Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 7707 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 7707 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 27/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a SARZANA il 29/08/1969
avverso l’ordinanza del 08/05/2024 del GIP TRIBUNALE di LA SPEZIA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di La Spezia ha respinto l’istanza di correzione di errore materiale proposta da NOME COGNOME con riferimento all’asserito errore contenuto nel decreto di archiviazione emesso dal G.I.P. del medesimo Tribunale il 10/08/2023; in particolare, a seguito di iscrizione nel registro degli indagati del nominativo di NOME COGNOME in relazione al reato di cui all’art. 612 comma 2 cod. pen., (con riferimento ad un episodio nel quale l’indagata aveva effettuato una telefonata dal contenuto minatorio nei confronti della p.o., già destinataria di scritto anonimi minacciosi, il cui autore era tuttavia rimasto ignoto), essendo intervenuta remissione di querela con relativa accettazione, il GIP emetteva decreto di archiviazione, quanto alla telefonata, per estinzione del reato per remissione di querela, e, per lo scritto anonimo, ex art. 131 bis cod. pen. La COGNOME avanzava quindi al Giudice dell’esecuzione l’istanza di correzione di errore materiale volta ad emendare l’errore in cui era caduto il GIP nell’emettere il decreto di archiviazione anche con riferimento all’ipotesi dello scritto anonimo, in realtà mai contestato all’indagata COGNOME. Il G.E., sul presupposto che la richiesta avanzata implicasse una modifica sostanziale del provvedimento di archiviazione, respingeva l’istanza.
Avverso tale ordinanza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore, avv. NOME COGNOME deducendo un unico motivo con il quale lamenta violazione di legge anche processuale e vizio di motivazione, ex art. 606 lett. b), c) ed e). cod. proc. pen..
Osserva la Difesa come, non essendo mai stato contestato alla COGNOME il fatto (scritto anonimo) per cui interveniva il decreto di archiviazione, il provvedimento assunto dal GIP prima e dal G.E. poi si pongono in aperta violazione delle prerogative del Pubblico Ministero in ordine all’esercizio penale. In particolare il G.E, adito, anziché emendare l’evidente errore che affliggeva il primo decreto, rende una motivazione da un lato ultronea dall’altro carente, dal momento che lo strumento di cui all’art. 130 cod. , proc. pen. era l’unico che poteva consentire di emendare l’evidente nullità che caratterizzava il provvedimento di archiviazione; provvedimento che in ogni caso dev’essere ritenuto abnorme.
Il Procuratore Generale, dott.ssa NOME COGNOME intervenuto con requisitoria scritta, ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato, perché l’ordinanza impugnata è esente dai
vizi denunciati.
La giurisprudenza di legittimità ha spiegato che deve ritenersi esclusa l’applicabilità dell’art. 130 cod. proc. pen. quando la correzione si risolva nella modifica essenziale o nella sostituzione di una decisione già assunta. L’errore, quale che sia la causa che possa averlo determinato, una volta divenuto partecipe del processo formativo della volontà del giudice, non può che diffondere i suoi effetti sulla decisione: ma questa, nella sua organica unità e nelle sue essenziali componenti, non può subire interventi correttivi, per quanto ampio significato si voglia dare alla nozione di «errore materiale» suscettibile di correzione. Viceversa, sono sempre ammissibili gli interventi correttivi imposti soltanto dalla necessità di armonizzare l’estrinsecazione formale della decisione con il suo reale intangibile contenuto, proprio perché intrinsecamente incapaci di incidere sulla decisione già assunta (Sez. U, n. 8 del 18/05/1994, COGNOME, Rv. 19854301). Perché sia suscettibile di correzione ai sensi dell’art. 130 cod. proc. pen., l’errore non dev’essere partecipe del processo volitivo del giudice, ma deve semplicemente consistere in una mancanza di corrispondenza tra il contenuto effettivo di una decisione e la sua formale estrinsecazione. Pertanto, non può farsi luogo alla procedura di correzione ove nessuna disarmonia emerga tra il contenuto decisorio del provvedimento e la sua formale manifestazione (Sez. 5, n. 3658 del 04/07/1994, Greco, Rv. 19984101). L’errore materiale, alla cui correzione si procede a norma dell’art. 130 cod. proc. pen., ricorre solo quando si tratta di difformità meramente esteriori tra il pensiero del giudice e la sua manifestazione, ossia tra la sua volontà e la forma in cui essa è stata espressa, quando tale difformità sia rilevabile dal mero raffronto degli atti con il contenuto del provvedimento (Sez. 1, n. 3961 dei 06/10/1993, Rutigliano, Rv. 19544701).
Nel caso in esame, il giudice dell’esecuzione ha correttamente evidenziato come fossero carenti i presupposti per l’accoglimento della domanda di correzione di asseriti errori materiali che involgevano il provvedimento di archiviazione emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di La Spezia il 10/08/2023, dal momento che, accedendo alla richiesta difensiva «in realtà si opererebbe una modifica sostanziale del provvedimento di archiviazione, con un dispositivo che sarebbe in contrasto con la motivazione che lo precede».
La difesa della ricorrente si duole infatti non di una difformità tra volontà e forma, attinenti il decreto di archiviazione emesso il 10/08/2023, bensì del contenuto della decisione del GIP, essendo stata disposta l’archiviazione del procedimento anche con riferimento a fattispecie di reato non contestata all’indagata.
Come correttamente evidenziato dal P.G. in seno alla sua requisitoria, il denunciato vizio afferente il decreto di archiviazione avrebbe dovuto essere oggetto di specifica
impugnazione per abnormità da parte della ricorrente.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile in applicazione dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma indicata nel seguente dispositivo alla Cassa delle ammende, non essendo dato escludere – alla stregua del principio di diritto affermato da Corte cost. n. 186 del 2000 – la ricorrenza dell’ipotesi della colpa nella proposizione dell’impugnazione.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 27 novembre 2024
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