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Custodia cautelare padre: salute figlio non basta

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un detenuto che chiedeva gli arresti domiciliari per assistere il figlio e la moglie malati. La sentenza chiarisce che la disciplina di favore per la custodia cautelare del padre si applica solo in caso di assoluta impossibilità della madre di provvedere ai figli, condizione non riscontrata nel caso di specie. Pertanto, è stata confermata la detenzione in carcere in virtù della presunzione di pericolosità legata al reato contestato.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Custodia Cautelare del Padre: Quando la Salute dei Familiari Non Basta per gli Arresti Domiciliari

La normativa sulla custodia cautelare del padre di un figlio minore rappresenta un punto di delicato equilibrio tra le esigenze di giustizia e la tutela dei legami familiari. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti sui presupposti necessari per sostituire il carcere con gli arresti domiciliari, sottolineando come le condizioni di salute dei familiari non siano automaticamente sufficienti. Analizziamo insieme questa decisione per comprendere meglio i criteri applicati dai giudici.

I Fatti di Causa

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un uomo, sottoposto a custodia cautelare in carcere, che aveva richiesto la sostituzione della misura con gli arresti domiciliari. La richiesta si fondava su due principali motivi familiari:

1. Le condizioni di salute del figlio minore, affetto da diabete mellito, una patologia che richiedeva cure costanti e potenzialmente in ambito ospedaliero.
2. Le condizioni di salute della moglie, affetta da psoriasi con polientesite, che necessitava di terapie settimanali con possibili effetti collaterali.

Secondo la difesa, questa situazione familiare integrava i presupposti dell’art. 275, comma 4, del codice di procedura penale, che prevede un regime di favore per il padre detenuto in presenza di figli minori di sei anni, qualora la madre sia impossibilitata a prestare assistenza. Il Tribunale del riesame, tuttavia, aveva respinto la richiesta, ritenendo che le patologie descritte non fossero tali da configurare un’assoluta incapacità della madre di accudire il figlio.

La Disciplina della Custodia Cautelare Padre e la Decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso infondato, confermando la decisione del Tribunale del riesame. La sentenza si basa su una rigorosa interpretazione della legge, distinguendo nettamente tra la valutazione dei fatti, di competenza dei giudici di merito, e il controllo di legittimità, proprio della Cassazione.

I giudici hanno stabilito che la valutazione delle condizioni di salute dei familiari del ricorrente e della capacità della madre di prendersi cura del figlio è una questione di merito. Il Tribunale aveva correttamente analizzato i dati oggettivi, tra cui il fatto che la donna svolgeva regolarmente un’attività lavorativa come bracciante agricola, a riprova della sua piena capacità fisica. Di conseguenza, non è stata ravvisata quella “assoluta impossibilità” richiesta dalla norma per far scattare il divieto di custodia cautelare in carcere.

La Persistenza delle Esigenze Cautelari

Una volta esclusa l’applicabilità della norma di favore, la Corte ha sottolineato come rimanga pienamente operante la cosiddetta “doppia presunzione” prevista dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. Essendo il ricorrente accusato di un reato grave (art. 74 D.P.R. 309/1990, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti), la legge presume sia la sussistenza di esigenze cautelari sia l’adeguatezza della sola misura carceraria.

La difesa aveva anche sostenuto che il tempo trascorso dai fatti (risalenti al 2021-2022) e il periodo di detenzione già sofferto avessero affievolito il pericolo di reiterazione del reato. Anche questa argomentazione è stata respinta, in quanto considerata una mera riproposizione di questioni di fatto, non supportata da elementi nuovi e concreti capaci di superare la presunzione di pericolosità.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Suprema Corte si concentrano su due pilastri fondamentali. In primo luogo, il rigido perimetro del giudizio di legittimità: la Cassazione non può riesaminare il merito dei fatti, ma solo verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. Il Tribunale del riesame aveva fornito una motivazione coerente e basata su elementi oggettivi (come l’attività lavorativa della madre) per escludere l’impossibilità di assistenza al minore, e tale valutazione non è sindacabile in sede di legittimità.

In secondo luogo, la Corte ribadisce la natura eccezionale della deroga al regime ordinario della custodia cautelare. La norma a tutela della genitorialità non si attiva in presenza di qualsiasi difficoltà familiare, ma solo di fronte a un’impossibilità oggettiva e assoluta dell’altro genitore. In assenza di tale presupposto, prevalgono le esigenze cautelari, specialmente quando la legge stessa le presume per reati di elevata gravità.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un principio chiave in materia di custodia cautelare del padre: per ottenere la sostituzione della detenzione in carcere con gli arresti domiciliari non è sufficiente dimostrare l’esistenza di patologie a carico del figlio o del partner, ma è necessario provare in modo inequivocabile che l’altro genitore sia assolutamente impossibilitato a prendersi cura della prole. La decisione riafferma la distinzione tra le difficoltà, anche serie, della vita familiare e l’impedimento assoluto richiesto dalla legge, mantenendo un approccio rigoroso nella valutazione delle esigenze cautelari per i reati più gravi.

Quando un padre con un figlio minore di sei anni può ottenere gli arresti domiciliari invece del carcere?
Secondo la sentenza, ciò è possibile solo se viene dimostrata l’assoluta impossibilità della madre di prestare assistenza al figlio e, al contempo, non sussistono esigenze cautelari di eccezionale rilevanza che impongano la detenzione in carcere.

Le condizioni di salute di un familiare sono sempre sufficienti a giustificare la scarcerazione del padre detenuto?
No. La decisione chiarisce che le patologie devono essere di una gravità tale da determinare una totale incapacità dell’altro genitore a provvedere al minore. Una condizione di salute che consente comunque di svolgere un’attività lavorativa, come nel caso di specie, è stata ritenuta indicativa di una capacità residua di assistenza.

Il tempo trascorso dal reato attenua automaticamente la necessità della custodia in carcere?
No, non automaticamente. Per i reati gravi per cui vige una presunzione di pericolosità, spetta alla difesa fornire elementi concreti e nuovi che dimostrino il venir meno delle esigenze cautelari. La semplice affermazione che i legami criminali siano stati recisi non è sufficiente a superare tale presunzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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