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Correzione errore di fatto: quando il ricorso è nullo

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso per la correzione di un errore di fatto presentato contro una decisione in materia di misure cautelari. La Corte ha stabilito che questo rimedio straordinario è applicabile solo a sentenze di condanna definitive e non a provvedimenti emessi in procedimenti incidentali. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, nonostante la successiva rinuncia al ricorso.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Correzione Errore di Fatto: Quando il Rimedio Straordinario Non È Applicabile

Nel complesso panorama della procedura penale italiana, esistono strumenti di impugnazione ordinari e altri, definiti straordinari, il cui utilizzo è consentito solo in circostanze eccezionali. Uno di questi è il ricorso per correzione errore di fatto, disciplinato dall’articolo 625-bis del codice di procedura penale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti invalicabili di questo strumento, sottolineando come un suo uso improprio conduca inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità, con conseguenze economiche per il ricorrente.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine dalla richiesta di una cittadina di veder dichiarata l’inefficacia di una misura cautelare applicata nei suoi confronti, a causa del superamento dei termini di durata massima. Questa istanza era stata rigettata dal Tribunale competente. Successivamente, anche il ricorso presentato dinanzi alla Corte di Cassazione contro tale decisione veniva respinto.
Non arrendendosi, la ricorrente decideva di impugnare anche quest’ultima sentenza della Cassazione, utilizzando però lo strumento straordinario del ricorso per correzione errore di fatto. In un secondo momento, la stessa parte presentava una rinuncia al ricorso, dichiarando una sopravvenuta carenza di interesse alla decisione.

Il Ricorso Straordinario e il Principio di Eccezionalità

Il ricorso per correzione errore di fatto non è un terzo grado di giudizio né un’ulteriore occasione per ridiscutere il merito di una decisione. Si tratta di un rimedio eccezionale, pensato per sanare unicamente errori di percezione materiale commessi dalla Corte di Cassazione, come una svista su un dato processuale o un equivoco palese.
La giurisprudenza, in particolare una fondamentale sentenza delle Sezioni Unite (n. 16103/2002), ha stabilito in modo inequivocabile i due pilastri su cui si regge l’applicabilità di questo strumento:

1. Legittimazione Soggettiva: Può essere richiesto solo a favore del condannato.
2. Oggetto dell’Impugnazione: Può riguardare esclusivamente provvedimenti della Corte di Cassazione che rendono definitiva una sentenza di condanna.

Qualsiasi altro tipo di decisione, per quanto possa sembrare ingiusta al ricorrente, non può essere attaccata tramite l’art. 625-bis c.p.p.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte, nell’analizzare il caso, ha ignorato la rinuncia al ricorso presentata dalla ricorrente. Il motivo è puramente giuridico: il ricorso era originariamente inammissibile.
I giudici hanno spiegato che il provvedimento impugnato non era una sentenza che rendeva definitiva una condanna, bensì una decisione emessa nell’ambito di un incidente cautelare, ossia un procedimento che riguarda misure restrittive della libertà personale prima della conclusione del processo.
Poiché il caso esulava completamente dalla tipologia di decisioni ammesse dall’art. 625-bis c.p.p., il ricorso è stato giudicato radicalmente inammissibile. La Corte ha ribadito che la natura eccezionale della norma non consente interpretazioni estensive. L’utilizzo di uno strumento giuridico per finalità diverse da quelle previste dalla legge ne determina l’improcedibilità fin dal principio, rendendo irrilevante qualsiasi evento successivo, come la rinuncia.

Le Conclusioni

La decisione della Corte di Cassazione offre due importanti lezioni pratiche. In primo luogo, ribadisce che la scelta dello strumento di impugnazione è un passaggio cruciale che non ammette errori: l’uso di un rimedio sbagliato comporta non solo il rigetto della richiesta, ma anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, come la somma di mille euro versata alla Cassa delle Ammende in questo caso.
In secondo luogo, l’ordinanza consolida l’orientamento restrittivo sull’applicazione del ricorso per correzione errore di fatto, confinandolo al suo alveo naturale di rimedio straordinario contro sentenze di condanna definitive, evitando così che si trasformi in un’ulteriore e impropria via per contestare ogni tipo di decisione della Suprema Corte.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
È stato dichiarato inammissibile perché lo strumento utilizzato, la correzione dell’errore di fatto (art. 625-bis c.p.p.), è riservato esclusivamente alle sentenze di condanna divenute definitive e non può essere applicato a decisioni relative a procedimenti incidentali, come quelli sulle misure cautelari.

La rinuncia al ricorso da parte della ricorrente ha avuto qualche effetto?
No, la rinuncia non ha avuto alcun effetto. La Corte ha stabilito che, essendo il ricorso inammissibile sin dall’origine per un vizio insanabile, qualsiasi atto successivo, come la rinuncia, è irrilevante ai fini della decisione.

Quali sono state le conseguenze economiche per la ricorrente?
A seguito della declaratoria di inammissibilità, la ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma di mille euro in favore della Cassa delle Ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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