Correlazione Accusa-Sentenza: Quando il Ricorso è Inammissibile
Il principio di correlazione accusa-sentenza rappresenta una colonna portante del diritto processuale penale, garantendo che l’imputato possa difendersi efficacemente solo sui fatti specificamente contestati. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 5580/2024, offre un’importante lezione sulla corretta applicazione di questo principio, chiarendo quando le doglianze difensive si rivelano inammissibili per tardività e manifesta infondatezza.
Il Caso in Esame
La vicenda trae origine da una sentenza della Corte d’Appello di Napoli, con cui un soggetto veniva condannato per aver violato una misura restrittiva. L’imputato, ritenendo leso il proprio diritto di difesa, proponeva ricorso per Cassazione, affidandosi a un unico motivo di censura: la presunta violazione degli articoli 516, 521 e 522 del codice di procedura penale, norme che disciplinano, appunto, il principio di correlazione tra l’accusa formulata e la decisione del giudice.
L’Importanza della Correlazione Accusa-Sentenza nei Motivi di Ricorso
La difesa del ricorrente si fondava su due argomenti principali. In primo luogo, si lamentava una presunta genericità e indeterminatezza del capo di imputazione. In secondo luogo, si sosteneva un difetto di correlazione tra l’accusa e la sentenza per una supposta diversità del fatto portato a giudizio. In particolare, si contestava che il titolo cautelare indicato nell’imputazione non fosse più efficace al momento della condotta, essendo stato assorbito da un provvedimento definitivo di detenzione domiciliare.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha respinto categoricamente le argomentazioni difensive, dichiarando il ricorso inammissibile. Le motivazioni della decisione sono nette e si articolano su due livelli.
### Tardività delle Eccezioni e Contraddittorietà
In primo luogo, i giudici hanno rilevato la contraddittorietà e la tardività dell’eccezione relativa alla genericità dell’imputazione. Un simile vizio, infatti, deve essere sollevato entro termini perentori stabiliti dal codice (art. 181, comma 3, c.p.p.), e non può essere fatto valere per la prima volta in sede di legittimità. Averlo sollevato in Cassazione è stato ritenuto un tentativo inammissibile di rimettere in discussione un punto ormai consolidato.
### Prevalenza della Sostanza sulla Forma
Il cuore della decisione risiede però nel secondo punto. La Corte ha ritenuto l’argomento sulla diversità del fatto “manifestamente infondato”. Secondo i giudici, la tesi difensiva era smentita dalla “piena consapevolezza, in capo al ricorrente, del vincolo restrittivo violato”.
La condotta illecita era stata descritta puntualmente nell’imputazione e valorizzata correttamente dai giudici di merito. Il fatto che il titolo giuridico alla base della restrizione fosse mutato (da misura cautelare a misura definitiva ai sensi dell’art. 656, comma 10, c.p.p.) non ha alcuna rilevanza ai fini della difesa. Ciò che conta è la continuità della restrizione domiciliare. L’imputato era perfettamente a conoscenza dell’obbligo a cui era sottoposto, e il suo diritto di difesa non è stato in alcun modo pregiudicato dalla specificazione formale del titolo.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale: il processo penale non è un mero esercizio di stile. Le garanzie difensive, come il principio di correlazione accusa-sentenza, sono sacre, ma non possono essere invocate in modo strumentale o per sollevare questioni puramente formali che non incidono sulla sostanza della difesa. La Corte di Cassazione ha confermato che, ai fini della corretta contestazione, è decisiva la chiara descrizione della condotta materiale e la consapevolezza dell’imputato circa l’illiceità del proprio comportamento, al di là delle evoluzioni formali del titolo che impone il vincolo.
È possibile contestare la genericità del capo d’imputazione per la prima volta in Cassazione?
No, la Corte ha chiarito che tale eccezione deve essere sollevata entro termini precisi nelle fasi di merito del processo, come previsto dall’art. 181, comma 3, c.p.p. Se non viene sollevata tempestivamente, non è più suscettibile di rilievo in Cassazione.
La modifica del titolo giuridico di una misura restrittiva (da cautelare a definitiva) viola il principio di correlazione accusa-sentenza?
No. Secondo l’ordinanza, se vi è continuità materiale nella restrizione e la condotta vietata è descritta con chiarezza, il mero cambiamento del titolo giuridico della misura non inficia la correlazione, poiché non lede il diritto di difesa dell’imputato, il quale rimane pienamente consapevole del vincolo violato.
Quali sono le conseguenze di un ricorso in Cassazione dichiarato inammissibile?
L’ordinanza stabilisce che, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., l’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5580 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5580 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 19/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CASERTA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 23/11/2022 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza in epigra esaminati gli atti e il provvedimento impugnato;
ritenuto che il ricorso è inammissibile perché l’unico motivo di censura, con il qual lamenta l’asserita violazione degli artt. 516, 521 e 522 cpp è manifestamente infondato non sol per la contraddittorietà dell’argomentare esposto a fondamento della censura ( laddove viene fatto riferimento ad una asserita genericità e indeterminatezza del capo di imputazione, distoni rispetto al dato normativo evocato in rubrica e non più suscettibile di rilievo in appello s prospettata, come nella specie, entro il termine ultimo di cui al comma 3 dell’art. 181 cpp), anche per la manifesta inconferenza dell’assunto, disvelata dal portato delle difese ( laddove ritenga che la contestazione riguardi il difetto di correlazione tra accusa e sentenza pe diversità del fatto a giudizio, la tesi è all’evidenza smentita dalla piena consapevolezza, in al ricorrente, del vincolo restrittivo violato con la condotta a giudizio, puntualmente des nell’imputazione e coerentemente valorizzata dai giudici del merito, non rilevando al fi nell’ottica del puntuale esercizio delle relative prerogative difensive,, che il titolo c indicato nella contestazione non fosse più efficace, alla data della condotta, perché, come nel specie, assorbito da quello definitivo con continuità della restrizione domiciliare ai sensi de 656, comma 10, cpp, siccome deve ritenersi in linea con le stese indicazioni difensive)
rilevato che all’inammissibilità del ricorso conseguono le pronunce di cui all’art. 616 proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 19 gennaio 2024.