Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 24266 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 24266 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a LIVORNO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/02/2025 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Esaminato il ricorso proposto avverso la sentenza del 20 febbraio 2025, con la quale la Corte di appello di Firenze confermava la decisione impugnata, con cui NOME COGNOME era stato condannato alla pena di due anni e quattro mesi di reclusione, per i reati di cui ai capi A e B, commessi a Livorno il 15 dicembre 2021.
Esaminate, inoltre, le memorie difensive depositate nell’interesse del ricorrente dall’AVV_NOTAIO, datate 19 maggio 2025.
Ritenuto che gli elementi probatori evidenziavano che, nel caso di specie, si era verificato un vero e proprio incendio all’interno dell’abitazione dove NOME COGNOME viveva con la madre, NOME COGNOME, che assumeva connotazioni di diffusività, che investivano le abitazioni confinanti – come riferito dai vicini di casa NOME COGNOME e NOME COGNOME -, che non consentivano di prefigurare la fattispecie di cui all’art. 424 cod. pen., in linea con quanto affermato da questa Corte, secondo cui: «II reato di danneggiamento seguito da incendio richiede, come elemento costitutivo, il sorgere di un pericolo di incendio, sicché non è ravvisabile qualora il fuoco appiccato abbia caratteristiche tali che da esso non possa sorgere detto pericolo per cui, in questa eventualità o in quella nella quale chi, nell’appiccare il fuoco alla cosa altrui al solo scopo di danneggiarla, raggiunge l’intento senza cagionare né un incendio né il pericolo di un incendio, è configurabile il reato di danneggiamento, mentre se detto pericolo sorge o se segue l’incendio, il delitto contro il patrimonio diventa più propriamente un delitto contro la pubblica incolumità e trovano applicazione, rispettivamente, gli articoli 423 e 424 cod. pen.» (Sez. 2, n. 47415 del 17/10/2014, COGNOME, Rv. 260832 – 01).
Ritenuto che il giudizio di equivalenza circostanziale censurato dalla difesa del ricorrente – che non consentiva di ritenere le attenuanti generiche prevalenti sulle contestate aggravanti – teneva conto della giovane età del ricorrente e che, in ogni caso, tale bilanciamento può essere censurato in sede di legittimità, soltanto laddove costituisca il risultato di un valutazione dosimetrica arbitraria o di un ragionamento illogico e non anche quando la soluzione adottata rappresenti l’espressione del potere discrezionale del giudice di merito, atteso che, come affermato da questa Corte, le statuizioni «relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione […]» (Sez. 2, n. 31543 del 08/06/2017, Pennelli, Rv. 270450 – 01).
Per queste ragioni, il ricorso proposto da NOME COGNOME deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi
dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso il 5 giugno 2025.