Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 21011 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 21011 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: RAGIONE_SOCIALE
avverso il decreto del 11/07/2023 del TRIBUNALE di PALERMO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del AVV_NOTAIO, il quale ha richiesto l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
RITENUTO IN FATTO
Con il decreto impugnato il Tribunale di Palermo ha rigettato l’opposizione presentata ai sensi dell’art. 59 comma 6 d.lgs. n. 159/2011 da RAGIONE_SOCIALE avverso il provvedimento con cui è stato formato e dichiarato esecutivo lo stato passivo a seguito della confisca disposta nell’ambito del procedimento di prevenzione nei confronti di COGNOME NOME, rigettando la domanda di ammissione del credito della ricorrente conseguente alla concessione, nel 2008, al fratello ed alla madre del proposto di un mutuo fondiario finalizzato all’acquisto di un bene immobile formalmente intestato in parte ai medesimi e poi assoggettato per la stessa parte alla misura ablatoria.
Avverso il decreto ricorre RAGIONE_SOCIALE, succeduta a seguito di fusione al RAGIONE_SOCIALE originario titolare del credito, articolando tre motivi.
2.1 Con il primo deduce l’erronea applicazione dell’art. 52 d.lgs. n. 159/2011 e difetto di motivazione sulla sussistenza dei presupposti per il rigetto della domanda di ammissione. Ricordato come il mutuo sia stato stipulato con atto anteriore al sequestro del bene, così come anteriore all’esecuzione della misura cautelare reale sia anche l’iscrizione dell’ipoteca sul medesimo a garanzia del credito, lamenta anzitutto la ricorrente che il Tribunale avrebbe solo apoditticamente affermato la strumentalità, diretta o indiretta, del finanziamento concesso all’esecuzione o prosecuzione di attività illecite del proposto. In tal senso evidenzia che il giudice del merito avrebbe argomentato sulla sussistenza del menzionato requisito come se il mutuo fosse stato acceso dal proposto e non, come invece avvenuto, dai suoi familiari, soggetti nei cui confronti non era stata acclarata alcuna attività illecita e che erano, all’epoca della stipulazione del mutuo, titolari di redditi leciti autonomi. Non di meno il Tribunale non avrebbe considerato che, come documentato dalla ricorrente, il mutuo era in realtà funzionale ad estinguerne altro precedente, la cui veridicità non è mai stata messa in dubbio, risultando in tal senso evidente come il finanziamento in oggetto non fosse strumentale ad alimentare attività illecite.
2.2 Analoghi vizi vengono dedotti con il secondo motivo in merito al ritenuto colpevole affidamento da parte della ricorrente sulla documentazione prodotta dai mutuatari a dimostrazione della propria situazione reddituale. Il proposito il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto che l’istituto di credito non abbia accertato la solvibilità dei
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mutuatari e dunque il loro merito creditizio, nonostante il finanziamento fosse ampiamente inferiore all’80% del valore dell’immobile e l’idoneità dimostrativa della documentazione prodotta dai medesimi, attestante la loro situazione reddituale e la compatibilità della stessa con l’entità della rata mensile che doveva essere pagata per rifondere il mutuo. Non di meno il provvedimento impugnato avrebbe omesso di considerare come la ricorrente abbia eseguito, senza che emergessero criticità di sorta, tutti gli accertamenti imposti dalla normativa e dalla normale prassi RAGIONE_SOCIALEria sulla situazione patrimoniale e sui rischi creditizi dei mutuatari. Né i giudici del merito avrebbero chiarito quale norma o prassi la ricorrente avrebbe in concreto violato ovvero quale accertamento ulteriore avrebbe omesso di operare, limitandosi ad affermare che la stessa non si sarebbe confrontata con le risultanze del giudizio di merito e in particolare con l’informativa del GICO e con la consulenza tecnica disposta nel procedimento di prevenzione, atti il cui contenuto non era naturalmente noto all’istituto al momento della concessione del mutuo. Peraltro dagli accertamenti operati dalla Guardia di Finanza sarebbe emerso come la documentazione prodotta da COGNOME NOME a sostegno della richiesta del finanziamento fosse sostanzialmente vera, così come dalla citata consulenza sarebbe emersa l’effettiva funzionalità del mutuo all’estinzione di quello precedentemente gravante sul bene.
2.3 Con il terzo motivo gli stessi vizi vengono dedotti in merito al ritenuto difetto di buona fede della ricorrente. In tal senso si sottolinea come sia terzo estraneo anche colui che, pur traendo vantaggio dall’attività illecita del proposto, lo hanno fatto in buona fede. Ed allora il Tribunale in maniera del tutto apodittica avrebbe escluso che la ricorrente abbia agito in buona fede, pur avendo diligentemente compiuto gli accertamenti necessari secondo la prassi RAGIONE_SOCIALEria per stabilire il merito creditizio dei mutuatari e non avendo alcun obbligo – né invero alcun potere d’indagine in tal senso – di estenderli all’intero nucleo familiare degli stessi. Né il decreto impugnato avrebbe chiarito in che termini l’istituto RAGIONE_SOCIALErio avrebbe dovuto rendersi conto della strumentalità del mutuo all’attività illecita del proposto, il quale, peraltro, all’epoca de fatti risultava gravato da una sentenza di assoluzione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è parzialmente fondato.
Preliminarmente va ribadito che il ricorso per cassazione avverso il decreto che decide sulle opposizioni allo stato passivo e sulle impugnazioni dei crediti ammessi nel procedimento di accertamento dei diritti dei terzi può essere proposto, ex art. 59, comma 9, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, per tutti i motivi di cui all’art. 606 c.p.p.,
non essendo, in tal caso, applicabili gli artt. 10 e 27, stesso decreto, che limitano i vizi deducibili alla sola violazione di legge (Sez. 6, n. 525 del 11/11/2022, dep. 2023, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 284106), rimanendo dunque ammissibili sotto questo profilo tutte le censure proposte dalla ricorrente a prescindere dalla loro qualificazione operata nel ricorso.
2.1 Ciò detto, va ricordato che per il consolidato insegnamento di questa Corte, al fine di escludere l’ammissione allo stato passivo di un credito assistito da ipoteca sorto anteriormente al sequestro, il giudice è tenuto a fornire analitica dimostrazione che il credito è strumentale all’attività illecita del soggetto pericoloso o a quelle che ne costituiscono il frutto o il reimpiego, sempre che, una volta dimostrato tale nesso, il creditore non provi di averlo ignorato in buona fede (ex multis Sez. 6, n. 30153 del 18/05/2023, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 285079; Sez. 6, n. 55715 del 22/11/2017, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 272232).
2.2 In definitiva la legittima esclusione del credito si fonda, anzitutto, su un requisito squisitamente oggettivo, ossia l’accertata sussistenza di un vincolo di strumentalità tra il credito e l’attività illecita del proposto o quelle che ne costituiscono il frutto reimpiego. In proposito il giudice può legittimamente avvalersi di una presunzione semplice di finalizzazione del finanziamento alla dissimulazione di risorse occulte derivanti dall’attività illecita quando risulti che il credito sia stato erogato in costanza pericolosità sociale del ricevente (Sez. 5, n. 1869 del 17/11/2021, dep. 2022, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 282734; Sez. 6, n. 14143 del 06/02/2019, RAGIONE_SOCIALE Monte dei Paschi di Siena s.p.a., Rv. 275533; Sez. 6, n. 32524 del 16/06/2015, RAGIONE_SOCIALE Ragusa, Rv. 264373).
2.3 In caso di esito positivo della verifica del nesso di strumentalità qualificata – che ha dunque carattere logicamente pregiudiziale ed eventualmente esaustivo qualora invece l’esito sia negativo – viene in conto il requisito soggettivo posto dall’art. 52 comma 1 lett. b) d.lgs. n. 159/2011, essendo il giudice tenuto a verificare l’assenza di buona fede e dell’incolpevole affidamento del creditore sulla base degli elementi addotti da quest’ultimo (Sez. 6, n. 12510 del 02/02/2022, Vieni, Rv. 283108). Verifica che deve essere effettuata ricorrendo anche ai parametri indicati nel terzo comma del citato art. 52 del d. Igs. n. 159/2011, dovendo in particolare tenere conto delle condizioni delle parti, dei rapporti personali e patrimoniali tra le stesse e del tipo di attività svolta dal creditore, anche con riferimento al ramo di attività, alla sussistenza di particolari obblighi di diligenza nella fase precontrattuale nonché, in caso di enti, alle dimensioni degli stessi. Tali parametri normativi di giudizio non possono peraltro ritenersi ne’ esclusivi, ne’ vincolanti. In altri termini il giudice deve obbligatoriamente tener conto degli stessi, ma può prenderne in considerazione anche altri non
espressamente menzionati dal legislatore e anche disattendere quelli normativamente previsti, purchè in tal caso supporti con idonea motivazione la sua decisione (Sez. 5, n. 6449 del 16/01/2015, RAGIONE_SOCIALE Monte dei Paschi s.p.a., Rv. 262735).
La buona fede è esclusa in presenza di elementi indicativi della collusione del terzo con il proposto o della sua compartecipazione alle attività illecite ovvero, più in AVV_NOTAIO, della sua consapevolezza della strumentalità del credito, mentre il suo colpevole affidamento sussiste quando non venga dimostrato che sia stato ingenerato da un’oggettiva apparenza, tale da rendere scusabile l’eventuale difetto di diligenza nell’erogazione del credito (Sez. 6, n. 25505 del 02/03/2017, RAGIONE_SOCIALE Monte dei Paschi sRAGIONE_SOCIALE, Rv. 270028; Sez. 2, n. 41353 del 11/06/2015, COGNOME, Rv. 264655).
2.4 Nel caso di erogazione del credito da parte di istituto RAGIONE_SOCIALErio si è infine precisato come, qualora il creditore abbia allegato elementi idonei a comprovare, la propria buona fede, non sia sufficiente, ai fini di escludere la stessa, il mancato rispetto degli obblighi di diligenza per l’incompletezza dell’istruttoria o la non corretta valutazione del merito creditizio, ma è necessario che detta negligenza abbia determinato la mancata verifica del nesso di strumentalità del credito concesso rispetto all’attività illecita de prevenuto (ex multis Sez. 5, n. 12772 del 05/02/2020, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 279024).
3. Alla luce di questi consolidati principi il primo motivo deve ritenersi infondato. I Tribunale ha ritenuto la strumentalità dell’accensione del mutuo alla dissimulazione di risorse occulte provenienti dalle attività illecite del proposto in quanto avvenuta in epoca in cui già si era manifestata la sua pericolosità, facendo legittimo ricorso alla presunzione relativa di cui si è detto in precedenza e che la ricorrente non ha superato attraverso l’obiezione per cui il finanziamento era destinato ad estinguere un precedente mutuo acceso in riferimento al medesimo bene acquistato dai mutuatari. Se infatti tale causale fosse sufficiente ad escludere il nesso di strumentalità dovrebbe concludersi che anche la finalizzazione del mutuo al semplice acquisto del bene sarebbe parimenti idonea al medesimo fine, il che equivarrebbe a sostenere che i crediti relativi a mutui fondiari, proprio perché funzionali al finanziamento dell’acquisto di un immobile, dovrebbero, in quanto tali, sempre essere ammessi al passivo. All’evidenza tale conclusione sarebbe incompatibile con la norma di riferimento, non corrispondendo né alla lettera, né alla ratio dell’art. 52 comma 1 lett. b) d.lgs. n. 159/2011, nel quale è invece manifestata la volontà del legislatore di non operare distinzione alcuna circa la natura e l’origine del credito. Ed infatti l’espresso riferimento anche all’indiretta strumentalità del credito contenuto nella summenzionata disposizione rivela, come già accennato, che tale carattere ha una valenza meramente
oggettiva e prescinde dunque dalla formale destinazione del finanziamento. In altri termini il credito è o non è strumentale alle attività illecite del proposto o al lor reimpiego.
Colgono invece nel segno i residui motivi del ricorso con i quali viene eccepito che il Tribunale non avrebbe validamente confutato le obiezioni difensive in merito alla buona fede ed all’incolpevole affidamento della ricorrente.
4.1 Anzitutto va premesso che i principi illustrati in precedenza in ordine alla integrazione del presupposto soggettivo per il riconoscimento del diritto del terzo creditore diventano ancora più stringenti quando il credito non venga concesso al proposto, bensì a soggetti terzi legati al medesimo da vincoli familiari o di altra natura, come avvenuto nel caso di specie. In tale ipotesi è dunque necessario che il giudice fornisca adeguata giustificazione del perché ha ritenuto che il creditore fosse consapevole ovvero, usando l’ordinaria diligenza, avrebbe potuto rendersi conto dell’interposizione o anche solo della sua possibilità. E l’eventuale difetto di diligenza prestata dai funzionari che hanno erogato il mutuo nel vagliare il merito creditizio del debitore richiede a maggior ragione una più penetrante motivazione sulle ragioni per cui le carenze in tal senso registrate dal giudicante avrebbero inciso sulla percezione della strumentalità del credito o addirittura rivelerebbero la collusione con il proposto.
4.2 Oneri motivazionali che il provvedimento impugnato non ha assolto, inferendo in maniera meccanica il difetto di buona fede dalla rilevata concessione del credito in costanza di pericolosità del proposto, rivelando in tal senso una ulteriore lacuna nella trama argomentativa del provvedimento impugnato. Infatti, per escludere la buona fede e l’incolpevole affidamento del creditore è necessario, come già ricordato, sussista, qualora non si versi nelle ipotesi di collusione o cointeressenza, una manifesta o comunque percepibile condizione di pericolosità del proposto. Situazione che non ricorre quando, al momento dell’erogazione del credito, la pericolosità del debitore sia ancora “occulta”, con conseguente apparenza di liceità della destinazione delle risorse (Sez. 1, n. 6746 del 05/11/2020, dep. 2021, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 280793). In proposito è lo stesso provvedimento impugnato a sottolineare come la pericolosità del COGNOME risale al 2007, ossia ad un anno prima dell’erogazione del credito, e che la stessa sia stata rilevata solo molto dopo, posto che egli è stato sottoposto al procedimento di prevenzione a diversi anni di distanza. Non è dato comprendere, quindi, in che termini l’istituto erogante avrebbe dovuto rendersi conto della strumentalità del credito richiesto dai congiunti del proposto in quanto destinato a soddisfare le illecite esigenze di un soggetto di conclamata pericolosità, fermo restando che il Tribunale nemmeno ha chiarito per quale motivo l’ente erogante
avrebbe dovuto rendersi conto che i richiedenti il credito erano imparentati con lo stesso COGNOME.
4.3 Non appare risolutivo nemmeno l’accenno operato dai giudici di merito alla presunta scarsa diligenza riservata dai funzionari della RAGIONE_SOCIALE nella valutazione del merito creditizio dei mutuatari. Già si è ricordato che la eventuale negligenza serbata nel valutare tale merito può essere un sintomo – tanto più consistente, quanto più macroscopica è tale negligenza – del difetto di buona fede, ma che la sua constatazione non è di per sé sufficiente ad escludere quest’ultima, giacché, ancora una volta, oggetto di rimprovero non è l’inosservanza delle prassi RAGIONE_SOCIALErie nell’erogazione del credito, bensì la consapevolezza o la colpevole ignoranza della sua strumentalità. Ed in questo senso le lacune motivazionali del provvedimento impugnato precedentemente enucleate si riverberano anche sulla tenuta argonnentativa della giustificazione fornita dai giudici del merito, atteso che non viene chiarito in quale modo un più attento esame della documentazione prodotta dai mutuatari a giustificazione della loro solvibilità avrebbe consentito ai funzionari addetti alla pratica di rendersi conto della strumentalità del credito a favorire gli interessi de proposto. Peraltro nemmeno viene effettivamente chiarito in che termini il comportamento dell’istituto di credito debba ritenersi effettivamente negligente, posto che, stando alla motivazione dell’ordinanza, le anomalie rilevate nella documentazione prodotta dai mutuatari e poste a fondamento di tale valutazione sembrerebbero essere emerse nella loro evidenza ed effettiva rilevanza solo a seguito dei più penetranti accertamenti ed alla luce delle acquisizioni effettuati in tempi successivi dalla Guardia di Finanza al fine della proposizione della richiesta di applicazione al COGNOME della misura di prevenzione e con l’esercizio di poteri che certamente non appartengono all’istituto di credito. In altri termini non viene nemmeno chiarito in che modo ed in che termini quest’ultimo si sarebbe eventualmente discostato dalla prassi RAGIONE_SOCIALEria nel concedere il credito, fermo restando quanto ricordato in precedenza sulla insufficienza della circostanza al fine dell’esclusione della buona fede. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
5. In conclusione il provvedimento impugnato deve essere annullato con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Palermo, il quale si atterrà ai principi in precedenza affermati.
Annulla il provvedimento impugnato con rinvio al Tribunale di Palermo per nuovo giudizio.
Così deciso il 8/3/2024