Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 29682 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 29682 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOMECOGNOME nato a Napoli il 20/08/1992, parte offesa nel procedimento contro COGNOME NOMECOGNOME nato a Pozzuoli (NA) il 10/05/1968 avverso l’ordinanza del 03/03/2025 del Tribunale di Napoli nord; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 3/3/2025, il Tribunale di Napoli Nord ha dichiarato inammissibile la costituzione di parte civile proposta nell’interesse di COGNOME SalvatoreCOGNOME per “carenza di un requisito richiesto dalla legge a pena di inammissibilità”.
Il provvedimento impugnato, richiamando Sez. U, n. 38481 del 25/05/2023, Rv. 285036-01, ha ritenuto che, a seguito del d.lgs. 150/2022 ( ‘Riforma Cartabia’ ) e della modifica dell’art. 78, comma 1, lett. d) cod. proc. pen., non sia più sufficiente, in sede di costituzione di parte civile, il mero richiamo al capo di imputazione, essendo, invece, necessaria la precisa indicazione della causa petendi , similmente a quanto prescritto per la domanda nel giudizio civile, con l’esposizione in modo “chiaro e specifico” delle ragioni della domanda “agli effetti civili”, secondo l’art. 163, comma 3, n. 4, cod. proc. civ..
COGNOME, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per
Cassazione chiedendo l’annullamento della detta ordinanza, sulla base di tre ordini di censure.
2.1. Col primo motivo, si sostiene che l’ordinanza sia corredata da motivazione apparente. Il Giudice si sarebbe limitato a un “copia e incolla” di parte della pronuncia delle Sezioni Unite n. 38481 del 2023, senza argomentare sul caso specifico e spiegare quale elemento fosse difettoso nell’atto di costituzione di parte civile. Si evidenzia che la costituzione di parte civile era stata correttamente depositata telematicamente e che, pur se sintetica, conteneva i requisiti di cui all’art. 78, comma 1, lett. d), cod. proc. pen., esplicitando il nesso tra la condotta dell’imputato e il danno patito dalla persona offesa.
2.2. Col secondo motivo, si lamenta l’ erronea applicazione dell’art. 78 cod. proc. pen. e della nuova disciplina introdotta dalla ‘ Riforma Cartabia ‘ . Si argomenta che, poiché la denuncia-querela della persona offesa risaliva al 24 marzo 2022, ovvero prima del 29 dicembre 2022 (data di applicazione delle nuove disposizioni ai procedimenti instaurati successivamente), al caso di specie si sarebbe dovuta applicare la previgente disciplina di cui all’art. 78, comma 1, lett. d), cod. proc. pen., sicché il mero richiamo al capo di imputazione sarebbe stato sufficiente se il nesso tra reato (nella specie, violenza privata ex art. 610 cod. pen.) e pretesa risarcitoria fosse stato immediato.
2.3. Col terzo motivo, ci si duole dell’ erronea applicazione della legge penale in relazione al principio del contraddittorio ex art. 111, comma 2, Cost., in combinato disposto con l’art. 484 cod. proc. pen., in quanto il Tribunale non aveva consentito la discussione sull’eccezione di inammissibilità sollevata dalla difesa dell’imputato, negando di fatto il contraddittorio.
Il Procuratore Generale, con requisitoria scritta, ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso, per essere l’ordinanza di esclusione della parte civile non impugnabile con ricorso per cassazione, salvo il caso di “abnormità”, insussistente nella specie.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Occorre ribadire il costante e univoco orientamento di questa Corte, già richiamato dal Procuratore Generale, secondo cui l’ordinanza dibattimentale di esclusione della parte civile dal processo non è impugnabile mediante ricorso per Cassazione, a meno che la stessa non sia affetta da abnormità, la quale ricorre
quando il provvedimento presenta un contenuto talmente incongruo e singolare da risultare avulso dall’intero ordinamento processuale (così Sez. 4, n. 17697 del 09/04/2024, Rv. 286364-01, Sez. 2, n. 45622 del 14/09/2017, Rv. 271155-01 e Sez. 4, n. 40737 del 28/06/2016, Rv. 267777-01; in tal senso anche Sez. U, n. 12 del 19/05/1999, COGNOME, Rv. 213858-01, che sottolinea, in motivazione, come i provvedimenti in genere circa l’ammissione della costituzione di parte civile non siano impugnabili, per evitare «una stasi del processo penale»).
Al riguardo, la detta ‘Riforma Cartabia’ non ha apportato alcuna novità, per cui non vi sono motivi per discostarsi dal menzionato orientamento, secondo cui, in definitiva, l’impugnazione del provvedimento che decide sull’ammissione della costituzione di parte civile è ammissibile solo laddove si denunci la sua abnormità.
La giurisprudenza delle Sezioni Unite (tra le tante, si vedano: Sez. U, n. 26 del 24/11/1999, dep. 2000, COGNOME, Rv. 215094-01; Sez. U, n. 37502 del 28/04/2022, COGNOME, Rv. 283552-01; Sez. U, n. 40984 del 20/03/2018, COGNOME, Rv. 273581-01; Sez. U, n. 4319 del 28/11/2013, dep. 2014, Rv. 257786-01) ha, peraltro, delineato la categoria dell’abnormità distinguendola dalle mere violazioni di singole norme processuali. L’abnormità può essere strutturale, e si verifica quando il giudice esercita un potere non attribuitogli dall’ordinamento processuale (carenza di potere in astratto), o quando esercita un potere previsto dall’ordinamento, ma in una situazione processuale radicalmente diversa da quella configurata dalla legge, al di fuori di ogni ragionevole limite (carenza di potere in concreto). E può anche essere funzionale, quando il provvedimento giudiziario determina una stasi del processo e l’impossibilità di proseguirlo. In tali casi, il provvedimento si pone al di fuori degli schemi legali e per finalità diverse da quelle legittimanti l’esercizio della funzione.
Applicando tali principi al caso in esame, si deve concludere che il provvedimento impugnato, di cui parte ricorrente neppure deduce l’abnormità, limitandosi a lamentare la sua erroneità in diritto e vizi motivazionali, non può ritenersi, di certo, abnorme né sotto il profilo strutturale, né sotto quello funzionale.
Sotto il profilo strutturale, il Tribunale ha esercitato un potere che rientra nella sua funzione giurisdizionale, ovvero il vaglio della ritualità e ammissibilità della domanda civile formulata nel processo penale, per giunta richiamando un orientamento espresso dal massimo consesso di giurisprudenza.
Sotto il profilo funzionale, l’ordinanza di inammissibilità della costituzione di parte civile non determina alcuna stasi irrimediabile del procedimento penale. Essa, per giunta, non pregiudica neppure il danneggiato, che mantiene la facoltà
di esercitare l’azione risarcitoria in sede civile.
L’inammissibilità dell’impugnazione di tale provvedimento in Cassazione ha, anzi, come detto, proprio la funzione di non rallentare il processo penale con parentesi che creerebbero una situazione di stallo (così, in motivazione, Sez. 2, n. 31490/2023 del 12/7/2023, ma anche la sopra richiamata Sez. U, n. 12 del 19/05/1999, COGNOME, Rv. 213858-01, in motivazione).
Analogamente, la lamentata violazione del principio del contraddittorio -sebbene grave sotto il profilo del rispetto delle garanzie processuali -non rende l’ordinanza abnorme. Anche un provvedimento adottato in violazione del contraddittorio, sebbene illegittimo e potenzialmente nullo, non può considerarsi automaticamente “avulso dal sistema processuale”, né determina una “stasi irrimediabile” del procedimento tale da giustificare il ricorso immediato per cassazione al di fuori dei casi tassativamente previsti, eludendo il regime di tassatività dei casi e dei mezzi di impugnazione stabiliti dall’art. 568, comma 1, cod. proc. pen.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso è inammissibile.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. , alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della sanzione pecuniaria, a favore della cassa delle ammende, nella misura in dispositivo, congrua in rapporto alle ragioni dell’inammissibilità ed all’attività processuale che la stessa ha determinato, valutata la colpa nella determinazione della stessa causa di inammissibilità (Corte Cost. n. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Così è deciso, 14/07/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME