Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 5642 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 5642 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Gallipoli il DATA_NASCITA
avverso la ordinanza del 20/10/2022 del Tribunale di Lecce visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Con la ordinanza in epigrafe indicata, il Tribunale di Lecce, in sede di incidente di esecuzione, promosso dall’amministratore giudiziario dei beni confiscati, disponeva, ai sensi degli artt. 665 e 130 cod. proc. pen., la correzione dell’errore materiale contenuto nel dispositivo del decreto emesso dallo stesso Tribunale il 18 luglio 2008 e che aveva applicato la misura di prevenzione della confisca nei confronti di NOME COGNOME, nel senso che a pag. 26 dello stesso dopo le parole “e precisamente” doveva leggersi “terreni intestati a COGNOME
NOME, siti in Gallipoli, riportati in catasto al foglio 26, particelle n. 31, 35 445, 448, 692″.
Avverso la suddetta ordinanza ha proposto appello l’interessato NOME COGNOME, denunciando, a mezzo di difensore, i motivi di seguito sintetizzati.
2.1. Illegittimamente il Tribunale ha utilizzato lo strumento di cui all’art. 130 cod. proc. pen. per spogliare il ricorrente di alcuni beni.
Il provvedimento è stato emesso da un giudice incompetente funzionalmente, in quanto il decreto del Tribunale del 2008 era stato impugnato in appello (provvedimento del 19 luglio 2010).
I beni oggetto di correzione materiale (siti in Gallipoli, foglio 26, particelle 31 35, 96, 445, 448, 692) non hanno mai subito alcuna verifica, sequestro o confisca, neppure nella parte motiva del decreto di sequestro del 18 luglio 2007.
In ogni caso il fatto che non siano stati inseriti tali beni nei decreti del gennaio e 18 luglio 2008 sta ad indicare che non è stata valutata rispetto ad essi la sproporzione che avrebbe giustificato la loro apprensione.
L’ordine di confisca trasfuso a pag. 26 del decreto del 18 luglio 2008 riguardava solo i beni immobili sequestrati ai familiari del COGNOME con decreto del 19 marzo 2008 e tale parte è stata successivamente “disintegrata” nei successivi gradi di giudizio.
Con decreto del 14 giugno 2023 la Corte di appello di Lecce qualificava l’impugnazione come ricorso per cassazione avverso provvedimento di correzione di errore materiale ex art. 130 cod. proc. pen. e ne disponeva la trasmissione alla Corte di cassazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato.
Quanto alla competenza, va rilevato che il procedimento di prevenzione si è concluso con la decisione della Corte di cassazione del 2011 e il ricorso non si confronta con il consolidato principio di diritto affermato in tema di misure di prevenzione, secondo cui, ai fini dell’individuazione del giudice competente a decidere sull’incidente di esecuzione, è inapplicabile la disciplina contenuta nell’art. 665 cod. proc. pen., con la conseguenza che – salve espresse disposizioni – la “competenza esecutiva” spetta al tribunale che ha emesso la misura di prevenzione, anche se il provvedimento è stato parzialmente modificato in
secondo grado (Sez. 1, n. 40765 del 13/06/2018, Rv. 273968; Sez. 1, n. 3140 del 10/01/2011, Rv. 249554).
Pertanto, correttamente il provvedimento è stato assunto dal Tribunale di Lecce.
Quanto alla legittimità della correzione, contrariamente alle censure difensive, il decreto del Tribunale del 18 luglio 2008 ha indicato espressamente in motivazione non solo i terreni da confiscare ma anche le ragioni della stessa confisca.
Infatti, il Tribunale ha dato atto in motivazione dei beni sequestrati al COGNOME con i decreti del 18 gennaio e 19 marzo 2008: a pag. 8 in particolare sono stati menzionati i terreni intestati al COGNOME e “riportati in catasto al fol. 26, partile 35, 96, 445, 448, 692”, oggetto del sequestro del 19 marzo 2008.
Su tali beni (ovvero quelli “sopra specificatamente indicati, di cui ai provvedimenti di sequestro del 18.1 e 19.3.2008”) il Tribunale si è pronunciato in motivazione a pag. 20 del decreto del 18 luglio 2008, là dove ha ritenuto che siano stati acquistati con proventi illeciti derivanti dalla partecipazione del proposto all’associazione di stampo mafioso e che per tale ragione andassero confiscati. Per poi, in dispositivo, ordinarne la confisca (“ordina la confisca dei beni sottoposti a sequestro il 19.3.2008”), salvo omettere per mero errore di indicarne gli estremi.
E’ appena il caso di aggiungere che la confisca dei beni intestati al COGNOME è stata interamente confermata a seguito dei giudizi di impugnazione (cfr. sentenza n. 26046 del 2011 emessa da questa Corte).
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento e, considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000 in favore della Cassa dell ammende.
Così deciso il 14/11/2023.