Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 3365 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 3365 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MESSINA il 07/06/1974
avverso l’ordinanza del 29/07/2024 del TRIB. LIBERTA’ di MESSINA Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette la requisitoria e le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale COGNOME che ha chiesto rigettarsi il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Va premesso che la Corte di cassazione, Sezione Sesta, con la sentenza n. 30305 del 2024, annullava con rinvio la condanna di NOME COGNOME limitatamente al trattamento sanzionatorio, trasmettendo gli atti alla Corte di appello di Messina.
Nel corso del giudizio rescissorio COGNOME aveva chiesto alla Corte peloritana di dichiarare l’inefficacia della misura cautelare della custodia in carcere per decorrenza dei termini.
La Corte di appello di Messina il 7 giugno 2024 rigettava l’istanza.
Il Tribunale del riesame di Messina, in funzione di giudice dell’impugnazione ex art. 310 cod. proc. pen., con l’ordinanza emessa il 29 luglio 2024 rigettava l’appello proposto da NOME COGNOME
È incontestato che NOME sia stato condannato in primo grado per associazione per delinquere di stampo mafioso e plurimi delitti fine aggravati, quali quelli di estorsione, sentenza per tali delitti confermata dalla Corte di appello di Messina, alla quale seguiva il richiamato annullamento con rinvio quanto al solo trattamento sanzionatorio.
NOME inoltre, risulta detenuto per questa causa dal 29 giugno 2016, data di notifica della ordinanza genetica.
Il ricorso per cassazione proposto nell’interesse di NOME COGNOME consta di un unico articolato motivo, enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Il motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 299, 303, comma 4, 304 comma 6, cod. proc. pen.
Lamenta il ricorrente che il Tribunale del riesame sarebbe incorso nel medesimo errore compiuto dalla Corte di appello procedente, non avendo considerato che per il caso di regressione del procedimento a seguito di annullamento con rinvio, ai sensi dell’art. 303, comma 2, cod. proc. pen., debbano essere considerati – ai fini del termine massimo di cui all’art. 304, comma 6, cod. proc. pen. – non solo i termini omogenei ma anche quelli disomogenei, cioè relativi alle altre fasi, in ragione della sentenza n. 299 del 2005 della Corte costituzionale.
Deduce il ricorrente che l’ordinanza impugnata non avrebbe operato la valutazione in ordine al termine massimo di fase, pari al doppio di quello di anni uno e mesi sei di reclusione, come anche che, pur valutando i termini complessivi massimi di anni sei, il Tribunale del riesame sarebbe incorso in errore, in quanto gli stessi sarebbero già scaduti il 29 giugno 2022.
Il ricorso, depositato dopo il 30 giugno 2024, è stato trattato senza l’intervento delle parti, ai sensi del rinnovato art. 611 cod. proc. pen., come modificato dal d.lgs. n. 150 del 2022 e successive integrazioni.
Il Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME COGNOME ha concluso per il rigetto del ricorso, rappresentando che nel caso in cui, nel giudizio di cassazione, la responsabilità penale sia definitivamente accertata, venendo il processo annullato con rinvio solo quoad
poenam, trovano applicazione esclusivamente i termini di custodia cautelare massimi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Come correttamente osservato dalla Procura generale, nel caso in esame – di doppia conforme quanto alla responsabilità dell’imputato – trova applicazione l’art. 303, comma 1, lett. d), cod. proc. pen. che prevede che la custodia cautelare perde efficacia se « dalla pronuncia della sentenza di condanna in grado di appello o dalla sopravvenuta esecuzione della custodia sono decorsi gli stessi termini previsti dalla lettera c), senza che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile di condanna, salve le ipotesi di cui alla lettera b), numero 3bis). Tuttavia, se vi è stata condanna in primo grado, ovvero se la impugnazione è stata proposta esclusivamente dal pubblico ministero, si applica soltanto la disposizione del comma 4», che riguarda i termini complessivi di custodia cautelare.
Di rilievo nel caso in esame è la seconda parte della norma ora richiamata, che riguarda il decorso del termine dopo la sentenza di appello conforme a quella di primo grado quanto alla responsabilità dell’imputato.
Tale parte della norma rinvia al comma 4 dello stesso art. 303 che riguarda esclusivamente i termini complessivi e non quelli di fase e, infatti, recita: «La durata complessiva della custodia cautelare, considerate anche le proroghe previste dall’articolo 305, non può superare i seguenti termini: c) sei anni, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a venti anni».
Nel caso in esame è intervenuta una cd. doppia conforme nel merito, quanto alla responsabilità, divenuta irrevocabile sul punto, essendo l’annullamento con rinvio da parte della Corte di cassazione relativo al solo trattamento sanzionatorio.
La norma ora richiamata prevede che, se la sentenza di condanna in appello (indicata nella prima parte della lett. d), sia stata preceduta da una sentenza di condanna in primo grado (determinandosi così la cd. doppia conforme) o sia stata solo impugnata dal pubblico ministero (così determinandosi il giudicato quanto al reato costituente titolo cautelare), l’unico termine da prendere in considerazione sia quello complessivo dell’art. 303, comma 4, e non più i termini di fase.
Nel caso che interessa, il giudicato sulla responsabilità dell’imputato in ordine ai titoli cautelari si è già consolidato con l’annullamento con rinvio limitato al solo
trattamento sanzionatorio, sicché deve trovare applicazione solo la seconda parte della disposizione ora in esame.
In sostanza, la disciplina prende atto della preclusione di ogni ulteriore impugnazione sulla responsabilità, dunque della sua intangibilità, e attribuisce rilievo ai soli termini complessivi, parametrati sulla pena massima prevista per i reati accertati.
L’esclusione della rilevanza dei termini di fase, per un verso rende non pertinente la doglianza del ricorrente che si concentra sul tema della regressione del processo e sui suoi effetti, con la necessità del cumulo di fasi eterogenee e non solo omogenee, a seguito del citato intervento della Corte costituzionale: evidentemente tale criterio di calcolo non opera in caso di doppia conforme irrevocabile quanto alla responsabilità.
Per altro verso, l’irrevocabilità quanto alla responsabilità, relativamente al titolo cautelare, e la rilevanza del solo termine complessivo e non dei termini di fase, richiede applicarsi l’art. 304, comma 6, cod. proc. pen. nella sua seconda parte, che regola proprio il termine massimo complessivo dell’art. 303, comma 4, richiamato dall’art. 303, comma 1, lett. d): l’inefficacia della misura cautelare interviene solo nel caso in cui venga superato lo stesso termine complessivo aumentato della metà.
Nel caso in esame, quindi, essendo l’imputato condannato per la partecipazione qualificata al delitto di associazione di stampo mafioso armata, secondo la valutazione non contestata dei Collegi di merito, la pena supera i venti anni di reclusione, cosicché il termine complessivo massimo è quello di sei anni ex art. 303, comma 4, lett. c), cod. proc. pen.
Tale termine, ai sensi dell’art. 304, comma 6, cod. proc. pen. può essere aumentato fino alla metà ed è, dunque, pari ad anni nove, cosicchè corretta è la valutazione operata dal Tribunale del riesame: iniziata la custodia cautelare il 29 giugno 2016, il termine finale massimo risulta quello del 28 giugno 2025.
A ben vedere tale interpretazione risulta consolidata, in relazione all’annullamento con rinvio per il solo trattamento sanzionatorio, in quanto allorché l’annullamento non riguarda l’affermazione di responsabilità, tale statuizione assume autorità di cosa giudicata e, in tal caso, si è in presenza di una pronunzia d’appello irrevocabile nel suo nucleo centrale, che riguarda l’imputazione del fatto e la sua qualificazione giuridica.
L’esclusione della rilevanza dei termini di fase trova, quindi, una razionale giustificazione in una situazione come quella in esame, che prevede una minor tutela del favor libertatis, a fronte di una sentenza intangibile sulla responsabilità penale.
Pertanto, non essendovi timore che il giudizio di responsabilità possa essere controvertito, nel prosieguo è giustificata la protrazione della custodia cautelare conseguente all’applicazione del più ampio termine previsto dalla norma di cui si discute (in questi termini Sez. 4, n. 17037 del 14/02/2008, COGNOME, Rv. 239609 01).
Tale orientamento si è poi consolidato ulteriormente, affermandosi il principio per cui, nell’ipotesi in cui il giudice di legittimità abbia disposto l’annullamento con rinvio, limitatamente al trattamento sanzionatorio, deve ritenersi che si sia formato il giudicato sull’affermazione di responsabilità dell’imputato, con la conseguenza che i termini di custodia cautelare cui deve farsi riferimento sono, ai sensi dell’art. 303, comma 1, lett. d), seconda parte, cod. proc. pen., quelli stabiliti per la durata massima delle misure cautelari dal quarto comma dello stesso articolo, e non invece quelli di fase rapportati alla pena in concreto irrogata (Sez. 2, n. 45095 del 04/07/2017, Assinnata, Rv. 272260 – 01: in motivazione tale pronuncia richiama quali casi di annullamento con rinvio, disposti unicamente quanto alla determinazione del trattamento sanzionatorio, Sez. VI, n. 4971 del 15/1/2009, Rv. 242915, e Sez. II, n. 8846 del 12/2/2014, Rv. 259068; nel medesimo senso, con riguardo a casi di annullamento con rinvio disposti unicamente quanto all’esclusione di una circostanza aggravante, Sez. IV, n. 10674 del 19/2/2013, Rv. 254940, e Sez. VI, n. 273 del 5/11/2013, dep. 2014, Rv. 257769, con più ampia disamina).
A fronte della individuazione di tale termine massimo, la difesa allo stato non contesta l’esistenza di ragioni di sospensione, che sono indicate nella scheda ex art. 165-bis disp. att. cod. proc. pen. come pari a complessivi 1248 giorni, con il che i termini custodiali andrebbero a scadere il 28 novembre 2025 (si tratta di giorni 850 per la sospensione del termine per complessità in primo grado, dal 18 dicembre 2017 al 16 aprile 2020, ex art. 304, comma 2; in secondo grado dal 10 giugno 2021 al 14 aprile 2022; oltre 90 giorni per il deposito della sentenza di appello ex art. 304, comma 1, lett. c) cod. proc. pen.).
Tale soglia del 28 novembre 2025 non può essere raggiunta, proprio per l’esistenza del limite massimo di anni nove, in caso di sospensioni, e il termine, nonostante la maggiore ampiezza delle sospensioni, va quindi retrodatato al 28 giugno 2025.
Pertanto, comunque, il motivo è infondato.
Va quindi ribadito il principio per cui nel caso in cui il giudice di legittimità abbia disposto l’annullamento con rinvio limitatamente al trattamento sanzionatorio, deve ritenersi che sia irrevocabile l’affermazione di responsabilità dell’imputato a prescindere dalle statuizioni del giudice in sede rescissoria, sicché
i termini di custodia cautelare cui deve farsi riferimento sono, ai sensi dell’art. 303, comma primo, lett. d), seconda parte, cod. proc. pen., quelli stabiliti per la durata massima delle misure cautelari dal quarto comma dello stesso articolo e non invece quelli di fase rapportati alla pena in concreto irrogata.
Ne consegue il complessivo rigetto del ricorso, con condanna alle spese processuali del ricorrente.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 -ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in data 14/11/2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente