Danno di speciale tenuità: conta anche il danneggiamento accessorio
L’applicazione della circostanza attenuante del danno di speciale tenuità, prevista dall’articolo 62, comma 4, del codice penale, è uno strumento che permette di mitigare la sanzione penale quando il pregiudizio economico causato alla vittima è di entità minima. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 9080/2024) ha ribadito un principio fondamentale: la valutazione di tale tenuità deve essere complessiva e non limitata al solo valore del bene sottratto.
I Fatti del Caso
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un individuo condannato in primo e secondo grado per il reato di furto aggravato. La Corte d’Appello aveva già parzialmente riformato la prima sentenza, escludendo l’aumento di pena per la recidiva, ma aveva confermato la condanna. L’imputato ha quindi proposto ricorso per Cassazione, lamentando unicamente la mancata concessione dell’attenuante del danno di speciale tenuità.
La Decisione della Corte di Cassazione sul Danno di Speciale Tenuità
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione dei giudici di merito. Il punto centrale della decisione risiede nell’interpretazione dei requisiti necessari per l’applicazione della citata attenuante. I giudici hanno chiarito che il concetto di ‘danno’ non si esaurisce nel valore economico della cosa sottratta, ma deve includere tutti gli effetti pregiudizievoli subiti dalla persona offesa a causa del reato.
Le Motivazioni della Corte
La motivazione della Corte si fonda su un principio consolidato in giurisprudenza. Per poter riconoscere l’attenuante, il pregiudizio cagionato deve essere ‘lievissimo’, ovvero di valore economico ‘pressoché irrisorio’. Nel caso di specie, l’imputato, per commettere il furto, aveva anche danneggiato il distributore automatico da cui aveva prelevato i beni. Questo ulteriore danneggiamento, sebbene non quantificato nel dettaglio, si somma al valore della merce sottratta, portando il pregiudizio complessivo al di fuori della soglia della ‘speciale tenuità’.
La Corte ha specificato che la condotta dell’imputato ha determinato un danno che va oltre la semplice sottrazione. Di conseguenza, i giudici di appello hanno correttamente escluso l’attenuante, con una motivazione logica e priva di vizi. Il ricorso in Cassazione, limitandosi a riproporre una doglianza già congruamente respinta, è stato quindi ritenuto inammissibile.
Conclusioni
Questa pronuncia rafforza un importante insegnamento: la valutazione del danno di speciale tenuità è globale. Chi commette un reato contro il patrimonio, come un furto, non può sperare in uno sconto di pena basato sul basso valore della refurtiva se la sua azione ha comportato altri danni accessori, come la rottura di una serratura, di un vetro o, come in questo caso, di un distributore. La legge tutela il patrimonio della vittima nella sua interezza, e ogni lesione, anche indiretta, deve essere presa in considerazione dal giudice per valutare la gravità complessiva del fatto.
Quando si può applicare l’attenuante per danno di speciale tenuità?
Questa attenuante si applica solo quando il pregiudizio economico complessivo causato alla vittima del reato è considerato lievissimo, ossia di valore quasi irrisorio. La valutazione deve tenere conto di tutte le conseguenze negative del reato.
Il danneggiamento di un bene per commettere un furto impedisce il riconoscimento del danno di speciale tenuità?
Sì. Secondo la sentenza, anche un danno accessorio, come la rottura di un distributore automatico per sottrarne il contenuto, si somma al valore dei beni rubati. Se questo danno complessivo non è più ‘irrisorio’, l’attenuante non può essere concessa.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione si limita a ripetere le stesse argomentazioni già respinte in appello?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. La Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito, ma un giudice di legittimità. Riproporre le stesse questioni già valutate e motivatamente respinte dalla Corte d’Appello non costituisce un valido motivo di ricorso.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9080 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9080 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a MONZA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 26/05/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
Rilevato che COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza con cui la Corte d’appello di Bologna, in parziale riforma della pronuncia resa dal Tribunale in sede, ne ha confermato la condanna per il reato di furto aggravato, tuttavia rideterminando l’entità del trattamento sanzionatorio irrogato, a fronte dell’esclusione dell’aumento per la recidiva;
Ritenuto che l’unico motivo di ricorso, che denuncia vizi di motivazione in ordine alla mancata applicazione della circostanza attenuante di cui all’art. 62 co. 4 c.p., è inammissibile in questa sede in quanto reiterativo di doglianza già prospettata in sede di appello ed ivi congruamente disattesa; i giudici dell’appello, con motivazione esente da vizi logico-argomentativi, rilevato che, a prescindere dall’entità della somma sottratta, la condotta posta in essere dall’imputato ha determinato anche il danneggiamento del distributore, hanno applicato il consolidato principio in base al quale la concessione della circostanza attenuante del danno di speciale tenuità presuppone necessariamente che il pregiudizio cagionato sia lievissimo, ossia di valore economico pressoché irrisorio, avendo riguardo non solo al valore in sé della cosa sottratta, ma anche agli ulteriori effet pregiudizievoli che la persona offesa abbia subìto in conseguenza del reato (Sez. 2, n. 5049 del 22/12/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280615);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila a favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 18 gennaio 2024.