Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 5981 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 5981 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE
avverso il decreto del 5 aprile 2023 del Tribunale di Reggio Calabria;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; sentita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
letta la memoria depositata il 12 dicembre 2023 dall’AVV_NOTAIO, nell’interesse della ricorrente RAGIONE_SOCIALE in replica alle conclusioni rassegnate dal Procuratore generale;
RITENUTO IN FATTO
Con decreto n. 19/2014 del 31 marzo 2014, emesso nel procedimento n. 35/2014 RMP nei confronti di COGNOME NOME, il Tribunale di Reggio Calabria
disponeva, tra l’altro, quale misura di prevenzione, il sequestro del capitale sociale e dell’intero patrimonio aziendale della società RAGIONE_SOCIALE, confermando, quali amministratori giudiziari, l’AVV_NOTAIO e il ci:NOME COGNOME, già nominati all’esito del pregresso sequestro preventivo disposto il 30 luglio 2012.
Introdotto il procedimento liquidatori° e accertata la consistenza dell’attivo, la RAGIONE_SOCIALE chiedeva l’ammissione in prededuzione dei seguenti crediti: 1) euro 376.736,94 per scopertura di conto corrente ordinario n. 102041975; 2) euro 1.010.304.50 per scopertura di conto corrente ordinario n. 400334972 di cui euro 85.304,50 in dipendenza dell’elasticità di cassa di euro 70.000 accordata sul medesimo conto corrente ed euro 925.000 derivanti dalla fideiussione in favore di RAGIONE_SOCIALE e dal pagamento effettuato da RAGIONE_SOCIALE in data 12.2.2016, parzialmente garantiti da titoli offerti in pegno.
Acquisite le conclusioni degli amministratori giudizian, il giudice delegato non ammetteva i crediti vantati dalla banca; la RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso in opposizione ai sensi dell’art. 59, commi sesto e ss. del d. Igs. 159/2011, insistendo nella richiesta di riconoscimento della prededuzione; il Tribunale, con decreto del 20 luglio 2018, rigettava l’opposizione.
Proposto ricorso per cassazione, questa Corte, con sentenza n. 49154 del 2019, in accoglimento del primo motivo di ricorso, annullava con rinvio il provvedimento emesso dal Tribunale, affinché fossero accertati “i termini fattuali del dedotto subentro nelle linee di credito accese dalla RAGIONE_SOCIALE presso l’istituto bancario RAGIONE_SOCIALE Spa. (se abbia riguardato entrambi i rapporti di conto corrente e nella loro totalità ovvero singole operazioni di affidamento e le relative condizioni, con iscrizione, ad esempio, di nuove ipoteche ovvero con riduzione o rímodulazione delle precedenti esposizioni) e i termini in cui questo era stato autorizzato dal giudice delegato”.
Celebrato il giudizio di rinvio, il Tribunale di Reggio Calabria ammetteva i crediti vantati dall’istituto di credito, limitatamente, però, alla somma di euro 376.736,94 vantata a titolo di scopertura di conto corrente ordinario, escludendo tutti gli altri.
Anche tale provvedimento veniva annullato e, solo all’esito del nuovo giudizio, il credito vantato dalla banca veniva ammesso per intero e in prededuzione, specificando, tuttavia, con riferimento alla garanzia reale costituita (il pegno), che dovrà riconoscersene la relativa esistenza e operatività “compatibilmente” con la fase di liquidazione dei beni.
Avverso tale provvedimento propone nuovo ricorse l’istituto di credito articolando un unico motivo di censura a mezzo del quale si deduce violazione di legge in relazione agli artt. 1851, 1782 e 2803 del cod. Chi., nella parte in cui l’operatività del pegno viene subordinata alla sua “compatibilità” con la fase liquidatoria. Il decreto, secondo la prospettazione difensiva, sarebbe errato in quanto impedirebbe alla banca di soddisfarsi sui beni oggetto della garanzia, vanificando, di fatto, il diritto di prelazione che, in quanto costituito in termini pegno irregolare, legittimerebbe, invece, il creditore a soddisfarsi direttamente prescindendo dai tempi e i modi del riparto e senza dover passare per alcuna fase intermedia.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Va premesso che, all’esito dei pregressi annullamenti già disposti da questa Corte, l’unico profilo ancora sub judice è rappresentato dalle modalità di realizzazione del pegno, il cui credito risulta già, incontestatamente, riconosciuto come prededucibile, ma inserito, in termini di operatività, nella più ampia fase liquidatoria.
2. Il presupposto logico-giuridico da cui muove la difesa è corretto.
La prededuzione (categoria non espressamente disciplinata nella originaria impostazione della legge fallimentare, ma che ha trovato una definizione sistematica nell’art. 111 I. fall. e, oggi, nell’art. 6 CCI) è un concetto squisitamente processuale, geneticamente e funzionalmente connesso ad ogni procedura esecutiva, in quanto legato al tempo ed alle modalità di paga mento di un credito indispensabile per lo svolgimento del processo esecutivo, che, per la sua funzione, viene dedotto dalla massa attiva, escluso dal concorso e liquidato integralmente ed in via anticipata, in applicazione del principio per cui il patrimonio del debitore, utile al soddisfacimento dei creditori concorsuali, non può che essere quello “netto”, acquisito all’esito del pagamento delle spese e dei crediti sorti all’interno della procedura.
L’istituto si differenzia radicalmente dal privilegio, che “è una prelazione accordata in considerazione della causa del credito, ex artt. 2741, comma 2, e 2745 cod. civ., e consiste in una qualità del credito che, in caso di concorso con altri creditori nell’esecuzione forzata, consente una soddisfazione prioritaria; la prededuzione invece è un’operazione di prelevamento che si realizza tramite la separazione delle somme necessarie per la copertura delle spese della procedura dal ricavato dell’espropriazione forzata dei beni del debitore, Dunque il primo,
quale eccezione alla par condicio creditorum, riconosce una preferenza ad alcuni creditori e su certi beni, nasce fuori e prima del processo esecutivo, ha natura sostanziale e si trova in un rapporto di accessorietà con il credito garantito, poiché ne suppone l’esistenza e lo segue; la seconda, diversamente, attribuisce una precedenza rispetto a tutti i creditori sull’intero patrimonio dei debitore, ha natura procedurale perché nasce e si realizza in tale ambito e assiste il credito di massa finché esiste la procedura concorsuale in cui lo stesso ha avuto origine, venendo meno con la sua cessazione. E la diversità di piani su cui i due istituti operano è evidente ove si consideri che la prededuzione può aggiungersi alle cause legittime di prelazione nei rapporti interni alla categoria dei debiti di massa (potendosi ipotizzare l’esistenza di crediti prededucibili privilegiati o anche garantiti da ipoteca), quando vi sia insufficienza di attivo e sia necessario procedere a una gradazione pure nella soddisfazione dei creditori prededucibili. La prededuzione attribuisce quindi una precedenza processuale, in ragione della strumentalità dell’attività da cui il credito consegue agli scopi della procedura, onde renderla più efficiente” (Cass. civ. n. 15724 del 11/06/2019, Rv. 654456).
Cosicché, i crediti prededucibili, ove siano liquidi, esigibili e non contestati per collocazione e per ammontare possono essere soddisfatti, direttamente, al di fuori del procedimento di riparto, previa autorizzazione del giudice delegato, seppur nel rispetto dei criteri della graduazione e della proporzionalità, conformemente all’ordine assegnato dalla legge (art. 54 cod. , ant.).
Ciò considerato, il Tribunale, pur riconoscendo che il pegno costituito era un accessorio del credito in prededuzione (in quanto espressamente contemplato nei provvedimenti dei giudici delegati), ha effettivamente “inserito” l’operatività dello stesso all’interno della fase di liquidazione dei beni. E tanto è, in apparenza, contraddittorio, in quanto confligge con la (riconosciuta) natwa prededucibile del credito al quale il pegno accede.
Ma la difesa non tiene conto di come, per quanto si è in precedenza osservato, anche i crediti prededucibili risentono della necessaria applicazione dei principi della graduazione e proporzionalità tipici di qualsiasi procedura esecutiva caratterizzata da profili di concorsualità. Per cui, correttamente, il Tribunale ha subordinato la concreta soddisfazione del credito alla evidenziata “compatibilità” con le esigenze della procedura liquidatoria.
D’altronde, è pur vero che, alla luce del descritto iter processuale, il credito non poteva ritenersi “non contestato” (e tanto giustificherebbe l’istanza di ammissione dei crediti al passivo avanzata dalla stessa società ricorrente, pur a fronte del già richiamato disposto di cui all’art. 54, secondo cui i crediti prededucibili sorti nel corso del procedimento di prevenzione che sono liquidi,
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esigibili e non contestati, non debbono essere accertati secondo le modalità previste dagli articoli 57, 58 e 59, e possono essere soddisfatti, in tutto o in parte, al di fuori del piano di riparto, previa autorizzazione del giudice delegato). Ma, oggi, il carattere prededeucibile del credito vantato, già liquido ed esigibile, è stato definitivamente accertato. Cosicché, sarà onere del ricorrente, alla luce del provvedimento reso dal Tribunale, richiedere direttamente al giudice delegato la relativa autorizzazione e, con essa, soddisfarsi, secondo le modalità tipiche del pegno irregolare, sul ricavato. Impugnando, ove necessario, eventuali provvedimenti reiettivi.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato e la ricorrente condannata al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 19 dicembre 2023
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Il Presidente