Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 10785 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 10785 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a Partanna il 16/01/1965;
avverso l’ordinanza del Tribunale di Palermo del 13/11/2024;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni rassegnate ai sensi dell’art. 611, comma 1, cod. proc. pen., dal Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
letta la memoria di replica dell’avv. NOME COGNOME il quale ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la ordinanza in epigrafe il Tribunale di Palermo, investito dell’appello ex art. 310 cod. proc. pen., proposto dal Procuratore generale presso la Corte di appello di Palermo, ha annullato l’ordinanza resa il giorno 14 ottobre 2024 dalla stessa Corte di appello – in seno al dispositivo di sentenza resa in pari data – di scarcerazione per decorrenza dei termini massimi di custodia cautelare di NOME COGNOME (ininterrottamente detenuto dal 19 aprile 2018), disponendo, per l’effetto, il ripristino nei confronti del predetto imputato della misura cautelare della custodia in carcere.
1.1. In particolare, il giudice dell’appello cautelare ha evidenziato che NOME COGNOME con la sentenza sopra richiamata resa in sede di giudizio di rinvio, è stato riconosciuto colpevole del delitto di cui all’art. 416-bis cod. pen. (commesso nell’arco temporale tra il 1996 ed il 22 settembre 2017, con esclusione dell’aggravante prevista dal sesto comma di tale disposizione) e condannato alla pena di anni dieci di reclusione, con la contestuale scarcerazione per decorrenza dei termini massimi della custodia cautelare a suo tempo applicata nei suoi confronti.
1.2. Ciò posto, il Tribunale di Palermo ha osservato che, nel caso di specie, il termine massimo di durata era quello di anni sei ex art. 303, comma 4 lett. c) del codice di rito, a cui dovevano sommarsi le varie sospensioni disposte nel corso dei vari gradi – sino al massimo di anni nove ai sensi del secondo comma dell’art. 304 cod. proc. pen. – che ammontavano a conn less .vi 826 giorni e che impedivano il decorso del sopra indicato di talché l’ordinanza impugnata andava annullata con il conseguente ripristino della misura cautelare. ann
Avverso la citata ordinanza NOME COGNOME per mezzo dell’avv. NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, di seguito riprodotti nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen., insistendo per suo annullamento.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., l’erronea applicazione e la violazione degli artt. 125, 310 e 586 del codice di rito poiché l’appello è stato proposto avverso una
ordinanza priva di motivazione (contenendo solo un richiamo all’art. 303, comma 4, cod. proc. pen.) e senza attendere le motivazioni della sentenza della Corte del rinvio.
2.2. Con il secondo motivo l’imputato deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., l’inosservanza ed erronea interpretazione del citato art. 303 poiché, ai fini della determinazione del calcolo dei termini massimi della custodia cautelare, si deve tenere conto della pena inflitta in concreto e non già di quella edittale, con la conseguenza che nel caso in esame doveva trovare applicazione la previsione contenuta nella lettera b) del comma 4 della disposizione sopra richiamata.
2.3. Con il terzo motivo NOME COGNOME censura, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., l’inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 303, non essendo applicabili al caso in esame le proroghe di cui al comma 6 di detto articolo.
Il procedimento si è svolto in modalità cartolare per la mancata richiesta, nei termini di legge, di trattazione in presenza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.
Con riferimento al primo motivo deve ricordarsi che, secondo il condivisibile orientamento prevalente nella giurisprudenza di legittimità, ai sensi dell’art. 586 cod. proc. pen., comma 3, deve ammettersi l’immediata impugnabilità, ex artt. 309 e 310 cod. proc. pen., delle ordinanze in materia di libertà personale anche quando queste – come avvenuto nel caso in esame – siano pronunziate contestualmente alla sentenza o addirittura materialmente in essa contenute: e ciò sia perché i rimedi del riesame e dell’appello dinanzi al Tribunale della libertà sono esperibili contro tutti i provvedimenti adottati da qualsiasi giudice in materia di misure cautelari personali nella fase delle indagini preliminari e in quelle successive, sia in considerazione dell’autonomia concettuale del procedimento incidentale “de libertate” da quello avente ad oggetto la decisione sul merito dell’impugnazione GLYPH (cfr., GLYPH tra GLYPH le GLYPH altre, GLYPH Sez. 5, n. 18779 del 12/01/2015,
Rv. 263621 – 01; Sez. 1, n. 5639, del 21/12/1993, Rv. 196389; Sez. 1, n. 5536 del 24/10/1996, Rv. 206042; Sez. 1, n. 2588 del 07/05/1998, Rv. 210790; Sez. 1, n. 14110 del 01/04/1992, Rv. 190231).
2.1. Inoltre, a conferma di quanto sopra esposto, va ricordato che l’art. 306 del codice di rito prevede che, nel caso in cui le misure cautelari perdano efficacia secondo le norme contenute nel Titolo I del Libro IV, cod. proc. pen., in cui è ricompresa la perdita di efficacia prevista dall’art. 300 cod. proc. pen., comma 3, quando, in qualsiasi grado del processo, è pronunciata sentenza di condanna a pena condizionalmente sospesa, i provvedimenti con cui viene disposta la liberazione della persona sottoposta alla misura e la cessazione delle altre misure cautelari x sono adottati con ordinanza. Ne consegue che anche nel caso in cui la cessazione di efficacia della misura cautelare personale sia disposta nel corpo di una sentenza di condanna dell’imputato a pena sottoposta a sospensione condizionale, la relativa statuizione debba considerarsi adottata con ordinanza, contenuta nella stessa sentenza e, in quanto tale, autonomamente ed immediatamente impugnabile innanzi al Tribunale del riesame.
2.2. Deve, pertanto, ribadirsi il principio di diritto secondo cui è ammissibile l’impugnazione del pubblico ministero innanzi al Tribunale del riesame, avente ad oggetto il provvedimento con cui, all’esito del giudizio di merito, viene disposta la cessazione di efficacia della misura cautelare in esecuzione, ai sensi dell’art. 532, comma 2, cod. proc. pen., pur se contenuto nel corpo della sentenza di condanna, trattandosi di provvedimento in materia di libertà personale concettualmente autonomo rispetto alla sentenza in cui è contenuto.
Infondato è anche il secondo motivo considerato che, ai fini del computo del termine di durata massima della custodia cautelare di cui all’art. 304, comma 6, cod. proc. pen., occorre fare esclusivo riferimento alla pena edittale prevista dalla legge per il reato contestato o per il quale vi è stata condanna, a nulla rilevando la misura della pena inflitta in concreto come, invece, sostenuto dal ricorrente (tra le altre: Sez. 6, n. 12993 del 19/02/2020, Rv. 279029 – 01).
Analogamente, risulta privo di pregio anche l’ultimo motivo poiché il Tribunale di Palermo non ha preso in considerazione le proroghe di cui all’art. 305 del codice di rito, ma bensì i periodi di sospensione a norma del secondo comma dell’art.304 cod. proc. pen. e nel rispetto del limite massimo di anni nove,
applicabile alla fattispecie, determinato dal comma 6 della medesima disposizione. Per completezza si osserva che il ricorrente non contesta la correttezza del calcolo dei periodi di sospensione (per complessivi 826 giorni) effettuato dal Tribunale di Palermo.
In conclusione, il ricorso deve essere respinto con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali; la cancelleria curerà gli adempimenti di cui all’art. 28 Reg. es. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 Reg. esec. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il 20 febbraio 2025.