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Credito bancario e confisca: la buona fede va provata

Un istituto di credito ha concesso un mutuo ai familiari di un soggetto, poi sottoposto a misura di prevenzione, per l’acquisto di un immobile successivamente confiscato. La Cassazione ha annullato la decisione di merito che negava l’ammissione del credito al passivo, chiarendo che la mancanza di buona fede della banca non può essere presunta meccanicamente dalla sola pericolosità ‘occulta’ del soggetto al momento dell’erogazione del credito bancario e confisca. È necessaria una motivazione più approfondita su come la banca avrebbe potuto conoscere la strumentalità del finanziamento.

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Pubblicato il 20 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Credito bancario e confisca: la buona fede della banca non è scontata

Il rapporto tra credito bancario e confisca di beni legati ad attività illecite rappresenta un terreno complesso, dove gli interessi della banca creditrice si scontrano con le esigenze di giustizia. Una recente sentenza della Corte di Cassazione fa luce sui criteri per tutelare il creditore in buona fede, specificando che la sua diligenza non può essere valutata con il senno di poi. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi affermati dai giudici.

I Fatti del Caso: un Mutuo ai Familiari e la Successiva Confisca

Un noto istituto di credito concedeva nel 2008 un mutuo fondiario al fratello e alla madre di un soggetto per l’acquisto di un immobile. Anni dopo, nell’ambito di un procedimento di prevenzione, emergeva la pericolosità sociale di tale soggetto e l’immobile, formalmente intestato ai familiari, veniva confiscato in quanto ritenuto nella sua reale disponibilità.

La banca, titolare di un’ipoteca iscritta sull’immobile a garanzia del mutuo, presentava domanda di ammissione del proprio credito allo stato passivo della procedura. L’obiettivo era recuperare le somme erogate, facendo valere il proprio diritto di garanzia sul bene confiscato.

La Decisione dei Giudici di Merito

Il Tribunale rigettava la richiesta della banca. Secondo i giudici, il finanziamento era da considerarsi strumentale alle attività illecite del soggetto proposto. Inoltre, il Tribunale riteneva che la banca non avesse agito in buona fede, avendo omesso di compiere accertamenti adeguati che, a suo dire, avrebbero potuto rivelare la reale finalità del mutuo. In sostanza, si imputava all’istituto una colpevole negligenza nella valutazione del merito creditizio e del contesto dell’operazione.

L’Analisi della Cassazione sul Credito Bancario e Confisca

La Corte di Cassazione, investita della questione, ha annullato la decisione del Tribunale, rinviando il caso per un nuovo esame. L’analisi della Corte si è concentrata su due aspetti fondamentali: il nesso di strumentalità e, soprattutto, la prova della buona fede del creditore.

Il Principio della Strumentalità del Credito

La Corte ha confermato che, per escludere un credito dallo stato passivo, è necessario dimostrare un nesso di strumentalità, anche indiretto, tra il finanziamento e l’attività illecita. Tuttavia, questo nesso non è sufficiente da solo. Bisogna anche valutare l’elemento soggettivo del creditore.

La Questione Cruciale della Buona Fede e dell’Affidamento

Il punto centrale della sentenza riguarda la valutazione della buona fede. La Cassazione ha stabilito che non si può desumere la malafede o la colpa grave della banca basandosi su informazioni emerse solo molto tempo dopo l’erogazione del credito. La pericolosità del soggetto, infatti, era stata accertata solo diversi anni dopo la stipula del mutuo. Al momento dell’operazione, tale pericolosità era ‘occulta’.

Le motivazioni

La Corte ha chiarito che, per negare la tutela al creditore, è necessario che la condizione di pericolosità del debitore (o del soggetto a cui il finanziamento è di fatto destinato) sia manifesta o comunque percepibile usando l’ordinaria diligenza al momento dell’erogazione del credito. I giudici di merito avevano errato nel non specificare in che modo la banca, con gli strumenti a sua disposizione all’epoca, avrebbe potuto e dovuto accorgersi della strumentalità dell’operazione. Non è sufficiente affermare genericamente che la banca è stata negligente; occorre dimostrare che proprio quella negligenza le ha impedito di scoprire il nesso con l’attività illecita. Inoltre, il fatto che il mutuo fosse stato concesso a terze persone (i familiari) e non direttamente al soggetto ‘pericoloso’ avrebbe richiesto una motivazione ancora più stringente per dimostrare la consapevolezza o la colpevole ignoranza della banca.

Le conclusioni

In conclusione, la sentenza rafforza il principio di tutela dell’affidamento incolpevole del terzo creditore. Non si può pretendere che una banca svolga indagini investigative che non le competono. La valutazione della sua diligenza deve essere ancorata alla situazione di fatto e di diritto esistente al momento della concessione del finanziamento. Una pericolosità ‘occulta’, emersa solo in seguito a indagini successive, non può essere usata per presumere automaticamente la mancanza di buona fede dell’istituto di credito. Il caso torna quindi al Tribunale, che dovrà rivalutare i fatti attenendosi a questi importanti principi.

Un credito concesso a familiari di un soggetto ‘pericoloso’ può essere escluso dal passivo della confisca?
Sì, può essere escluso se si dimostra che il credito era strumentale all’attività illecita del soggetto e che il creditore (la banca) era in malafede o ha agito con colpa grave, ignorando elementi che avrebbero dovuto far sorgere dubbi sulla liceità dell’operazione.

La banca deve dimostrare la propria buona fede per essere ammessa al passivo?
La sentenza chiarisce che una volta dimostrato il nesso di strumentalità tra credito e attività illecita, l’onere di provare la propria buona fede e l’affidamento incolpevole ricade sul creditore. Tuttavia, il giudice non può rigettare la domanda basandosi su una presunzione di colpa.

Cosa succede se la ‘pericolosità’ del soggetto non era nota al momento della concessione del mutuo?
Se la pericolosità del soggetto era ‘occulta’ e viene accertata solo in un momento successivo, non si può desumere automaticamente la mancanza di buona fede della banca. Per escludere il credito, il giudice deve motivare in modo specifico come la banca, con la diligenza richiesta al momento del finanziamento, avrebbe potuto percepire la finalità illecita dell’operazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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