterio effetti pregiudizievoli che la persona offesa abbia subìto in conseguenza della sottrazione della “res”, senza che rilevi, invece, la capacità del soggetto passivo sopportare il danno economico derivante dal reato (Sez. 4, n. 6635 del 19/01/2017, Rv. 269241). Nel caso dì specie, come ben chiarito dalla Corte di merito a pag. 5 del provvedimento impugnato, il danno cagionato non può ritenersi irrisorio;
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 13 giugno 2024 Il co gliere estensore
Il Presidente