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Credito procedura di prevenzione: la prova rafforzata

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19468/2025, ha stabilito che in una procedura di prevenzione, il creditore di una società confiscata deve fornire una prova rigorosa del suo diritto. In particolare, il credito procedura di prevenzione deve basarsi su un atto con data certa anteriore al sequestro. Le semplici annotazioni contabili, anche se presenti nei bilanci approvati dall’amministratore giudiziario, non sono considerate sufficienti a vincere la terzietà dell’amministrazione e a dimostrare l’esistenza del credito.

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Pubblicato il 4 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Credito Procedura di Prevenzione: La Prova Non Ammette Scorciatoie

Quando un’azienda finisce sotto sequestro nell’ambito di una misura di prevenzione, i suoi creditori si trovano di fronte a un percorso a ostacoli per recuperare quanto loro dovuto. Un credito in una procedura di prevenzione non può essere provato con le stesse regole del diritto civile. La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, ribadisce un principio fondamentale: le scritture contabili, da sole, non bastano. È necessaria una prova più solida, come un atto con data certa anteriore al sequestro.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda una società di consulenza che aveva concesso un finanziamento nel 2008 a un’altra società, della quale era anche socia. Successivamente, la società debitrice è stata sottoposta a confisca di prevenzione, in quanto ritenuta riconducibile a un soggetto considerato socialmente pericoloso. La società creditrice ha quindi presentato opposizione al diniego di ammissione del suo credito allo stato passivo della procedura. A suo dire, il credito era provato dalla sua costante iscrizione nei bilanci della società debitrice sin dal 2008, anche in quelli approvati dall’amministratore giudiziario dopo il sequestro.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando la decisione del Tribunale. I giudici hanno chiarito che la disciplina prevista dal Codice Antimafia (d.lgs. n. 159/2011) per la verifica dei crediti è speciale e deroga alle norme civilistiche ordinarie. L’amministrazione giudiziaria è considerata ‘terza’ rispetto ai rapporti pregressi dell’impresa sequestrata. Di conseguenza, le regole sulla prova dei crediti sono molto più stringenti per tutelare l’interesse pubblico a non vanificare gli effetti della confisca.

Le Motivazioni: la terzietà dell’amministrazione giudiziaria e l’onere della prova

Le motivazioni della Corte si fondano su un pilastro concettuale: la netta separazione tra la gestione dell’impresa prima e dopo il sequestro. L’amministratore giudiziario non subentra semplicemente nella posizione del proposto, ma agisce come un organo terzo, con il compito di accertare la reale consistenza del patrimonio e dei debiti.

Per questo motivo, la norma dell’art. 2709 del codice civile, che attribuisce efficacia probatoria alle scritture contabili tra imprenditori, non si applica nei confronti dell’amministrazione. Quest’ultima, infatti, non è un ‘successore’ dell’imprenditore ma un soggetto terzo che agisce per conto dello Stato. La legge impone al creditore che voglia far valere un credito nella procedura di prevenzione di dimostrare due elementi essenziali:

1. L’anteriorità del credito: Il diritto deve essere sorto prima del sequestro e tale anteriorità deve essere provata tramite un atto con ‘data certa’ (art. 52, comma 1, d.lgs. 159/2011).
2. La buona fede: Il creditore deve dimostrare di non essere stato a conoscenza della strumentalità del rapporto rispetto all’attività illecita del proposto.

La Corte ha specificato che anche l’approvazione dei bilanci da parte dell’amministratore giudiziario, che riportino il debito in questione, è irrilevante. L’amministratore non ha il potere di ‘riconoscere’ debiti pregressi al di fuori della specifica procedura di verifica giudiziale. Il suo compito è gestire l’azienda, non validare ex post posizioni creditorie incerte.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

La sentenza consolida un orientamento rigoroso a tutela delle procedure di prevenzione patrimoniale. Chi vanta un credito verso un’impresa a rischio di misure di prevenzione deve agire con la massima cautela, formalizzando i propri diritti con strumenti che garantiscano la ‘data certa’, come atti notarili, scritture private autenticate o registrate. Affidarsi esclusivamente alle registrazioni contabili interne si rivela una scelta perdente. Questa pronuncia serve da monito per tutti gli operatori economici: la prova di un credito in una procedura di prevenzione richiede formalismo e trasparenza, perché l’onere di dimostrare la totale estraneità del rapporto alla sfera di illegalità del proposto grava interamente sul creditore.

Le scritture contabili di un’impresa sotto sequestro fanno prova del credito di un terzo?
No, in una procedura di prevenzione le scritture contabili dell’impresa, anche se regolarmente tenute, non costituiscono prova sufficiente del credito nei confronti dell’amministrazione giudiziaria, che è considerata un soggetto terzo rispetto ai rapporti pregressi.

Quale prova deve fornire un creditore per l’ammissione al passivo in una procedura di prevenzione?
Il creditore deve dimostrare che il suo diritto si fonda su un atto avente data certa anteriore al sequestro. Inoltre, a seconda dei casi, potrebbe essere tenuto a provare la propria buona fede e che il rapporto non era strumentale all’attività illecita del proposto.

L’approvazione dei bilanci da parte dell’amministratore giudiziario può sanare la mancanza di prova di un credito pregresso?
No, l’approvazione di bilanci che riportano debiti sorti prima del sequestro non equivale a un riconoscimento di tali debiti. L’amministratore giudiziario non ha il potere di riconoscere crediti al di fuori della procedura di verifica prevista dalla legge, poiché non può disporre delle poste soggettive pregresse.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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