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Critica politica: Cassazione assolve per diffamazione

Un cittadino era stato condannato per diffamazione per aver definito “assassini” e “maledetti” gli amministratori comunali in un post su Facebook. La Corte di Cassazione ha annullato la condanna, stabilendo che, nel contesto della critica politica, l’uso di un linguaggio aspro e iperbolico è ammissibile se funzionale a sottolineare la gravità di un problema di interesse pubblico e non si traduce in un attacco personale gratuito. La Corte ha ritenuto che il fatto non costituisce reato, rientrando nell’esercizio del diritto di critica.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Critica Politica e Linguaggio Forte: Quando Non è Diffamazione

La libertà di espressione rappresenta uno dei pilastri delle società democratiche, ma dove si traccia il confine tra una critica legittima e una diffamazione punibile? Una recente sentenza della Corte di Cassazione fa luce su questo delicato equilibrio, specialmente nell’ambito della critica politica espressa sui social media. La Corte ha stabilito che l’uso di un linguaggio aspro e persino iperbolico può rientrare nei limiti del diritto di critica, a patto che sia funzionale a un dibattito di interesse pubblico e non degeneri in un attacco personale gratuito.

I Fatti del Caso: un Post su Facebook Contro l’Amministrazione Comunale

Il caso trae origine da un post pubblicato su Facebook da un cittadino, nel quale venivano mosse aspre critiche all’operato del sindaco e della giunta comunale di una nota località turistica. L’autore del post lamentava il degrado urbano causato, a suo dire, da un’eccessiva presenza di pullman turistici. Nel suo messaggio, il cittadino utilizzava espressioni molto forti, definendo gli amministratori “assassini” e “maledetti”. Per queste affermazioni, veniva condannato in primo grado e in appello per il reato di diffamazione aggravata.

Il Diritto di Critica Politica e i Suoi Limiti

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo di aver agito nell’esercizio del suo diritto di critica politica. Secondo la difesa, le sue parole, sebbene dure, erano strettamente legate a questioni di interesse pubblico – la salute e il benessere della comunità cittadina – e miravano a esprimere una ferma disapprovazione per le scelte amministrative, senza scadere in aggressioni ad hominem.

La giurisprudenza, sia nazionale che europea, riconosce che la critica, essendo un’opinione soggettiva, non può essere rigorosamente obiettiva. Tuttavia, per essere legittima, deve rispettare alcuni limiti:

1. Rilevanza sociale: L’argomento trattato deve essere di interesse pubblico.
2. Verità del nucleo fattuale: La critica deve basarsi su un nucleo di fatti veri.
3. Continenza espressiva: Le espressioni usate non devono trascendere in gratuite aggressioni alla sfera morale altrui.

Tuttavia, proprio il limite della continenza viene interpretato con maggiore elasticità quando si tratta di critica politica, dove il dibattito può assumere toni più accesi e persino provocatori.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando la sentenza di condanna. I giudici hanno operato una distinzione fondamentale tra i termini utilizzati. Il termine “maledetti”, secondo la Corte, ha perso nel linguaggio comune una reale carica offensiva, riducendosi a una mera espressione di rancore o imprecazione penalmente irrilevante.

Ben più complessa è stata l’analisi del termine “assassini”. Pur riconoscendone l’astratta gravità, la Corte ha sottolineato la necessità di valutarlo nel suo contesto specifico. Era evidente che l’imputato non intendeva accusare gli amministratori di omicidio. Il termine è stato utilizzato in senso iperbolico e provocatorio, con la funzione di rafforzare la critica e sottolineare la gravità percepita dei fatti denunciati (il degrado della città). La Corte ha affermato che, soprattutto nell’ambito del dibattito politico e della censura verso chi ricopre cariche pubbliche, la critica può assumere forme aspre. Di conseguenza, l’uso di tale espressione, per quanto forte, non ha superato i limiti della continenza, rimanendo nell’alveo del legittimo esercizio del diritto di critica.

Le conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale per la vitalità del dibattito democratico: la critica politica gode di una tutela rafforzata. Chi ricopre cariche pubbliche è esposto a un controllo più severo da parte dei cittadini, e ciò include la possibilità di ricevere critiche formulate con un linguaggio pungente e provocatorio. La decisione della Cassazione chiarisce che il giudice, nel valutare un’accusa di diffamazione, deve andare oltre il significato letterale delle parole e analizzare il contesto generale, l’intento dell’autore e la natura del dibattito in cui si inseriscono. Un’espressione iperbolica, se usata per stimolare una discussione su temi di pubblico interesse, non è automaticamente una diffamazione, ma può rappresentare una legittima, seppur accesa, manifestazione del pensiero.

Quando un’offesa sui social network è scusata dal diritto di critica politica?
Secondo la sentenza, un’offesa può essere scusata quando si inserisce in un contesto di critica politica, si basa su un nucleo di fatti veri e, pur utilizzando un linguaggio aspro o iperbolico, è funzionale a manifestare dissenso su temi di interesse pubblico senza trascendere in gratuiti attacchi personali.

L’uso di parole come “assassini” è sempre diffamazione?
No, non sempre. La Corte ha chiarito che il contesto è decisivo. Se il termine è utilizzato in senso figurato e iperbolico per sottolineare la gravità di un problema in un dibattito politico, e non come un’accusa letterale di omicidio, può non costituire reato, rientrando nei limiti della critica consentita.

Quali sono i limiti del diritto di critica?
I limiti principali sono la rilevanza sociale dell’argomento, la correttezza dell’espressione (continenza) e il fatto che la critica non sia avulsa da un nucleo di verità. Tuttavia, la sentenza specifica che nell’ambito politico il limite della continenza è più flessibile e tollera forme di espressione anche aspre e provocatorie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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