LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Cumulo pene: annullato per vizio di motivazione

Un condannato ha impugnato un provvedimento di cumulo pene che ne estendeva la detenzione. Durante il procedimento, il PM ha emesso un secondo provvedimento sostitutivo. Il giudice dell’esecuzione ha erroneamente dichiarato inammissibile l’impugnazione perché rivolta al primo atto, ormai superato. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, stabilendo che il giudice avrebbe dovuto esaminare anche il secondo provvedimento, dato che la difesa aveva esteso le proprie contestazioni in udienza. La decisione è stata cassata per vizio di motivazione.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 24 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Cumulo pene: quando il giudice non può ignorare gli sviluppi del processo

La corretta determinazione del cumulo pene è un momento cruciale nella fase di esecuzione di una condanna. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. N. 24903/2025) ha ribadito un principio fondamentale: il giudice dell’esecuzione deve valutare la situazione processuale nel suo complesso, includendo anche i provvedimenti emessi dal Pubblico Ministero nel corso del giudizio, se questi vengono contestati dalla difesa. Vediamo nel dettaglio cosa è successo.

I fatti del caso

Un condannato, tramite i suoi difensori, presentava un incidente di esecuzione per contestare un provvedimento di determinazione di pene concorrenti emesso dal Pubblico Ministero (PM). Questo atto aveva notevolmente posticipato la data di fine pena. Il problema si complica quando, nelle more del procedimento, il PM emette un secondo provvedimento di cumulo pene, che sostituisce integralmente il primo. Pur modificando alcuni calcoli, questo nuovo atto confermava la stessa, sfavorevole, data di fine pena.

Durante l’udienza davanti al Giudice dell’Esecuzione, la difesa si opponeva espressamente anche a questo secondo provvedimento, estendendo ad esso le censure già mosse contro il primo.

La decisione del Giudice dell’Esecuzione

Nonostante l’estensione delle doglianze da parte della difesa, il Giudice dell’Esecuzione dichiarava inammissibile l’istanza. La sua motivazione si basava su un presupposto formale: l’impugnazione era stata originariamente presentata contro il primo provvedimento del PM, che nel frattempo era stato “superato” e sostituito dal secondo. Secondo il giudice, le contestazioni erano quindi diventate irrilevanti.

Il ricorso in Cassazione e l’analisi del vizio di motivazione

La difesa ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando un grave vizio di motivazione. I tre motivi principali del ricorso erano:

1. Mancata pronuncia sul secondo provvedimento: Il giudice non si era espresso sulle contestazioni relative al nuovo decreto di cumulo pene del PM, nonostante la richiesta esplicita della difesa in udienza.
2. Violazione del giudicato: Si sosteneva che il PM non potesse emettere un nuovo provvedimento in assenza di fatti nuovi, poiché la posizione giuridica del condannato era già stata definita da precedenti decisioni.
3. Carenza di motivazione: Il giudice aveva liquidato le complesse questioni giuridiche sollevate con un’affermazione generica e apodittica, senza entrare nel merito.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Gli Ermellini hanno sottolineato come dal verbale d’udienza emergesse in modo inequivocabile che la difesa aveva esteso le proprie contestazioni al nuovo provvedimento emesso dal PM. Di conseguenza, l’oggetto del procedimento esecutivo si era evoluto, includendo anche il secondo atto.

Il Giudice dell’Esecuzione, ignorando questo sviluppo, ha emesso una decisione con una “motivazione solo apparente”. Si è limitato a una constatazione formale (la sostituzione del primo atto), senza affrontare le questioni sostanziali sollevate dalla difesa, che erano ancora pienamente pertinenti. Un provvedimento è solo apparentemente motivato quando, pur contenendo una parvenza di argomentazione, non fornisce una reale risposta alle specifiche censure sollevate dalle parti. In pratica, è una motivazione che non motiva.

Conclusioni

La sentenza in esame riafferma un principio di giustizia sostanziale: il processo deve adattarsi alla realtà dei fatti. Se l’oggetto della controversia cambia, il giudice ha il dovere di adeguare la sua valutazione e di rispondere a tutte le questioni sollevate. Dichiarare un ricorso inammissibile su basi puramente formali, ignorando le richieste esplicite delle parti su nuovi atti rilevanti, costituisce un vizio di motivazione che porta all’annullamento della decisione. La Corte ha quindi annullato l’ordinanza e ha disposto il rinvio per un nuovo giudizio, che dovrà finalmente entrare nel merito della legittimità del cumulo pene applicato al condannato.

Se il PM emette un nuovo provvedimento di cumulo pene durante un incidente di esecuzione, il ricorso originario si estende ad esso?
Sì, a condizione che la difesa estenda esplicitamente le proprie doglianze al nuovo provvedimento durante l’udienza. In tal caso, l’oggetto del giudizio si amplia e il giudice è tenuto a pronunciarsi anche sul nuovo atto.

Un giudice può dichiarare inammissibile un ricorso perché l’atto impugnato è stato sostituito da un altro?
No, se le contestazioni sono state estese al nuovo atto. Farlo equivarrebbe a un diniego di giustizia e configurerebbe un vizio di motivazione, poiché il giudice non affronterebbe le questioni giuridiche sostanziali che sono ancora oggetto del contendere.

Cosa si intende per “decisione solo apparentemente motivata”?
Significa che la motivazione fornita dal giudice è superficiale, generica o non pertinente alle specifiche questioni sollevate nel ricorso. Anche se formalmente esiste una motivazione, essa non svolge la sua funzione di spiegare le ragioni logico-giuridiche della decisione, rendendo il provvedimento invalido.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati