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Danno di speciale tenuità: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di condanna per bancarotta fraudolenta, chiarendo un principio fondamentale: l’attenuante per danno di speciale tenuità non va calcolata sull’ammontare totale dei debiti dell’azienda fallita, ma sul danno specifico causato dalla condotta illecita dell’amministratore. La Corte d’Appello aveva negato l’attenuante basandosi genericamente sull’ingente passivo fallimentare, un ragionamento ritenuto errato e carente di motivazione dalla Suprema Corte, che ha rinviato il caso per un nuovo giudizio.

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Pubblicato il 5 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Danno di Speciale Tenuità: la Cassazione Spiega Come Valutarlo

Nel contesto dei reati fallimentari, la valutazione del danno di speciale tenuità rappresenta un momento cruciale che può influenzare significativamente l’esito del processo penale. Con una recente sentenza, la Corte di Cassazione è tornata a fare chiarezza su questo tema, annullando una decisione di merito che aveva applicato un criterio di valutazione errato. La pronuncia ribadisce un principio fondamentale: il danno non va commisurato al dissesto generale dell’impresa, ma alla specifica condotta illecita contestata.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dalla condanna di un amministratore unico di una società a responsabilità limitata, dichiarata fallita. L’imputato era stato ritenuto colpevole di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, documentale e impropria. La Corte di Appello aveva confermato la condanna, negando però il riconoscimento dell’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità, prevista dall’articolo 219 della Legge Fallimentare.

La difesa dell’imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando un vizio di motivazione e una violazione di legge. Il punto centrale del ricorso era proprio il mancato riconoscimento dell’attenuante, che la Corte territoriale aveva escluso sulla base di una considerazione generica: l’ammontare complessivo del passivo fallimentare era “assai significativo”.

L’Attenuante e il Criterio del Danno di Speciale Tenuità

L’attenuante del danno di speciale tenuità è una circostanza che consente una riduzione della pena quando il pregiudizio economico arrecato ai creditori è di modesta entità. La questione giuridica fondamentale, risolta dalla Cassazione, riguarda il parametro da utilizzare per questa valutazione.

Ci si deve basare sull’entità complessiva del dissesto finanziario della società (il passivo fallimentare) o sulla diminuzione patrimoniale direttamente causata dalla singola condotta criminosa (ad esempio, il valore dei beni distratti)? La Suprema Corte non ha dubbi e conferma il suo orientamento consolidato.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Gli Ermellini hanno riaffermato che il giudizio sull’attenuante deve essere posto in relazione “alla diminuzione globale che il comportamento del fallito ha provocato alla massa attiva che sarebbe stata disponibile per il riparto ove non si fossero verificati gli illeciti”.

In altre parole, il focus deve essere sull’impatto della condotta illecita, non sul fallimento nel suo complesso. Il danno da considerare è quello cagionato dal reato e non quello derivante dal passivo fallimentare. Questo principio, sottolinea la Corte, si applica a tutte le forme di bancarotta, inclusa quella documentale, per la quale il danno va valutato in relazione all’impossibilità di ricostruire la situazione contabile e di esercitare azioni a tutela dei creditori.

Le Motivazioni

La motivazione della sentenza di appello è stata giudicata lacunosa e insufficiente. I giudici di secondo grado si erano limitati a osservare, in modo laconico, che lo stato passivo della società era “assai significativo al momento del fallimento”. Questa affermazione generica, secondo la Cassazione, non costituisce una motivazione adeguata, specialmente a fronte di uno specifico motivo di appello supportato da produzione documentale che contestava la sussistenza di un danno rilevante per i creditori.

La Corte Suprema ha censurato questo approccio, evidenziando come il giudice di merito non abbia fatto “buon governo” dei principi giurisprudenziali consolidati, omettendo di analizzare in concreto l’incidenza della condotta dell’imputato sul patrimonio destinato a soddisfare i creditori.

Le Conclusioni

La sentenza rappresenta un importante promemoria per i giudici di merito sulla necessità di una motivazione specifica e puntuale quando si decide sull’applicazione dell’attenuante del danno di speciale tenuità. Non è sufficiente un generico riferimento all’entità del passivo fallimentare per escludere il beneficio. È invece indispensabile un’analisi dettagliata, che isoli il danno direttamente riconducibile alla condotta criminosa e lo valuti in sé, a prescindere dall’entità del dissesto generale. Annullando con rinvio la sentenza, la Cassazione ha imposto alla Corte d’Appello di riesaminare il caso, colmando la lacuna motivazionale e attenendosi scrupolosamente a questo principio di diritto.

Come si valuta l’attenuante del danno di speciale tenuità nella bancarotta?
Si valuta in relazione alla diminuzione patrimoniale causata specificamente dalla condotta illecita (es. l’importo distratto) e non in base all’entità totale del passivo fallimentare.

La motivazione di un giudice di appello può essere generica nel negare questa attenuante?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che una motivazione laconica, che fa riferimento solo al “significativo stato passivo”, è insufficiente e costituisce un vizio di motivazione che porta all’annullamento della sentenza.

Questo principio si applica anche alla bancarotta documentale?
Sì. La Corte ribadisce che il principio si applica a tutte le fattispecie di bancarotta, inclusa quella documentale, dove il danno va valutato in relazione all’impossibilità di ricostruire il patrimonio e di esercitare le azioni a tutela dei creditori, causata dall’occultamento dei libri contabili.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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