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Convivente more uxorio: nessuna impunità per truffa

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 28049/2024, ha stabilito che la causa di non punibilità per i reati contro il patrimonio commessi in danno del coniuge, prevista dall’art. 649 c.p., non si applica al convivente more uxorio. La Corte ha rigettato il ricorso di un imputato condannato per truffa ai danni della partner, chiarendo che la norma in questione ha natura eccezionale, basata su ragioni di opportunità politica, e come tale non può essere estesa per analogia a situazioni non espressamente previste, a differenza di altre cause di esclusione della colpevolezza.

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Pubblicato il 5 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Convivente More Uxorio e Reati Patrimoniali: La Cassazione Nega l’Impunità

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 28049/2024) ha affrontato un tema di grande rilevanza per le coppie di fatto: la possibilità di estendere la causa di non punibilità per i reati contro il patrimonio, prevista per i coniugi, anche al convivente more uxorio. La risposta dei giudici è stata negativa, tracciando una netta linea di demarcazione tra le tutele riservate al vincolo matrimoniale e quelle applicabili alle convivenze de facto, almeno in questo specifico ambito.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dalla condanna di un uomo per il reato di truffa commesso ai danni della propria convivente. La Corte di Appello, pur riformando parzialmente la sentenza di primo grado, aveva confermato la responsabilità penale dell’imputato. Quest’ultimo ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo che avrebbe dovuto beneficiare della causa di non punibilità prevista dall’art. 649 del codice penale. Tale articolo esclude l’applicazione della pena per una serie di reati contro il patrimonio (come il furto o la truffa) commessi in danno del coniuge non legalmente separato, di un ascendente, discendente, affine in linea retta, adottante o adottato. La difesa riteneva che, in un’ottica di parificazione tra le diverse forme familiari, tale norma dovesse applicarsi per analogia anche al convivente more uxorio.

La Decisione della Cassazione e il Ruolo del Convivente More Uxorio

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendo il motivo infondato. I giudici hanno chiarito che l’art. 649 c.p. costituisce una norma eccezionale, la cui applicazione non può essere estesa oltre i casi espressamente previsti. Per arrivare a questa conclusione, la Corte ha operato una distinzione fondamentale tra diverse tipologie di cause che escludono la sanzione penale, richiamando un importante precedente delle Sezioni Unite (sentenza n. 10381/2021, Fialova).

Le Motivazioni: La Distinzione tra Scusante e Causa di Non Punibilità

Il cuore della motivazione risiede nella differente natura giuridica della norma in esame (art. 649 c.p.) rispetto ad altre, come quella dell’art. 384 c.p. (favoreggiamento personale commesso per salvare un prossimo congiunto). Le Sezioni Unite avevano esteso l’applicazione dell’art. 384 c.p. anche al convivente, qualificando tale norma come una “scusante”. Una scusante esclude la colpevolezza perché si fonda su una situazione di pressione psicologica tale da rendere umanamente inesigibile un comportamento conforme alla legge (ad impossibilia nemo tenetur). Poiché si basa su un principio generale di colpevolezza, può essere oggetto di interpretazione analogica.

Al contrario, la causa di non punibilità dell’art. 649 c.p. non si fonda sulla situazione psicologica dell’agente. La scelta del legislatore di non punire i reati patrimoniali in famiglia risponde a ragioni di opportunità politica: si preferisce non turbare la pace familiare con un processo penale per questioni meramente patrimoniali. Questa è una valutazione di opportunità del tutto esterna al disvalore del fatto o alla colpevolezza di chi lo commette. Proprio per questa sua natura, la norma è considerata “eccezionale” ai sensi dell’art. 14 delle preleggi. Le norme eccezionali, che introducono una deroga ai principi generali, non consentono l’applicazione analogica.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte ha affermato che la deroga alla punibilità prevista dall’art. 649 c.p. è una scelta politica circoscritta ai legami familiari indicati dalla norma. Essendo una norma eccezionale, non può essere estesa al convivente more uxorio. La sentenza ribadisce che, sebbene la convivenza di fatto abbia ottenuto importanti riconoscimenti giuridici, persistono differenze significative rispetto al vincolo matrimoniale, specialmente nell’ambito del diritto penale, dove vige un rigoroso principio di legalità e un divieto di analogia per le norme sfavorevoli, ma anche per quelle eccezionali favorevoli.

La causa di non punibilità per reati contro il patrimonio tra coniugi si applica anche al convivente more uxorio?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’art. 649 del codice penale è una norma eccezionale basata su ragioni di opportunità politica e, come tale, non può essere estesa per analogia al convivente di fatto.

Perché la Corte distingue tra la causa di non punibilità dell’art. 649 c.p. e la scusante dell’art. 384 c.p.?
La distinzione è cruciale perché l’art. 384 c.p. è una “scusante” che esclude la colpevolezza a causa della pressione psicologica sull’agente, ed è espressione di un principio generale (inesigibilità). L’art. 649 c.p., invece, è una causa di non punibilità “in senso stretto”, dettata da opportunità politica (tutelare la pace familiare) e non legata alla colpevolezza. Solo le norme che esprimono principi generali possono essere estese per analogia, non quelle eccezionali.

Cosa significa che una norma è ‘eccezionale’ e perché non può essere applicata per analogia?
Una norma è “eccezionale” quando deroga a un principio generale dell’ordinamento per regolare situazioni specifiche. Secondo l’art. 14 delle preleggi, le leggi penali e quelle che fanno eccezione a regole generali non si applicano oltre i casi e i tempi in esse considerati. Questo divieto di analogia serve a garantire la certezza del diritto e a evitare che il giudice si sostituisca al legislatore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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