Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 2743 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 2743 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMENOME nato il DATA_NASCITA a Lecco
avverso la sentenza in data 06/02/2023 della Corte di appello di Milano visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udite le conclusioni del Pubblico ministero in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; udito il difensore, AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 06/02/2023 la Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza del Tribunale di Lecco in data 16/07/2020, con cui NOME COGNOME, titolare di studio tecnico, è stato riconosciuto colpevole del delitto di corruzione, risalente al 2015, per aver versato una somma di denaro a NOME COGNOME, ispettore ASL, a fronte della segnalazione di lavori edili da effettuare presso esercizi commerciali soggetti a controlli dell’ASL.
Ha proposto ricorso COGNOME tramite il suo difensore.
2.1. Con il primo motivo deduce vizio di motivazione in ordine all’esistenza del sinallagma.
Posto che il reato di corruzione presuppone la prova dell’accordo, la Corte aveva ritenuto ininfluente il tema della qualificazione del rapporto tra COGNOME e COGNOME, che il primo giudice aveva ritenuto un procacciatore di affari per conto del ricorrente: peraltro era rilevante il riscontro dell’assenza di qualsiasi vantaggio per COGNOME in relazione agli unici due casi emersi di segnalazioni da parte di COGNOME, tenendo conto che COGNOME e COGNOME erano già clienti di COGNOME e che nel caso di NOME, conosciuto da NOME, i lavori segnalati sarebbero stati di competenza del proprietario dell’immobile.
A tale stregua il versamento della somma di euro 400,00 avrebbe dovuto dirsi effettuato a prescindere da qualsivoglia sollecitazione da parte del ricorrente e in assenza di un suo vantaggio, elementi indicativi dell’assenza di un accordo, non potendosi utilmente far riferimento alla ravvisata tendenza di COGNOME a porre in essere comportamenti analoghi.
Contesta il ricorrente l’assunto della sovrapponibilità temporale tra la segnalazione e la dazione.
La conversazione n. 184, valorizzata dai Giudici di merito, risaliva al dicembre 2014, a fronte di un pagamento effettuato nell’aprile 2015; relativamente a COGNOME, non era ricostruibile con esattezza l’epoca della segnalazione, da collocare in un ambito temporale compreso tra aprile 2013 e aprile 2015.
Esclusa dunque la concomitanza temporale, non erano ravvisabili elementi ulteriori a supporto dell’assunto di un accordo corruttivo, costituendo valida alternativa la giustificazione della dazione fornita dal ricorrente nel corso del suo esame, allorché aveva parlato di mera liberalità.
2.2. Con il secondo motivo denuncia violazione di legge in relazione all’art. 319 cod. pen.
NOME non era intervenuto in una selezione di professionisti o nella valutazione dell’opera di un professionista rispetto ad un altro.
In realtà la Corte aveva preso spunto dalla provata dazione di denaro per sostenere che la segnalazione costituisse atto in violazione dell’art. 97 Cost.
Ma l’atto contrario ai doveri di ufficio avrebbe dovuto essere accertato a prescindere dal sinallagma, ferma restando semmai l’ipotizzabilità del reato di cui all’art. 318 cod. pen.
In realtà l’indicazione di un professionista è atto eccentrico rispetto all’esercizio delle funzioni proprie del pubblico ufficiale, ma non costituisce violazione dell’art. 97 Cost.
NOME aveva agito in occasione dell’esercizio delle funzioni senza che l’atto rientrasse nel concreto esercizio dei poteri inerenti alle funzioni.
Richiama il ricorrente l’orientamento giurisprudenziale in forza del quale non costituisce atto di ufficio la raccomandazione, in quanto compiuta in occasione delle funzioni e non costituente uso dei poteri funzionali connessi alla qualifica soggettiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è inammissibile, in quanto mira a sovvertire la valutazione di merito, senza individuare profili di inadeguatezza, contraddittorietà o illogicità manifesta della motivazione.
Deve lin primo luogo, rimarcarsi come risulti privo di qualsivoglia rilievo ogni tentativo di qualificare sotto il profilo civilistico l’intesa che i giudici di merito h ritenuto essere intercorsa tra il ricorrente e il pubblico ufficiale COGNOMECOGNOME essendo al contrario decisivo, ai fini in esame, che possa stabilirsi una correlazione tra l’accertata dazione di denaro da parte di COGNOME e condotte tenute da COGNOME nello svolgimento delle sue funzioni.
A fronte di ciò, le deduzioni difensive riflettono le doglianze già formulate nei precedenti gradi di giudizio e non sono idonee a vulnerarle: è stato infatti rilevato dalla Corte come, alla stregua delle osservazioni del primo Giudice, dovesse escludersi che intercorresse tra COGNOME e COGNOME un effettivo rapporto di amicizia e nel contempo che la dazione di una somma di denaro, risultante dagli esiti di operazioni di intercettazione e comunque confermata da COGNOME, potesse ricondursi a mero spirito di liberalità a sostegno di una persona in difficoltà economiche, in senso contrario essendosi dato rilievo alla circostanza che COGNOME non avesse formulato una richiesta di aiuto, ma avesse insistito per la rapida fissazione di un incontro, nella prospettiva della riscossione di un credito, correlato ad un accordo.
D’altro canto, sulla base di tali premesse, è stato sottolineato come fosse emerso che in più occasioni, in un lasso di tempo coerente con la dazione avvenuta ai primi di aprile del 2015, COGNOME avesse avuto modo di segnalare nel corso di suoi accessi presso vari esercizi il nome di COGNOME per consulenze professionali, risultando inconferente che alla resa dei conti il ricorrente non avesse tratto concreto profitto da quelle segnalazioni, relative a soggetti che già erano in contatto con lui o che, come nel caso di NOME, gestore di un ristorante, non avrebbero conferito alcun incarico, venendo in rilievo lavori di competenza del proprietario del locale.
Ed allora, posto che, a fronte delle sicure segnalazioni, l’accertata dazione non ha trovato plausibili spiegazioni diverse, deve ritenersi che non si esponga a censure la conclusione dei giudici di merito in ordine alla configurabilità di un patto illecito, intercorso tra COGNOME e COGNOMECOGNOME in forza del quale era previsto che i ricorrente remunerasse il pubblico ufficiale in relazione al fatto che costui, nel corso degli accessi effettuati per ragioni di ufficio, segnalasse COGNOME ai fini di uti consulenze, involgenti la professione di geometra svolta dal ricorrente.
2. Il secondo motivo di ricorso è infondato.
La doglianza concerne, da un lato, la qualificazione dell’atto e, dall’altro, la stessa configurabilità di un illecito di tipo funzionale.
E’ noto, invero, che il delitto di corruzione implica un mercimonio che deve riguardare una condotta rientrante nella sfera di competenza o di influenza dell’ufficio cui appartiene il pubblico agente (Sez. 6, n. 17973 del 22/01/2019, Caccuri, Rv. 275935) e che l’ipotesi di cui all’art. 319 cod. pen. implica non solo la presa in carico di un interesse del privato, ma la specifica individuazione di un atto contrario ai doveri di ufficio (Sez. 6, n. 18125 del 22/10/2019, Bolla, Rv. 279555), potendosi altrimenti ravvisare l’ipotesi di cui all’art. 318 cod. pen., la c offensività, quand’anche correlata ad un asservimento del pubblico agente, si risolve nella messa in pericolo del bene protetto.
Orbene, nel caso in esame i giudici di merito hanno dato conto della contrarietà della condotta del pubblico agente ai suoi doveri di ufficio e hanno segnalato la correlazione di quella condotta all’esercizio della funzione.
Sotto il primo profilo,deve in effetti convenirsi che tra i doveri gravanti sul pubblico agente vi è anche quello dell’imparzialità e della trasparenza, riconnpresi tra quelli evocati dall’art. 97 Cost., declinati in relazione alla diversa modulazione dell’esercizio delle funzioni pubbliche: è invero evidente che al pubblico ufficiale è preclusa la possibilità di favorire privati a scapito di altri, favorendo occasioni d lucro a vantaggio di taluni e in danno di altri.
Sotto il secondo profilo,deve inoltre escludersi che il favoritismo sotteso alla segnalazione di un professionista, effettuata nel concreto esercizio della pubblica funzione, possa dirsi estraneo a quest’ultimo.
Al riguardo è stato invocato nel motivo di ricorso l’orientamento in forza del quale non costituisce atto di ufficio quello consistente nella segnalazione o raccomandazione con cui un pubblico ufficiale sollecita il compimento di un atto da parte di un diverso pubblico ufficiale, trattandosi di condotta compiuta in occasione dell’ufficio (Sez. 6, n. 38762 del 08/03/2012, COGNOME, Rv. 253371).
Deve, tuttavia, replicarsi che la condotta deve essere valutata nel suo complesso in relazione allo svolgimento della funzione, assumendo rilievo la
circostanza che possa risultare compromessa la stessa imparzialità del pubblico agente, in diretta violazione dei canoni di cui all’art. 97 Cost., allorché nel quadro dell’esercizio delle competenze funzionali si inseriscano indebiti favoritismi, volti ad orientare scelte dei privati, come nel caso della segnalazione di produttori di beni o servizi, in varia guisa interferenti con i contenuti della funzione (si rinvia a Sez. 6, n.8633 del 18/04/1996, Messina, Rv. 205965, riferita alla condotta di medici che segnalavano officine ortopediche per l’acquisto di protesi e presidi).
Sulla scorta di tali rilievi deve ,dunque,ritenersi che correttamente sia stato ravvisato il delitto di corruzione di cui all’art. 319 cod. pen. con riguardo ad un patto in cui veniva dedotta una condotta del pubblico agente interferente con il contesto e il contenuto della sua funzione e in concreto contraria ai suoi doveri.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 05/12/2023