Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 4924 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 4924 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 12/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Banca Nazionale del lavoro s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore avverso il decreto del 06/11/2023 della Corte d’appello di Palermo Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN FATTO
1.La difesa della Banca Nazionale del Lavoro Spa impugna due diversi provvedimenti resi dalla Corte di appello di Palermo nel procedimento di prevenzione promosso nei confronti di COGNOME NOME.
2.Premette la ricorrente di essere intervenuta nel giudizio di primo grado innanzi al Tribunale di Trapani perché citata ex art 23 d.lgs. n. 159 del 2011, depositando apposita dichiarazione di credito in ragione della prelazione ipotecaria vantata su alcuni dei cespiti sottoposti a vincolo nel corso della detta procedura; ed evidenzia, sempre in premessa, di non aver visto scrutinata la propria richiesta, avendo il Tribunale, nel disporre la confisca dei beni coperti dalla relativa garanzia reale, integralmente pretermesso la propria pretesa.
La ricorrente ha altresì evidenziato che, venuta a conoscenza del giudizio di appello da altri interposto avverso il decreto di confisca, si è costituita in tale ultimo procedimento chiedendo dichiararsi la nullità del decreto appellato perché alla stessa mai notificato nonché la nullità del decreto di citazione in appello, anche questo mai notificato e, in subordine, instando per la rimessione in termini al fine di poter interporre tempestivo appello avverso il decreto di confisca.
Si evidenzia, ancora, nel ricorso, che con provvedimento del 6 novembre 2023, la Corte di appello ha dichiarato il non luogo a provvedere su tale intervento, evidenziando che l’omessa citazione del terzo titolare di un diritto reale di garanzia nel procedimento che porta alla confisca di prevenzione del bene sul quale la garanzia è accesa non darebbe luogo ad alcuna nullità attesa “la possibilità di intervenire nel giudizio di appello o attendere l’esito del procedimento di prevenzione ed eventualmente attivare l’incidente di esecuzione”; provvedimento, questo, trasmesso al Tribunale di Trapani il quale ultimo, a sua volta, senza instaurare alcun contraddittorio con la parte interessata, non ha esaminato la posta di credito della ricorrente, non essendo ancora attuale il giudizio di verifica .
La ricorrente ha altresì rimarcato che, in considerazione del provvedimento del 6 novembre 2023 reso dalla Corte di merito, che la legittimava al relativo intervento nel procedimento innanzi ad essa pendente, aveva depositato istanza di ammissione del credito facendo leva sulla documentazione già allegata in primo grado. Deposito al quale faceva seguito l’ordinanza del 22 aprile 2024, con la quale la Corte territoriale dichiarava la propria incompetenza funzionale riguardo a tale richiesta, da trattare innanzi al giudice delegato nelle forme di cui agli artt. 52 e ss. del citato decreto legislativo n. 157/2011, disponendo una nuova trasmissione degli atti al Tribunale di Trapani.
Da qui l’impugnazione promossa avverso le due citate ordinanze della Corte di appello di Palermo. In particolare:
con riguardo a quella assunta il 22 aprile 2024, attinta dal primo motivo di ricorso, per l’affermata violazione dell’art. 23 citato, avendo la Corte illegittimamente estromesso essa ricorrente dal giudizio di appello malgrado la stessa fosse stata coinvolta in primo grado dalla citazione all’uopo disposta dal Tribunale in ossequio alla citata disposizione normativa;
con riguardo a quella assunta il 6 novembre 2023, lamentando violazione di legge per l’assoluto difetto di motivazione rispetto alle ragioni di lamentata nullità riferite decreto di confisca reso in primo grado senza considerare la domanda della ricorrente nonché per l’omessa notifica, a monte, del decreto di confisca, che non aveva consentito
alla ricorrente di interporre appello e a valle del decreto di fissazione del giudizio di secondo grado avverso la confisca.
RITENUTO IN DIRITTO
1.11 ricorso non merita accoglimento per le ragioni di seguito precisate.
2.Si impongono, in premessa, alcune puntualizzazioni.
2.1. Questa Corte si è già occupata della posizione di credito sottesa alli odierno ricorso, definendo – con la sentenza resa il 30 maggio 2024 dalla Seconda sezione, distinta dal n. 25558 e citata dalla Procura Generale nella propria requisitorial’impugnazione promossa sempre da RAGIONE_SOCIALE avverso il provvedimento emesso dal Tribunale di Trapani il 24 gennaio 2024 con il quale – in esito a una prima trasmissione degli atti effettuata dalla Corte territoriale a seguito dell’intervento in appello della cit creditrice – è stata dichiarata l’inattualità della relativa pretesa, non essendo stata ancora attivata, all’epoca, la procedura di verifica dei crediti inerente alla detta procedura di prevenzione.
Nell’occasione, il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché l’atto impugnato era privo di valenza decisoria; ciò malgrado, la Corte non ha mancato di rendere alcune precisazioni in diritto che questo Collegio ritiene di condividere e che costituiscono la traccia da seguire nel verificare la fondatezza dell’impugnazione che occupa.
2.2. La decisione di legittimità citata muove da una considerazione di fondo che va ribadita: nel giudizio inerente alla confisca, RAGIONE_SOCIALE quale terza titolare di un diritt reale di garanzia acceso su utilità sequestrate, è stata citata da parte del Tribunale in applicazione dell’attuale disposto del comma 4 dell’art. 23 d.lgs. n. 159 del 2011 siccome modificato dalla legge n. 161 del 2017.
Modifica, questa, che, nel prevedere la partecipazione di tali terzi, oltre che di quelli che vantano diritti reali o personali di godimento, al giudizio che porta alla (possibile) ablazione dei beni interessati da tali diritti, è stata introdotta con l’obiettivo di favo l’immediato contradditorio con siffatti soggetti quanto al riconoscimento della opponibilità del credito dagli stessi vantato sin dalla fase della confisca; ciò in particolare, avuto riguardo ai presupposti di cui all’art. 52, comma 1, lett. b), del citato decreto, per consentire al Tribunale di meglio apprezzare i profili della strumentalità del credito e della buona fede del terzo creditore nel medesimo contesto processuale che pone al centro del relativo accertamento giudiziale il profilo della pericolosità sociale del proposto, aspetto intimamente collegato ai detti presupposti di opponibilità.
2.3. In questa cornice, si è correttamente evidenziato (con la citata sentenza n. 25558 del 2024) come non possa più ritenersi attuale l’orientamento espresso dalla giurisprudenza precedentemente a detta modifica, secondo il quale i terzi titolari di tali posizioni di credito potrebbero far valere il proprio diritto solo ” nell’udienza dedicata all
verifica dei crediti di cui all’art. 57 D.Igs. 159-2011, tenuto conto che l’approfondimento necessario ai fini della verifica della buona fede del terzo di cui all’art. 52 D.Igs. 1592011, che costituisce uno dei presupposti per dare soddisfazione al suo diritto, comporterebbe un appesantimento del procedimento di prevenzione incompatibile con la necessità di garantire effettività alla misura reale” (così Sez. 2, n. 31988 del 13-05-2016, Marino, non mass.).
2.4. Piuttosto, sembra anche al Collegio più corretto affermare che l’attuale tenore della citata disposizione favorisce il detto coinvolgimento processuale, pur senza sanzionarne in termini di nullità l’inosservanza. Il che vale a dire che il terzo titolare dell dette posizioni soggettive non è un litisconsorte necessario del giudizio che porta alla confisca di prevenzione: resta immutata, infatti, la sua possibilità di far valere la propria pretesa nel procedimento di verifica, chiedendo l’ammissione al passivo nelle forme di cui all’art 57 e ss. del citato decreto la dove non abbia ricevuto la citazione ex art 23 o, pur essendo stato coinvolto, non intenda comunque prendere parte al giudizio finalizzato alla confisca.
2.4.1. Con l’ulteriore precisazione, imposta dal necessario coordinamento sistematico tra le disposizioni del d.lgs. n. 159 del 2011, che l’eventuale partecipazione del terzo al giudizio sulla confisca vede definiti i confini del conseguente approfondimento cognitivo ai soli temi che, giustificando la modifica apportata, ne legittimano ragionevolmente la previsione, i.e. quelli tracciati dalla lettera b) del comma 1 dell’art. 52, intrinsecamente connessi al riscontro inerente alla pericolosità sociale del proposto.
2.4.2. Di contro, tutti gli altri accertamenti riguardanti i presupposti che contribuiscono al peculiare statuto delle pretese opponibili alla procedura di prevenzione, dettati dall’art 52, comma 1, citato nonché quelli afferenti alla definizione quantitativa del credito oggetto di insinua, non potranno che ritenersi di esclusiva pertinenza della fase di verifica secondo il modulo procedimentale dettato dagli artt. 57 e ss, anche la dove il terzo prenda parte al giudizio che porta alla confisca, ferma la vincolatività dell’eventuale valutazione ostativa su strumentalità del credito e buona fede resa in precedenza dal Tribunale.
Una siffatta lettura interpretativa, infatti, oltre a trovare una ragione sistematica nell’esigenza di non appesantire eccessivamente il giudizio sulla confisca quanto ad aspetti valutativi eccentrici alla relativa regiudicanda, trova, inoltre, un confort normativo nel tenore dell’ultimo periodo del comma 4 del citato art. 23, in forza del quale, la dove non ricorra una delle ipotesi di cui all’art 26 del medesimo decreto, ” per la liquidazione dei relativi diritti si applicano le disposizioni di cui al titolo IV del prese libro”, per l’appunto comprensive della disciplina di accertamento dei diritti dei terzi.
Siffatta premessa porta a stringenti corollari applicativi riguardo alla regiudicanda ora devoluta alla Corte.
Per un verso, infatti, non può dubitarsi che a fronte dell’intervento operato dalla RAGIONE_SOCIALE su chiamata dello stesso Tribunale, quest’ultimo, nel corso del giudizio inerente alla confisca del bene ipotecato a garanzia del credito della detta banca, non poteva eluderne la domanda sottraendosi al relativo onere decisorio. E tanto legittimava RAGIONE_SOCIALE ad interporre appello per la sostanziale reiezione della relativa pretesa, iniziativa nel caso (per il vero solo apparentemente, per quanto si chiarirà da qui a poco) ostacolata dalla mancata notifica del decreto di primo grado alla detta terza interessata.
Al contempo, tuttavia, la mancata interposizione dell’appello, escludeva quest’ultima dalla possibilità di prendere parte al detto giudizio di secondo grado, senza aver prima impugnato la decisione assunta dal Tribunale.
Quest’ultima precisazione riporta il discorso al centro delle verifiche devolute nel caso alla Corte.
4.1. In disparte gli eccentrici riferimenti resi dal ricorso al provvedimento assunto dal Tribunale di Trapani in occasione della già citata prima trasmissione degli atti (decisione già scrutinata, per quanto già detto, da questa Corte), i due provvedimenti ora impugnati resi dalla Corte palermitana vengono contestati:
avuto riguardo alla prima ordinanza (quella del 6 novembre 2023, attinta dal secondo motivo di ricorso), perché la Corte del merito non avrebbe considerato la nullità del decreto di confisca nella parte in cui risulta pretermessa la richiesta del terzo interveniente quanto al diritto dallo stesso vantato nonché per la mancata notifica del decreto in questione, assertivamente ostativa all’impugnazione e per la mancata notifica del decreto di citazione in appello;
in riferimento al secondo provvedimento (quello del 22 aprile 2024), perché la Corte del merito, dichiarandosi funzionalmente incompetente, di fatto avrebbe estromesso illegittimamente il terzo interveniente.
4.2. Prendendo le mosse da quest’ultima decisione, ritiene la Corte condivisibile l’affermazione legata al portato sostanziale del provvedimento impugnato: la dichiarazione di incompetenza funzionale resa dalla Corte del merito rispetto all’intervento operato dalla BRAGIONE_SOCIALE realizza di fatto una sorta di stralcio della relativ posizione processuale, con conseguente anticipazione della decisione che sarebbe stata resa definendo il giudizio di appello.
Da qui il rilievo decisorio da ascrivere al citato provvedimento, dirimente nell’ottica della possibilità di impugnarne gli effetti, che va confermata ad onta della inammissibilità rivendicata dalla Procura Generale nella sua requisitoria.
Ma ne deriva anche la sua portata assorbente rispetto a rilievi mossi dal ricorso in direzione dell’altro provvedimento impugnato, quello del 6 novembre 2023: l’ultima, in ordine di tempo, decisione contestata di fatto porta con sé lo scrutinio delle altre sollecitazioni in rito (la nullità del decreto di citazione in appello) e merito (la nullità d
confisca per la pretermissione del diritto del terzo intervenente), contestate dalla difesa con riferimento alla prima delle decisioni gravate da ricorso.
4.3. Ferma l’ammissibilità del ricorso, ne va comunque ribadita l’infondatezza, per quanto già anticipato: malgrado il vizio connotante la decisione di primo grado, solo interponendo appello il terzo pretermesso, già presente innanzi al Tribunale, avrebbe potuto rilevarne la illegittimità, prendendo così ritualmente parte al giudizio di appello, senza poter ovviare a tale inerzia processuale surrogandone il portato tramite un intervento volontario nel detto procedimento di secondo grado.
L’infondatezza del ricorso, del resto, non preclude alla ricorrente di poter proporre una domanda di insinuazione innanzi al giudice delegato nelle forme di cui agli artt. 57 e ss del d.lgs. n. 159 del 2011; e ciò ferma restando l’autonomia di giudizio di quest’ultima autorità decidente rispetto alla possibilità di ritenere pregiudiziale il provvedimento, di fatto negativo, reso nel giudizio di confisca quanto all’intervento in origine realizzato dalla RAGIONE_SOCIALE, ove divenuto definitivo perché mai impugnato.
4.4. La potenziale definitività di tale ultima valutazione sostanzialmente ricavabile dalla pretermissione della domanda di BRAGIONE_SOCIALE resa nel giudizio di primo grado inerente alla confisca porta, infine, all’ultimo tema di giudizio che resta ancora aperto rispetto al ricorso che occupa, quello riguardante l’invocata ipotesi di restituzione nel termine ad impugnare sottesa al primo atto difensivo svolto dalla BNL nel giudizio di appello; istanza implicitamente rigettata dalla decisione del 6 novembre 2023.
4.4.1. Va detto che una siffatta prospettazione non emerge con immediato nitore dal tenore del ricorso né dalla originaria istanza veicolata al giudice dell’appello.
Ciò malgrado, non sembra al Collegio che alla relativa sollecitazione (si lamenta un difetto integrale di motivazione inficiante il provvedimento gravato quanto alla addotta nullità conseguente l’omessa notifica del decreto di primo grado) si possa dare altro possibile e utile significato processuale se non quello di una istanza diretta a rivendicare una restituzione in termini per interporre appello ex art 175 cod. proc. pen., coerentemente rivolta al giudice dell’impugnazione ai sensi dell’ultimo periodo del quarto comma di tale disposizione.
4.4.2. Ciò premesso, anche a voler trascurare il profilo inerente alla tempestività del ricorso (la decisione impugnata, come da annotazione in calce allo stesso provvedimento, risulta resa in udienza nel contraddittorio delle parti e allegata al relativo verbale, si che la stessa andava impugnata in Cassazione nel termine di 15 giorni ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 175, comma 6, e 585, comma 1, lettera a, e comma 2, lettera b, cod. proc. pen.), resta da dire della erroneità in diritto della richiesta in sé.
La restituzione presuppone un mancato esercizio della facoltà processuale perenta per caso fortuito o forza maggiore; di contro, nel caso di omessa notifica del provvedimento da impugnare, manca a monte il presupposto fondante la detta perenzione, per l’appunto dato dalla notifica della decisione da appellare.
In altre parole, poiché il provvedimento diviene definitivo solo una volta decorso il termine per impugnare dalla notifica della decisione da appellare, la dove la notifica manchi, l’interessato deve ritenersi in grado di poter appellare senza dover essere restituito in termine rispetto ad una decadenza processuale mai maturata.
Da qui la definitiva infondatezza delle ragioni di ricorso, cui segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così è deciso, 12/11/2024