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Danno di speciale tenuità: no se c’è altro danno

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per furto aggravato. La richiesta di applicare l’attenuante per danno di speciale tenuità è stata respinta perché, oltre al valore della merce sottratta, l’imputato aveva causato un danno ulteriore al distributore, impedendo così di qualificare il pregiudizio complessivo come ‘lievissimo’.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Danno di speciale tenuità: conta anche il danneggiamento accessorio

L’applicazione della circostanza attenuante del danno di speciale tenuità, prevista dall’articolo 62, comma 4, del codice penale, è uno strumento che permette di mitigare la sanzione penale quando il pregiudizio economico causato alla vittima è di entità minima. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 9080/2024) ha ribadito un principio fondamentale: la valutazione di tale tenuità deve essere complessiva e non limitata al solo valore del bene sottratto.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un individuo condannato in primo e secondo grado per il reato di furto aggravato. La Corte d’Appello aveva già parzialmente riformato la prima sentenza, escludendo l’aumento di pena per la recidiva, ma aveva confermato la condanna. L’imputato ha quindi proposto ricorso per Cassazione, lamentando unicamente la mancata concessione dell’attenuante del danno di speciale tenuità.

La Decisione della Corte di Cassazione sul Danno di Speciale Tenuità

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione dei giudici di merito. Il punto centrale della decisione risiede nell’interpretazione dei requisiti necessari per l’applicazione della citata attenuante. I giudici hanno chiarito che il concetto di ‘danno’ non si esaurisce nel valore economico della cosa sottratta, ma deve includere tutti gli effetti pregiudizievoli subiti dalla persona offesa a causa del reato.

Le Motivazioni della Corte

La motivazione della Corte si fonda su un principio consolidato in giurisprudenza. Per poter riconoscere l’attenuante, il pregiudizio cagionato deve essere ‘lievissimo’, ovvero di valore economico ‘pressoché irrisorio’. Nel caso di specie, l’imputato, per commettere il furto, aveva anche danneggiato il distributore automatico da cui aveva prelevato i beni. Questo ulteriore danneggiamento, sebbene non quantificato nel dettaglio, si somma al valore della merce sottratta, portando il pregiudizio complessivo al di fuori della soglia della ‘speciale tenuità’.

La Corte ha specificato che la condotta dell’imputato ha determinato un danno che va oltre la semplice sottrazione. Di conseguenza, i giudici di appello hanno correttamente escluso l’attenuante, con una motivazione logica e priva di vizi. Il ricorso in Cassazione, limitandosi a riproporre una doglianza già congruamente respinta, è stato quindi ritenuto inammissibile.

Conclusioni

Questa pronuncia rafforza un importante insegnamento: la valutazione del danno di speciale tenuità è globale. Chi commette un reato contro il patrimonio, come un furto, non può sperare in uno sconto di pena basato sul basso valore della refurtiva se la sua azione ha comportato altri danni accessori, come la rottura di una serratura, di un vetro o, come in questo caso, di un distributore. La legge tutela il patrimonio della vittima nella sua interezza, e ogni lesione, anche indiretta, deve essere presa in considerazione dal giudice per valutare la gravità complessiva del fatto.

Quando si può applicare l’attenuante per danno di speciale tenuità?
Questa attenuante si applica solo quando il pregiudizio economico complessivo causato alla vittima del reato è considerato lievissimo, ossia di valore quasi irrisorio. La valutazione deve tenere conto di tutte le conseguenze negative del reato.

Il danneggiamento di un bene per commettere un furto impedisce il riconoscimento del danno di speciale tenuità?
Sì. Secondo la sentenza, anche un danno accessorio, come la rottura di un distributore automatico per sottrarne il contenuto, si somma al valore dei beni rubati. Se questo danno complessivo non è più ‘irrisorio’, l’attenuante non può essere concessa.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione si limita a ripetere le stesse argomentazioni già respinte in appello?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. La Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito, ma un giudice di legittimità. Riproporre le stesse questioni già valutate e motivatamente respinte dalla Corte d’Appello non costituisce un valido motivo di ricorso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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