Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 4249 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6   Num. 4249  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 25/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME nato il DATA_NASCITA a Comiso
avverso n a sentenza del 02/05/2023 della Corte di appello di Salerno visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO COGNOME; sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME, che ha
chiesto il rigetto del ricorso;
letta la memoria della parte civile, che ha chiesto il rigetto del ricorso; udito l’AVV_NOTAIO in difesa di NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
 COGNOME Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Salerno, in riforma della sentenza emessa dal GOT dei Tribunale di Vallo della Lucania in data 1 marzo 2022, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di NOME NOME per il reato continuato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni in danno di NOME,
per essere lo stesso (commesso il 10 giugno e il 16 luglio 2014) estinto per prescrizione, con conferma delle statuizioni civili.
Si contesta all’imputato, quale legale rappresentante della “RAGIONE_SOCIALE“, dopo l’acquisto da NOME di un terreno (particelle n. 527, 528, e 529), facente parte di un più ampio fondo costituito anche da particelle che restavano di proprietà della parte civile (n. 530 e 531), di essersi fatto arbitrariamente ragione da sé – al fine di esercitare un preteso diritto volto a interdire a NOME il passaggio pedonale e carrabile su una strada che conduceva ai fondi dello stesso NOME, potendo invece ricorrere al giudice – con violenza sulle cose, perché sostituiva il lucchetto di chiusura delle sbarre di accesso al fondo e faceva rimuovere, con un mezzo meccanico, la massicciata del tracciato stradale.
 COGNOME Avverso la sentenza, ricorre per cassazione l’imputato, deducendo i seguenti motivi:
2.1. Nullità della sentenza per violazione degli artt. 521, 522 e 546 cod. proc. pen., in relazione alla condotta per la quale è intervenuta condanna.
La condotta contestata è riferita unicamente alla particella n. 529, mentre la sentenza del Tribunale di Vallo della Lucania attribuisce all’imputato il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con riferimento alla particella n. 528. La Corte di appello si è limitata a evidenziare che il primo giudice era effettivamente incorso in confusione, laddove aveva riferito l’azione di spoglio realizzata dall’imputato al possesso del diritto di servitù di passaggio sul fondo alla particella n. 528, mentre lo stesso NOME lamentava lo spoglio di altra servitù di passaggio (particella n. 529).
2.2. Violazione di legge processuale per omesso esame di esplicito motivo di appello riferito alla improcedibilità dell’azione penale per difetto di querela i relazione alla commissione del reato con riferimento alla particella n. 528, riferendosi la querela unicamente alla particella n. 529.
2.3. Violazione di legge processuale, per avere la Corte di appello territoriale deciso, in ordine al risarcimento dei danni, sull’esistenza di elementi per i quali non le era stato devoluto il potere di decidere, in virtù dell’omessa pronuncia del giudice di primo grado. La statuizione civilistica sarebbe dovuta venire meno, non potendo derivare danni da un comportamento ritenuto inesistente dalla stessa Corte di Appello, quale lo spoglio della servitù sulla particella n. 528.
2.4. Violazione di legge in relazione all’art.2043 cod. civ. e 112 cod. proc. civ. La Corte di appello non avrebbe potuto confermare le statuizioni civili per assenza di qualsiasi danno risarcibile in capo alla parte civile, sempre considerando insussistente la condotta di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose, in relazione alla particella n. 528.
2.5. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla condanna generica al risarcimento dei danni e alle spese processuali anche nell’ipotesi in cui la Corte di appello avesse potuto legittimamente esaminare e decidere una domanda risarcitoria connessa a una condotta interdittiva dell’esercizio del passaggio da parte di NOME sulla particella in. 529 per raggiungere le particelle n. 530 e 531.
Il Tribunale di Vallo della Lucania, in sede civile, si era già pronunciato sulla inesistenza di un esercizio di possesso da parte di NOME di una servitù sulla particella n. 529, rigettando il ricorso possessorio introdotto dalla parte civile e teso a ottenere il ripristino dell’esercizio del passaggio su tale particella. Tribunale, dopo avere sostenuto che non era stata fornita la prova dell’esercizio del possesso della servitù, concludeva che nessuno spoglio e nessuna molestia potevano ritenersi integrati nel comportamento del resistente.
Ha errato la Corte d’appello, infine, nel ritenere che il giudicato cautelare non si sarebbe formato per non essere stato iniziato il giudizio nel merito possessorio. La mancata instaurazione del giudizio relativo al merito possessorio ha, anzi, determinato la formazione del cosiddetto “giudicato possessorio”. È erroneo il convincimento della Corte d’appello, nella parte in cui ha ritenuto che il giudizio possessorio fosse un giudizio cautelare, inserito in un più ampio giudizio di merito. In realtà, la mancata instaurazione del giudizio di merito possessorio non determina affatto la perdita di efficacia del provvedimento emesso nella fase a cognizione sommaria. Il cosiddetto merito possessorio è, infatti, destinato ad accertare pur sempre lo stesso ius possessionis e giammai lo illS possidendi.
2.6.Violazione di legge processuale per non avere condannato NOME – quale parte civile – al pagamento delle spese processuali sostenute dall’imputato per difendersi dalla pretestuosa richiesta risarcitoria avanzata da NOME in sede penale.
A fronte della sostituzione da parte di NOME del lucchetto della sbarra di accesso alla particella n. 529 e della conseguente impossibilità per NOME di potere transitare su detta particella, quest’ultimo aveva chiesto al Tribunale di Vallo della Lucania di essere reintegrato nel possesso di tale servitù di passaggio pedonale e carrabile, domanda che veniva rigettata sia dal gudice monocratico che dal Collegio in sede di reclamo, affermando che, in mancanza di una prova certa dell’esercizio del possesso della servitù di passaggio da parte del ricorrente, nessuno spoglio era integrato. 
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato e la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, unitamente a quella del Tribunale di Vallo della Lucania dell’i marzo 2022, con trasmissione degli atti al Pubblico ministero presso il Tribunale di Vallo della Lucania per l’ulteriore corso.
Il primo motivo di ricorso merita accoglimento, essendo il fatto contestato diverso da quello per il quale è intervenuta condanna.
2.1.0ccorre premettere che, secondo il consolidato orientamento di questa Suprema Corte, per aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l’ipotesi astratta prevista dalla legge, in modo che si configuri un’incertezza sull’oggetto dell’imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa; ne consegue che l’indagine volta ad accertare la violazione del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza perché, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l’imputato, attraverso l’iter del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all’oggetto dell’imputazione (Sez. U, n. 36551 del 15/07/2010, COGNOME, Rv. 248051; Sez. U, n. 16 del 19/06/1996, COGNOME, Rv. 205619).
La diversità del fatto che comporta la modifica del capo di imputazione e preclude al giudice di pronunciarsi, imponendogli di restituire gli atti al Pubblico ministero, è solo quella che determina una effettiva lesione del diritto al contraddittorio e del conseguente diritto di difesa.
Per “fatto” si deve intendere quello storico costituito dalla condotta, dall’evento e dal nesso causale, dalla riferibilità soggettiva della prima e dalla sua realizzazione nelle circostanze di tempo e di luogo date (Sez. U, n. 34655 del 28/06/2005, COGNOME, Rv. 231799; Sez. 3, n. 21994 del 01/02/2018, COGNOME, Rv. 273220).
Il principio di correlazione tra accusa e sentenza costituisce, inoltre, declinazione pratica del diritto dell’imputato di essere informato, in modo dettagliato, della natura e dei motivi dell’accusa formulata a suo carico è sancito anche dall’art. 6, comma 3, lett. a), Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.
La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha precisato che tale diritto è funzionale a quello di disporre del tempo e delle facilitazioni necessarie a preparare le proprie difese, diritto garantito dall’art. 6, comma 3, lett. b) , Convenzione E.D.U., e del più generale diritto a un processo equo, sicché l’informazione data deve contenere gli elementi necessari per permettere all’imputato di preparare le proprie difese
(Corte E.D.U. COGNOME contro Italia, W 15/12/1998; COGNOME contro Italia, 25/07/2000; COGNOME contro Italia, 11/12/2007): «L’ampiezza dell’informazione “dettagliata” prevista da questa norma – ha spiegato la Corte (COGNOME contro Italia, 08/12/2009) – varia a seconda delle particolari circostanze della causa; tuttavia, l’accusato deve in ogni caso poter disporre di elementi sufficienti per comprendere pienamente le accuse elevate contro di lui per poter preparare convenientemente la sua difesa.
Se la modifica del capo di imputazione è finalizzata a rendere coerente il fatto che già risulta agli atti, ed è perciò già noto all’imputato (o comunque a lui conoscibile), con quello descritto dalla rubrica, non si determina alcuna mutazione del fatto rilevante ai sensi dell’art. 516 cod. proc. pen., poiché non muta il fatto contestato sul quale si è radicato il contraddittorio. Per cui occorre tenere ben distinta la mutazione della descrizione del fatto, identico nella sua storicità, rispetto alla mutazione del fatto in sé.
Solo quando si verifica quest’ultima mutazione è necessario verificare se ed in che modo essa possa determinare una lesione del contraddittorio e del diritto di difesa (nel senso che il principio di correlazione tra imputazione e sentenza risulta violato quando nei fatti, rispettivamente descritti e ritenuti, non sia possibil individuare un nucleo comune, con la conseguenza che essi si pongono, tra loro, in rapporto di eterogeneità ed incompatibilità, rendendo impossibile per l’imputato difendersi.
Non sussiste, in conclusione, violazione del principio di COGNOME necessaria correlazione tra accusa e sentenza quando vi è corrispondenza tra l’individuazione degli elementi tipici della fattispecie contestata e l’accertamento contenuto nella sentenza di condanna, a nulla rilevando eventuali difformità quantitative e qualitative degli elementi di definizione della condotta, dell’evento e del nesso causale in considerazione della relatività delle tecniche descrittive utilizzate nella redazione della imputazione (Sez. 3, n. 24932 del 10/02/2023, Gargano, Rv. 284846 – 04).
2.2. Nel caso in esame, poiché il fatto storico contestato nell’imputazione era del tutto diverso da quello per il quale interveniva condanna, è stato pacificamente leso il diritto di difesa.
Dalla lettura del capo di imputazione, si evince chiaramente che lo stesso faceva esclusivo riferimento alla interdizione della servitù di passaggio su una strada in terra battuta, che NOME affermava di avere sulla particella 529 e a favore dei suoi fondi dominanti di cui alle particelle 530 e 531, e non certo della diversa servitù di passaggio, effettivamente gravante sulla strada asfaltata, di cui alla particella 528, destinata come da atto notarile – a consentire il passaggio in favore di altro e diverso fondo del NOME e, precisamente, quello di cui alla
particella 242, che, però, non veniva neppure menzionata nel capo di imputazione a riprova della estraneità della stessa alle doglianze di NOME.
Come emerge dalle dichiarazioni dei testi, riportate nella sentenza del GOT del Tribunale, la strada sulla quale gravava la servitù era in terra battuta, si sviluppava nella particella n. 529 e conduceva a un deposito di materiali del NOME. Quest’ultimo precisava che la strada era chiusa da due sbarre di ferro con catenaccio e lucchetto e che l’imputato aveva asportato lo stesso e cambiato la serratura. NOME, inoltre, aveva distrutto con un mezzo meccanico la strada per cui egli non poteva più accedere al terreno ove aveva il deposito di materiali.
Era, del resto, lo stesso NOME, nel corso del dibattimento e, ancor prima in querela – come dato atto nella sentenza impugnata -, ad affermare di essere titolare di due diverse servitù di passaggio e che quella in relazione alla quale aveva sporto querela si riferiva alla strada non asfaltata che portava al fondo ove vi era il deposito di materiali.
La parte civile faceva, quindi, esclusivamente riferimento alla servitù gravante sulla particella n. 529, posto, invece, che la servitù di passaggio pedonale e carrabile di strada larga circa 6 m a carico della particella n. 528 riguardava un tracciato già asfaltato, e non in terra battuta, e non portava ad alcun deposito materiali.
2.3. Il GOT, inoltre, riteneva provata la penale responsabilità dell’imputato in considerazione del fatto che, nell’atto di compravendita intervenuto il 16 marzo 2006 tra NOME e NOME, si precisava che NOME «riserva servitù di passaggio pedonale e carrabile a carico di strada, porzionata della particella 528, larga metri sei, secondo il tracciato esistente e già asfaltato, che parte dalla strada provinciale a favore del terreno di sua proprietà in catasto terreni di Ceraso, foglio 7, particella 242 ed eventuali costruzioni».
E’, allora, di tutto evidenza quindi come il fatto storico preso in esame del GOT (violazione della servitù di passaggio sulla particella 528 per accedere alla particella 242) sia del tutto diverso rispetto quello contenuto nella imputazione.
E vidi più: il GOT rinveniva la prova del reato proprio nel contratto di compravendita che faceva, però, riferimento alla servitù diversa da quella in contestazione.
 COGNOME La Corte di appello è partita dal presupposto che «effettivamente il primo giudice è incorso in confusione, laddove ha riferito la azione di spoglio realizzata dall’imputato al possesso del diritto di servitù di passaggio sul fondo particella 528» e ha ritenuto che le argomentazioni difensive dell’imputato «non sopravanzino il teorema accusatorio».
Dalla lettura della sentenza impugnata è, allora, chiaro che la Corte di appello ha riconosciuto l’errore compiuto dal primo giudice, non riconducendolo a un mero errore materiale dovuto a un lapsus calami, in ordine alla indicazione del numero della particella, ma ha considerato che il Tribunale aveva, nei fatti, effettivamente confuso una servitù di passaggio con un’altra, confermando, quindi, la condanna su un fatto diverso.
3.1.Nonostante tutti gli elementi a sostegno forniti dalla difesa e il fatto che la Corte d’appello avesse rilevato in sentenza la confusione del Tribunale che aveva deciso aliud pro alio, la Corte è incorsa in errore per non avere dichiarato la nullità della sentenza a norma degli artt. 521 e 522 cod. proc. pen. A nulla rileva il fatto che le particelle 528 e 529 fossero confinanti e che sulle medesime potesse astrattamente commettersi lo stesso tipo di reato, necessitando ogni reato di una condotta a sé stante.
La Corte d’appello, preso atto che la decisione del primo giudice era intervenuta su un fatto non contestato – e cioè la ritenuta interdizione della servitù sulla particella 528 – si sarebbe dovuta limitare, a norma dell’art. 604, comma 1, cod. proc. pen., semplicemente ad annullare la sentenza di primo grado (anche con riferimento alle statuizioni civili), ed eventualmente a rimettere gli atti al prim giudice: doveva essere, poi, quest’ultimo a verificare se i termini prescrizionali del reato effettivamente contestato fossero o meno maturati e decidere di conseguenza,
Questa Corte di legittimità, ha, infatti, statuito che «La mancanza di correlazione tra fatto enunciato nell’ordinanza di rinvio a giudizio, nella richiesta o nel decreto di citazione e fatto risultato nel dibattimento deve essere rilevata dal giudice di appello sia quando tale diversità non sia stata rilevata dal giudice di primo grado, sia quando la diversità del fatto risulti nel giudizio di appello. In questa ipotesi in cui il giudice di appello, accerta che la regiudicanda è diversa da quella dedotta in accusa e che perciò esula dai suoi poteri di cognizione, in virtù degli artt. 477 e 519 cod. proc. pen., e in applicazione analogica dell’art. 522, comma 1, cod. proc. pen., deve annullare la sentenza di primo grado e ordinare la trasmissione degli atti al Pubblico ministero con sentenza» (Sez. U, n. 2477 del 06/12/1991 -dep. 17/03/1992-, COGNOME, Rv. 189397 – 01; Sez. 6, n. 33063 del 14/04/2003, COGNOME, Rv. 226648 – 01).
Deve, infatti, applicarsi in via analogica il disposto di cui all’art. 604, comma 1, cod, proc. pen., laddove è previsto l’annullamento della sentenza di primo grado, prima della trasmissione degli atti al P.M., onde evitare il passaggio in giudicato di tale sentenza ed i conseguenti effetti preclusivi (cfr. Sez. 5, n. 40625 dei 27/10/2006, Verde, Rv. 236304 – 01).
3.2.Nel caso di specie, l’annullamento per la rilevata diversità del fatto non è stato disposto dal giudice di appello che, anzi, ha erroneamente confermato la condanna di NOME per la originaria imputazione. Al suindicato errore può porre rimedio questa Corte; infatti l’omissione di tale pronuncia comporta, in sede di legittimità, l’annullamento della sentenza impugnata, che deve essere disposto senza rinvio ben potendo la Corte di cassazione supplire alla predetta omissione annullando anche la sentenza di primo grado ed ordinando la trasmissione degli atti al Pubblico ministero procedente.
I restanti motivi devono ritenersi assorbiti.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e quella del Tribunale di Vallo della Lucania in data 01/03/2022 e dispone la trasmissione degli atti al P.M. presso il Tribunale di Vallo della Lucania per l’ulteriore corso.
Così deciso il 25 ottobre 2023
Il AVV_NOTAIO estensore
Il Presidente