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Corruzione pubblico ufficiale: la segnalazione vale reato

Un professionista è stato condannato per corruzione pubblico ufficiale per aver pagato un ispettore ASL in cambio di segnalazioni a potenziali clienti. La Corte di Cassazione ha confermato la condanna, stabilendo che tale accordo viola i doveri di imparzialità del pubblico ufficiale e configura il reato, a prescindere dal fatto che il professionista abbia ottenuto un reale vantaggio economico.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Corruzione Pubblico Ufficiale: Anche la Semplice Segnalazione può Costituire Reato

La linea di confine tra un favore e un reato può essere molto sottile, specialmente quando coinvolge un funzionario pubblico. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 2743/2024) ha chiarito che anche la semplice segnalazione di un professionista da parte di un pubblico ufficiale, se fatta in cambio di denaro, integra il grave delitto di corruzione pubblico ufficiale. Questa decisione sottolinea l’importanza dei doveri di imparzialità e trasparenza che gravano su chiunque eserciti una funzione pubblica.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dalla condanna di un professionista, titolare di uno studio tecnico, per il reato di corruzione. Secondo l’accusa, confermata nei primi due gradi di giudizio, il professionista aveva versato una somma di denaro a un ispettore dell’ASL. In cambio, l’ispettore, durante i suoi controlli ufficiali presso esercizi commerciali, segnalava il nome del professionista per eventuali consulenze e lavori edili. Si era così creato un patto illecito: denaro in cambio di un canale preferenziale per ottenere incarichi professionali.

Il Ricorso in Cassazione: Le Argomentazioni della Difesa

Il professionista ha impugnato la condanna in Cassazione basando la sua difesa su due punti principali:

1. Assenza del patto corruttivo (sinallagma): La difesa ha sostenuto che il pagamento non era legato a un accordo, ma era un semplice atto di liberalità, un aiuto economico a una persona in difficoltà. Inoltre, ha evidenziato che dalle segnalazioni non era derivato alcun vantaggio concreto, poiché i soggetti segnalati erano già suoi clienti o non gli avevano conferito alcun incarico.
2. La segnalazione non è un atto contrario ai doveri d’ufficio: Secondo il ricorrente, raccomandare un professionista non rientra tra i poteri specifici dell’ispettore ASL e, quindi, non potrebbe costituire un atto contrario ai doveri del suo ufficio, elemento necessario per configurare il reato contestato (art. 319 c.p.).

La Configurazione della Corruzione Pubblico Ufficiale secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato completamente il ricorso, fornendo importanti chiarimenti sulla natura della corruzione pubblico ufficiale. I giudici hanno smontato le tesi difensive, confermando che il comportamento tenuto dall’ispettore e dal professionista rientra a pieno titolo nel reato di corruzione.

L’Irrilevanza del Vantaggio Concreto

La Corte ha stabilito che, ai fini della configurazione del reato, è irrilevante che il corruttore abbia tratto un effettivo profitto dalle segnalazioni. Il delitto si perfeziona con il mercenimonio della funzione pubblica, ovvero con l’accordo stesso. Ciò che conta è il patto illecito con cui il pubblico ufficiale accetta di mettere in vendita i propri poteri o la propria influenza in cambio di un’utilità. La circostanza che le segnalazioni non abbiano portato a nuovi incarichi non cancella la gravità dell’accordo corruttivo.

La Violazione dei Doveri di Imparzialità e Trasparenza

Il punto centrale della sentenza riguarda la qualificazione della segnalazione come “atto contrario ai doveri d’ufficio”. La Cassazione ha affermato che i doveri di un pubblico ufficiale non si limitano agli atti tipici della sua funzione, ma includono anche i principi generali di imparzialità e trasparenza sanciti dall’art. 97 della Costituzione.

Quando un ispettore ASL, nell’esercizio delle sue funzioni di controllo, usa la sua posizione per favorire un professionista a scapito di altri, compromette direttamente la propria imparzialità. Questo favoritismo, inserito nel contesto dell’esercizio di competenze funzionali, non è un atto ‘esterno’ all’ufficio, ma una condotta che ne inquina il contenuto e la finalità.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha ritenuto infondate le argomentazioni della difesa, sottolineando che la dazione di denaro non poteva essere considerata una mera liberalità. Dalle intercettazioni era emerso che l’ispettore non aveva chiesto un aiuto, ma aveva insistito per un incontro al fine di riscuotere un “credito”, a riprova dell’esistenza di un accordo pregresso. L’analisi dei giudici si è concentrata sulla correlazione tra il pagamento e le segnalazioni effettuate dall’ispettore. È stato accertato che, in un lasso di tempo coerente con il pagamento, l’ispettore aveva effettivamente segnalato il nome del professionista durante i suoi accessi ispettivi. Questo comportamento è stato ritenuto una palese violazione dei doveri di imparzialità, integrando così l’elemento oggettivo del reato di corruzione ai sensi dell’art. 319 c.p.

Conclusioni

La sentenza rappresenta un importante monito: la corruzione non si manifesta solo attraverso atti amministrativi illegittimi, ma anche tramite comportamenti che, pur apparendo minori come una ‘semplice’ segnalazione, minano alla base la fiducia dei cittadini nelle istituzioni. Per la legge, mettere in vendita la propria imparzialità è grave quanto vendere un atto specifico del proprio ufficio. Questa decisione ribadisce che qualsiasi forma di favoritismo da parte di un pubblico agente in cambio di denaro o altre utilità costituisce una grave violazione dei suoi doveri e configura il reato di corruzione, indipendentemente dall’esito finale per il corruttore.

Quando la raccomandazione di un professionista da parte di un pubblico ufficiale diventa corruzione?
Diventa corruzione quando tale segnalazione è il risultato di un accordo illecito in cui il pubblico ufficiale riceve denaro o un’altra utilità per orientare le scelte dei privati, sfruttando la propria posizione e violando così il suo dovere di imparzialità.

Per configurare il reato di corruzione, è necessario che il corruttore ottenga un effettivo vantaggio economico dalla segnalazione?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il reato si consuma con la stipulazione del patto corruttivo (il cosiddetto ‘mercenimonio della funzione’). È quindi irrilevante che il professionista abbia effettivamente ottenuto nuovi incarichi o realizzato un profitto.

Un pagamento a un pubblico ufficiale può essere giustificato come un atto di generosità?
No, se le circostanze dimostrano un collegamento con la funzione pubblica dell’agente. Nel caso specifico, la Corte ha escluso la tesi della liberalità perché l’ispettore non aveva chiesto un aiuto, ma aveva preteso il pagamento come se si trattasse della riscossione di un credito derivante dal loro accordo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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