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Custodia Cautelare: la motivazione deve essere logica

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza che disponeva la custodia cautelare in carcere per un imputato che aveva commesso un reato mentre era già ai domiciliari. La decisione è stata annullata perché il Tribunale del Riesame aveva giustificato la misura più grave basandosi su una supposizione non provata riguardo alla provenienza del denaro offerto come risarcimento alle vittime, violando il principio di necessaria e logica motivazione dei provvedimenti restrittivi della libertà personale.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Custodia Cautelare: Quando una Motivazione Illogica Porta all’Annullamento

L’applicazione della custodia cautelare in carcere rappresenta la più grave limitazione della libertà personale prima di una condanna definitiva. Proprio per questo, la legge e la giurisprudenza impongono ai giudici un obbligo di motivazione particolarmente rigoroso. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 44326/2024) ribadisce questo principio fondamentale, annullando un’ordinanza proprio a causa di un’argomentazione illogica e non supportata da prove. Analizziamo insieme il caso per comprendere meglio i confini del potere decisionale del giudice in questa materia così delicata.

I Fatti del Caso

Il protagonista della vicenda è un soggetto che si trovava già in regime di detenzione domiciliare sostitutiva. Durante un orario in cui era stato autorizzato a svolgere attività lavorativa, commetteva un nuovo reato. A seguito di ciò, il Tribunale del Riesame, accogliendo l’appello del Pubblico Ministero, riformava una precedente decisione del GIP e disponeva nei suoi confronti la misura della custodia cautelare in carcere.

I Motivi del Ricorso e la scelta della Custodia Cautelare

La difesa dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando un vizio di motivazione. Secondo il ricorrente, il Tribunale aveva erroneamente aggravato la misura, passando dai domiciliari al carcere, senza valutare adeguatamente alcuni elementi cruciali. In particolare, si contestava:

* La mancata considerazione della resipiscenza (pentimento) dimostrata dall’imputato, il quale aveva offerto una somma di denaro a titolo di risarcimento alle vittime.
* L’omessa spiegazione del perché gli arresti domiciliari con braccialetto elettronico non fossero ritenuti una misura sufficiente a contenere il pericolo di reiterazione del reato.

Il Tribunale del Riesame, infatti, aveva liquidato l’offerta di risarcimento affermando che l’imputato non avesse giustificato la provenienza della somma, insinuando che potesse derivare da ambienti malavitosi e che ciò confermasse la persistenza dei suoi contatti criminali.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza e rinviando il caso per un nuovo esame al Tribunale del Riesame. Se da un lato la Corte ha riconosciuto la legittimità della necessità di una misura cautelare, data la gravità della condotta (un reato commesso mentre si era già sottoposti a una misura restrittiva), ha però censurato duramente il ragionamento seguito dal Tribunale per giustificare la scelta del carcere.

Le Motivazioni

Il punto centrale della decisione della Cassazione risiede nella critica alla motivazione del Tribunale del Riesame. I giudici supremi hanno definito “apodittico e non chiarito” il passaggio in cui si escludeva la rilevanza del pentimento dell’indagato. Affermare, senza alcuna prova o riscontro, che il denaro per il risarcimento provenisse da “ambienti malavitosi” è una mera supposizione, non un’argomentazione giuridica. Un provvedimento che limita la libertà personale non può fondarsi su sospetti non verificati. La Corte ha sottolineato che, specialmente quando si deve scegliere tra diverse misure cautelari, il giudice ha l’obbligo di valutare tutti gli elementi a disposizione, inclusi i comportamenti post-delictum dell’indagato, e di fornire una spiegazione logica e concreta per le sue conclusioni. L’affermazione del Tribunale, essendo priva di riscontri fattuali, si è tradotta in un vizio di illogicità manifesta della motivazione.

Le Conclusioni

Questa sentenza riafferma un principio cardine dello stato di diritto: ogni restrizione della libertà personale deve essere supportata da una motivazione solida, logica e basata su elementi concreti. Le supposizioni, le congetture o le affermazioni non provate non possono giustificare l’applicazione della custodia cautelare in carcere, la più afflittiva delle misure. Il caso dovrà ora essere riesaminato da un altro collegio, che dovrà valutare la posizione dell’indagato in modo più rigoroso, spiegando con argomenti fattuali e logici perché una misura meno grave, come i domiciliari con braccialetto elettronico, non sia sufficiente a tutelare le esigenze di sicurezza della collettività.

Perché è stata annullata l’ordinanza di custodia cautelare in carcere?
L’ordinanza è stata annullata perché la motivazione del Tribunale del Riesame era illogica e basata su un’affermazione non provata. Il giudice aveva ipotizzato che il denaro offerto come risarcimento provenisse da ambienti criminali senza alcun riscontro, rendendo la sua decisione viziata.

Il pentimento e il risarcimento del danno possono influenzare la scelta della misura cautelare?
Sì. La condotta successiva al reato, come il pentimento (resipiscenza) e il risarcimento del danno alle vittime, deve essere valutata dal giudice. Sebbene non garantisca automaticamente una misura meno grave, il giudice deve spiegare con una motivazione logica perché tale condotta non sia ritenuta sufficiente a dimostrare un cambiamento e a ridurre il rischio di reiterazione del reato.

Cosa significa che una motivazione è ‘apodittica e non chiarita’?
Significa che il giudice presenta la sua conclusione come una verità auto-evidente, senza fornire le ragioni logiche e le prove concrete che la supportano. È un’affermazione data per certa ma priva di una vera e propria spiegazione, il che costituisce un difetto della motivazione del provvedimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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