Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 31248 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 31248 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME COGNOME nato a CORMONS il 11/01/1973
avverso l’ordinanza del 18/01/2025 del Tribunale di Gorizia visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.Con l ‘ordinanza impugnata, il Tribunale di Gorizia in funzione di Giudice dell’esecuzione ha riconosciuto la continuazione tra reati già avvinti dalla continuazione con precedente ordinanza e quello di appropriazione indebita giudicato con sentenza del Tribunale di Gorizia, divenuta definitiva il 13 aprile 2024, con rideterminazione della pena in quella di anni quattro e mesi quattro di reclusione ed euro 3.555 di multa.
Con successiva ordinanza resa ai sensi dell’ art. 130 cod. proc. pen., il Giudice dell’esecuzione ha corretto l’entità della pena definitivamente determinata indicandola in quella di anni quattro mesi otto di reclusione, ferma la multa.
Avverso l ‘ordinanz a descritta ha proposto ricorso per cassazione il condannato, per il tramite del difensore, affidandosi a un unico motivo con il
quale si denuncia inosservanza o erronea applicazione di legge penale e violazione dell’art. 130 del codice di rito.
Si evidenzia che, nella motivazione dell’ordinanza con la quale vi è stato il riconoscimento del vincolo della continuazione, non è indicato alcun aumento della pena detentiva ai sensi dell’art. 81 cod. pen., ma l’unico aumento è stato indicato in termini di pena pecuniaria. Sicché non vi era alcun errore di calcolo da correggere.
Ciò comporta che il provvedimento di correzione ha determinato una modificazione essenziale dell’ordinanza in quanto ha inciso sul suo dispositivo, con violazione dell’art. 130 cod. proc. pen.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha fatto pervenire requisitoria scritta con la quale ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso è infondato.
1.1. Va premesso che la determinazione della pena per ciascuno dei reati unificati a titolo di continuazione anche in sede esecutiva e, quindi, l’individuazione della pena base e dell’aumento per la continuazione (suddiviso per ciascuno dei reati satellite considerati), non è operazione meramente aritmetica, da compiersi senza apporti valutativi originali in ordine, se non altro, ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen.
1.2. Inoltre, è noto che il ricorso alla procedura di cui all’art. 130 cod. proc. pen. è consentito quando l’intervento correttivo sia imposto dalla necessità di armonizzare la rappresentazione formale della decisione con il suo reale e intangibile contenuto; sicché è consentito il ricorso alla correzione dell’errore materiale quando essa non comporta una sostanziale modifica ovvero una sostituzione della decisione già assunta (tra le altre, Sez. 5, n. 11064 del 07/11/2017, dep. 2018, Rv. 272658 – 01; Sez. 1, n. 42897 del 25/09/2013, COGNOME, Rv. 257158 – 01; Sez. 1 n. 6784 del 25/1/2005, COGNOME, Rv. 232939 – 01).
Invero, l’errore, quale che ne sia la causa genetica, una volta divenuto parte del processo formativo della volontà del giudice, trasferisce i suoi effetti sulla decisione, la quale può subire interventi correttivi solo prima che si sia formato il giudicato, attraverso i mezzi di impugnazione apprestati dall’ordinamento (Sez. 1, n. 2688 del 17/11/2010, dep. 2011, Sardi, Rv. 249551 – 01, in tema di indulto).
1.3. Deve, poi, rilevarsi che la giurisprudenza di legittimità -ancorché non univoca – opta, con riferimento alle sentenze, in caso di contrasto, per la prevalenza del dispositivo sulla motivazione.
Secondo un altro orientamento, l’eventuale divergenza tra dispositivo e motivazione non può essere sempre risolta ricorrendo al criterio della prevalenza del primo sulla seconda. Per tale indirizzo, la regola della prevalenza del dispositivo, quale immediata espressione della volontà decisoria del giudice, non è assoluta ma va contemperata, tenendo conto del caso specifico, con la valutazione dell’eventuale pregnanza di elementi, tratti dalla motivazione, significativi di detta volontà (Sez. 3, n. 3969 del 25/09/2018, dep. 2019, B., Rv. 275690 -01; Sez. 2, n. 23343 del 01/03/2016, Ariano, Rv. 267082 -01; Sez. 5, n. 44867 del 14/09/2015, COGNOME, Rv. 265873 -01 secondo cui il contrasto tra dispositivo e motivazione non determina nullità della sentenza, e può essere risolto anche con la valutazione dell’eventuale pregnanza degli elementi, tratti dalla motivazione, significativi della volontà decisoria del giudice: caso in cui il giudice di appello ha riconosciuto all’imputato il beneficio della sospensione condizionale della pena, omesso nel dispositivo della sentenza di primo grado e chiaramente enunciato in motivazione).
Ciò in quanto la motivazione conserva la sua funzione di spiegazione e chiarimento delle ragioni per cui il giudice è pervenuto alla decisione e, pertanto, ben può contenere elementi -certi e logici -che facciano ritenere errato il dispositivo o parte di esso, sempre che la difformità non presenti profili di merito (Sez. 4, n. 43419 del 29/09/2015, Forte, Rv. 264909 -01).
Questa Corte, peraltro, ha, in via generale, considerato ammissibile il ricorso al procedimento di correzione degli errori materiali, previsto dall’art. 130 cod. proc. pen., quando l’intervento correttivo sia imposto dalla necessità di armonizzare l’estrinsecazione formale della decisione con il suo reale e intangibile contenuto, perché si reputa che, in tal caso, la correzione è incapace di incidere sulla decisione assunta e non si risolve in una modificazione essenziale o nella sostituzione di una decisione già presa (Sez. 1, n. 6784 del 25/01/2005, COGNOME, Rv. 232939). Sulla stessa linea ermeneutica si colloca Sez. 1, n. 42897 del 25/09/2013, COGNOME, Rv. 257158, la quale, nell’affermare che non può farsi ricorso alla procedura di correzione dell’errore materiale da parte del Giudice dell’esecuzione ove si realizzi un’indebita integrazione del dispositivo della sentenza di merito, che si risolve in una modifica rilevante, essenziale e significativamente innovativa del contenuto della decisione, ha implicitamente considerato, a contrario, che ove risulti chiaro, in motivazione, che la statuizione ritenuta mancante nel dispositivo sia stata oggetto di una motivata decisione in tal senso, la così rilevata omissione possa essere integrata con la procedura di cui all’art. 130 cod. proc. pen. (in termini analoghi: Sez. 1, n. 3627 del 11/01/2022, Nicosia, Rv. 282497 -01; Sez. 5, n. 44867 del 14/09/2015, Rv. 265873 -01, avendo quest’ultima affermato che il contrasto tra dispositivo e motivazione non determina nullità della sentenza e può essere
risolto anche con la valutazione dell’eventuale pregnanza degli elementi, tratti dalla motivazione, significativi della volontà decisoria del giudice).
1.4. In ogni caso, si è affermato, con specifico riferimento al provvedimento emesso all’esito di udienza camerale come quello adottato nel caso di specie -in cui la decisione si esplicita nell’intero provvedimento (Sez. 1, n. 11873 del 19/12/2014, dep. 20/03/2015, Rv. 262885; Sez. 1, n. 8071 del 11/02/2010, Rv. 246570) che il contrasto fra motivazione e dispositivo si risolve -sia in caso di ordinanza sia in caso di sentenza – dando prevalenza alla motivazione, in quanto il contenuto della decisione è racchiuso nell’intero contesto del provvedimento.
In tema di provvedimenti camerali, dunque, non è prospettabile, per tale indirizzo, un vero e proprio contrasto tra dispositivo e motivazione poiché in essi manca il dispositivo inteso come atto dotato di autonoma rilevanza, e, quindi, per interpretare il contenuto della decisione, va considerato il complessivo provvedimento adottato (Sez. 3, n. 16354 del 11/01/2021, Fago, Rv. 281069 -01), tenuto conto che questa è strutturalmente redatta in modo unitario, ragione per la quale la differenziazione gerarchica fra dispositivo e motivazione nel verificare l’esistenza o meno dell’errore materiale non si determina (v. anche Sez. 4, n. 26172 del 19/05/2016, COGNOME, Rv. 267153 -01 secondo la quale, nell’ipotesi in cui la discrasia tra dispositivo e motivazione della sentenza – nella specie, di tipo contestuale – dipenda da un errore nella materiale indicazione della pena nel dispositivo e dall’esame della motivazione emerga in modo chiaro ed evidente la volontà del giudice, potendosi ricostruire il procedimento seguito per determinare la sanzione, la motivazione prevale sul dispositivo con la conseguente possibilità di rettifica dell’errore in sede di legittimità, secondo la procedura prevista dall’art. 619 cod. proc. pen., non essendo necessarie, in tal caso, valutazioni di merito) .
2. Tali essendo i principi cui il Collegio intende dare continuità, si osserva che, nel caso al vaglio, la motivazione dell’ordinanza poi corretta, in una parte, rende conto anche dell’aumento operato in relazione alla pena detentiva, oltre a quello disposto per la pena pecuniaria, indicato in dispositivo, ex art. 81 cod. pen. Dunque, la lettura congiunta del provvedimento camerale adottato consente di concludere per la legittimità del rimedio adottato ex art. 130 cod. proc. pen., risultando la correzione adottata espressione dell ‘ interpretazione del complessivo contenuto del provvedimento adottato ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen.
Invero, dalla lettura congiunta di dispositivo e motivazione (che, trattandosi di ordinanza resa all’esito dell’ udienza camerale, è doveroso per quanto sin qui esposto), si rileva che effettivamente il G iudice dell’esecuzione, nel riepilogare l’entità della pena risultante dal calcolo adottato, la indica in quella di anni quattro e mesi otto di reclusione ed euro 3.550 di multa. Sicché, in tale parte, la
motivazione rende conto del fatto che l’aumento rispetto alla preesistente pena di anni quattro e mesi quattro ed euro 3050 di multa riguardava, non solo quella pecuniaria indicata in dispositivo evidentemente per mera svista, ma anche quella pena detentiva anche se non specificata nel dispositivo.
Segue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, ex art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, il 10 settembre 2025
Il Consigliere estensore Il Presidente
NOME COGNOME NOME COGNOME