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Conversione ricorso: limiti all’impugnazione del PM

La Corte di Cassazione ha stabilito che il Pubblico Ministero non può proporre ricorso immediato contro il rigetto di una domanda cautelare. In virtù del principio di tassatività dei mezzi di impugnazione, la Corte ha disposto la conversione del ricorso in appello, trasferendo la competenza al Tribunale territorialmente indicato, poiché questo è il rimedio corretto previsto dalla legge.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Conversione Ricorso: la Cassazione chiarisce i limiti per il Pubblico Ministero

La recente ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione VI Penale, offre un importante chiarimento sui limiti del potere di impugnazione del Pubblico Ministero in materia di misure cautelari. La decisione si focalizza sul principio di tassatività dei mezzi di impugnazione e sulla conseguente conversione del ricorso quando lo strumento processuale utilizzato non è quello corretto. Questo intervento normativo è fondamentale per garantire la corretta progressione dei procedimenti e il rispetto delle regole processuali.

I Fatti del Caso

Il caso ha origine da un ricorso presentato dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Trani. Il Pubblico Ministero aveva impugnato, tramite ricorso immediato per cassazione, un’ordinanza emessa dal Giudice per l’udienza preliminare (GUP) dello stesso Tribunale. Tale ordinanza aveva respinto una richiesta di applicazione di una misura cautelare nei confronti di un indagato.

Il PM, ritenendo errata la decisione del GUP, ha scelto di adire direttamente la Suprema Corte, saltando il grado di appello. La Corte di Cassazione è stata quindi chiamata a valutare, prima ancora del merito della questione cautelare, l’ammissibilità stessa del ricorso proposto.

Il Principio di Tassatività e la conversione del ricorso

Il cuore della decisione della Cassazione risiede nel “principio di tassatività dei mezzi di impugnazione”. Questo principio cardine del nostro ordinamento processuale penale stabilisce che un provvedimento può essere impugnato solo con i mezzi e nei casi espressamente previsti dalla legge. Non è possibile, quindi, scegliere liberamente quale via di ricorso percorrere.

Nel caso specifico, la legge non prevede la possibilità per il Pubblico Ministero di proporre un ricorso immediato per cassazione avverso l’ordinanza che respinge una domanda cautelare. Lo strumento corretto, indicato dal codice di procedura penale, è l’appello (ex art. 310 c.p.p.).

Di fronte a un’impugnazione proposta con un mezzo non corretto, il sistema processuale prevede un correttivo: l’istituto della conversione del ricorso, disciplinato dall’articolo 568, comma 5, del codice di procedura penale. Questa norma consente al giudice di “convertire” l’impugnazione nel mezzo corretto, a condizione che ne sussistano i requisiti di forma e di sostanza.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione, richiamando consolidata giurisprudenza, ha rilevato che il Pubblico Ministero non era legittimato a proporre ricorso immediato. L’impugnazione, pertanto, era inammissibile nella forma scelta. Tuttavia, anziché limitarsi a una declaratoria di inammissibilità, che avrebbe chiuso la questione, la Corte ha applicato il principio del favor impugnationis e la norma sulla conversione.

Ha quindi deciso di convertire il ricorso in appello, ritenendo che l’atto proposto dal PM contenesse i requisiti necessari per essere qualificato come tale. Di conseguenza, ha disposto la trasmissione di tutti gli atti al Tribunale di Bari, individuato come l’organo giurisdizionale competente a decidere sull’appello in materia di misure cautelari per il distretto, ai sensi dell’articolo 309, comma 7, del codice di procedura penale.

Le Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un punto fondamentale della procedura penale: la scelta del mezzo di impugnazione non è discrezionale, ma vincolata alla legge. L’errore nella scelta dello strumento processuale, tuttavia, non comporta necessariamente la perdita del diritto a impugnare, grazie al meccanismo correttivo della conversione. La decisione assicura che il merito della richiesta cautelare del PM venga comunque esaminato dal giudice competente (il Tribunale dell’appello), garantendo così l’effettività della tutela giurisdizionale pur nel rigoroso rispetto delle forme processuali. Per gli operatori del diritto, è un monito a prestare la massima attenzione nella scelta del corretto rimedio processuale per evitare ritardi e censure di inammissibilità.

Può il Pubblico Ministero proporre ricorso immediato per cassazione contro un’ordinanza che respinge una domanda cautelare?
No, la Corte ha stabilito che, in base al principio di tassatività dei mezzi di impugnazione, il Pubblico Ministero non è legittimato a proporre questo tipo di ricorso avverso l’ordinanza che respinge la domanda cautelare.

Cosa accade se viene proposto un mezzo di impugnazione errato?
Se l’impugnazione è stata proposta con un mezzo errato, il giudice può disporne la conversione nel mezzo di impugnazione corretto, purché ne sussistano i requisiti, come previsto dall’art. 568, comma 5, del codice di procedura penale.

Qual è il rimedio corretto previsto dalla legge in questo caso specifico?
Il rimedio corretto che il Pubblico Ministero avrebbe dovuto utilizzare è l’appello, ai sensi dell’art. 310 del codice di procedura penale. Per questo motivo, la Corte ha convertito il ricorso in appello e ha trasmesso gli atti al Tribunale competente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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