Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 11246 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 11246 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 04/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a Cuneo il 23/12/1980 avverso l’ordinanza del 11/12/2024 del Tribunale di Torino; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Torino ha respinto l’appello di COGNOME NOME avverso l’ordinanza del Giudice dell’udienza preliminare di Asti che aveva negato la sostituzione della custodia cautelare in carcere con gli arresti domiciliari, anche con il dispositivo di controllo a distanza, ritenendo questi ultimi inadeguati a prevenire il rischio di recidiva.
La decisione si basa sulla valutazione di adeguatezza della sola misura carceraria, già statuita con provvedimento confermato da questa Corte, desunta dal numero impressionante (oltre 60 da dicembre 2022 a luglio 2023) di furti commess i in varie province piemontesi, posti in essere nell’ambito di un’associazione per delinquere organizzata e promossa proprio dall’Audisio, ritenuti la sua principale attività e fonte di sostentamento, essendo lo stesso nelle
more stato condannato in primo grado a otto anni e quattro mesi di reclusione per detti reati, oltre che per ricettazione e falsificazione di targhe.
L’inaffidabilità del ricorrente, nonostante la mancata violazione della misura degli arresti domiciliari, temporaneamente disposta nel corso del presente procedimento, era dimostrata anche dalla commissione di molti dei reati durante la sorveglianza speciale, ritenuto segno di mancato rispetto delle pretese contenitive dello Stato, oltre che dai precedenti penali per tentato furto, porto il legale d’armi e ricettazione.
Il provvedimento impugnato ha rammentato come il solo decorso del tempo non fosse da solo sintomatico del mutamento delle esigenze cautelari, tanto più in rapporto alla ragguardevole pena irrogata, nelle more, al ricorrente. Ed ha evidenziato, ancora, l’irrilevanza dell’attenuazione delle misure disposte nei confronti di altri coimputati, giustificata dal diverso pericolo di recidiva che, per ognuno di essi, in base all’entità del contributo alla realizzazione degli illeciti, era stato ritenuto.
Il Tribunale, infine, ha rimarcato che neppure l’adozione dello strumento di controllo elettronico a distanza potrebbe garantire la salvaguardia delle dette esigenze cautelari, in ragione delle concrete modalità della condotta posta in e ssere dall’Audisio .
Nell’interesse di NOME COGNOME è stato proposto ricorso a questa Corte, denunciando l’erronea applicazione degli articoli 274, lett. c), e 299 cod. proc. pen. e la manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione dell’ordinanza.
Si contesta la valutazione di adeguatezza della sola custodia cautelare in carcere, che non avrebbe tenuto conto degli elementi successivi all’ordinanza del Tribunale del Riesame del 24/10/2023, applicativa della misura carceraria.
In particolare, il Tribunale avrebbe fatto confusione sull’indirizzo indicato per l’eventuale esecuzione degli arresti domiciliari, ovvero INDIRIZZO a Magliano Alpi, con quello dedotto in precedenza, INDIRIZZO, che era stato ritenuto inadeguato, in quanto sede dell’associazione a delinquere promossa e organizzata dal ricorrente e luogo in cui era stato collocato agli arresti domiciliari il figlio del ricorrente e coimputato, NOME COGNOME.
La custodia cautelare in carcere, definita, con sentenza di questa Corte del 14/2/2024, “di breve durata”, non potrebbe più definirsi attualmente tale.
La commissione dei reati durante la sorveglianza speciale, indicata nel provvedimento impugnato quale elemento ostativo, non sarebbe, in realtà, tale. La sorveglianza speciale non sarebbe paragonabile agli arresti domiciliari, in quanto la prima avrebbe potuto essere agevolmente elusa al fine di commettere i
reati, tanto più che la permanenza in casa era da essa imposta solo la notte, a differenza della seconda, specie se accompagnata dal dispositivo di controllo a distanza, che elideva in radice la possibilità della reiterazione dei reati.
Secondo parte ricorrente, il Tribunale non spiegherebbe, poi, perché solo la custodia in carcere garantirebbe la salvaguardia dal rischio di recidiva, ragionando in modo congetturale laddove rimarca che l’omessa violazione delle prescrizioni durante il periodo di arresti domiciliari non garantirebbe analogo risultato per il futuro.
Infine, si deduce che non vi sarebbero ragioni per giustificare la misura più gravosa nei confronti del solo NOME COGNOME rispetto a quelle adottate nei riguardi degli altri coimputati, pur condannati a pene non indifferenti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, per diversi profili inammissibile, è nel complesso infondato.
In tema di misure cautelari personali, in sede di legittimità ci si deve limitare a verificare se i giudici di merito abbiano dato adeguato conto in modo logico e conforme a diritto, oltre alle ragioni che hanno indotto ad affermare, a carico dell’indagato, ex art. 292 cod. proc. pen., la gravità del quadro indiziario, anche la sussistenza delle esigenze cautelari in rapporto alla pericolosità dell’inter essato e la adeguatezza della misura adottata a fronteggiarle (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Rv. 215828-01; confronta pure, ex multis , Sez. 3, n. 7268 del 24/01/2019, Rv. 275851-01).
Ne consegue che è inammissibile il controllo su quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Rv. 215828-01; si vedano anche ex multis , Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, Rv. 276976 -01; Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, Rv. 255460 -01; Sez. 1, n. 28291 del 24/06/2020, non massimata; Sez. 1, n. 22287 del 24/06/2020, non massimata), esulando dal controllo di legittimità anche l’apprezzamento della pericolosità dell’indagato e della adeguatezza della misura, giudizio riservato al detto giudice di merito, incensurabile nel giudizio di legittimità, se congruamente e logicamente motivato (Sez. 3, n. 7268 del 24/01/2019, Rv. 275851-01; Sez. 6, n. 17314 del 20/04/2011, Rv. 250093-01; Sez. 6, n. 2852 del 02/10/1998, Rv. 211755-01).
Nel caso di specie, non è stato, anzitutto, il Tribunale collegiale, bensì il
Giudice per le indagini preliminari, ad aver fatto confusione sugli indirizzi presso cui il ricorrente ha chiesto di essere collocato. Dunque, il Tribunale ha certamente tenuto conto della indicazione di un diverso indirizzo presso cui eventualmente collocare oggi agli arresti domiciliari l’istante e non sussiste alcun travisamento al riguardo, non avendo in ogni caso su tale argomento basato la propria decisione il provvedimento impugnato.
Per il resto, la motivazione anzidetta è priva di vizi, sicché non può essere qui censurata.
In estrema sintesi, il Tribunale rammenta:
-la condanna in primo grado a otto anni e quattro mesi di reclusione dell’Audisio;
-la sua veste di promotore e organizzatore di un’associazione a delinquere finalizzata alla commissione di furti in abitazione;
-il numero impressionante dei reati fine attribuitigli, oltre 60 da dicembre 2022 a luglio 2023;
-la commissione di molti dei reati durante la sorveglianza speciale, segno di refrattarietà al rispetto delle misure impostegli;
-l’irrilevanza de l solo decorso del tempo, tanto più in rapporto alla ragguardevole pena irrogata;
-l’irrilevanza dell’attenuazione delle misure disposte nei confronti di altri coimputati, giustificata dal diverso contributo agli illeciti fornito;
-l’inadeguatezza dello strumento di controllo elettronico a distanza al fine di garantire la salvaguardia delle dette esigenze cautelari, in ragione delle concrete modalità della condotta e, dunque, del suo ruolo di organizzatore dell’associazione .
Trattasi, si ripete, di argomenti che parte ricorrente si limita ad evidenziare di non condividere, ma non certo illogici, men che meno manifestamente tali, o contraddittori o carenti, incensurabili in questa sede.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., alla declaratoria di rigetto segue la condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
Trattandosi di provvedimento da cui non consegue la rimessione in libertà del detenuto, una sua copia va trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario perché provveda a quanto stabilito dal comma 1bis dell’art. 94 disp. att. cod. proc. pen. (ai sensi del comma 1-ter del medesimo articolo).
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1ter , disp. att. cod. proc. pen.
Così è deciso, 04/03/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME