Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 3063 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 1 Num. 3063 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/09/2023
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME NOME a BARI il DATA_NASCITA
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avverso l’ordinanza del 17/06/2022 della CORTE APPELLO di BARI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La Corte di appello di Bari, con il provvedimento impugNOME, ha dichiarato la sussistenza della confisca rispetto alle quote della società RAGIONE_SOCIALE, nonché la sussistenza del potere di gestione della medesima società da parte dell’RAGIONE_SOCIALE, nella persona del legale rappresentante, NOME COGNOME, legittimato a partecipare all’assemblea per il 10 per cento del capitale sociale.
Il provvedimento impugNOME evidenzia che, con decreto del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari, del 25 maggio 2006 n. 266/03 era stato disposto il sequestro preventivo, ai fini di confisca, della Società indicata, nei riguar di NOMENOME NOME NOME COGNOME, rilevando l’assenza di provvedimenti dell’autorità giudiziaria che abbiano disposto la restituzione del bene ai privati, pe cui lo stesso doveva intendersi oggetto di confisca e nella gestione dell’RAGIONE_SOCIALE l’RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
2.Avverso detto provvedimento propongono tempestivo ricorso, per il tramite del difensore e procuratore speciale, NOME, NOME, NOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, denunciando violazione di legge nella pronunciata conferma della confisca, in quanto relativa a bene che non risulta oggetto di alcun vincolo.
Si richiama la documentazione prodotta nel procedimento, con la quale la difesa ha provato, a parere dei ricorrenti, l’esistenza di ordinanza cautelare del 25 maggio 2006 resa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari, con la quale era stata disposta la custodia cautelare in carcere a carico di NOME COGNOME nel proc. n. 11266/2003 r.g.n.r. per i reati di cui agli artt. 416-bis, 629 comma secondo e terzo, cod. pen., 7 legge n. 203 del 1991.
Si sostiene che, in quella stessa sede, veniva emessa misura cautelare reale a carico dell’indagato, avente ad oggetto, tra l’altro, la società intesa come complesso di RAGIONE_SOCIALE finalizzati all’esercizio dell’attività di RAGIONE_SOCIALE.
Si rimarca che parte dei RAGIONE_SOCIALE, in fase esecutiva, non venivano rinvenuti. Dunque, veniva svolto sequestro di urgenza, ad opera della polizia giudiziaria, recante n. 8388/2006 r.g.n.r nel quale confluivano tutti i RAGIONE_SOCIALE oggetto dell’originario decreto d sequestro, relativo al reato di cui all’art. 12-quinquies del d. I. n. 306 del 1992 come convertito, procedimento in ordine al quale veniva emesso avviso di conclusione indagini preliminari in data 10 ottobre 2009.
Con riferimento al procedimento cd. madre in data 5 luglio 2010 veniva disposto il giudizio, mentre con sentenza del 13 febbraio 2015, relativo al proc. n. 8388/2006,
veniva disposto il dissequestro dei RAGIONE_SOCIALE oggetto dello stesso e la loro restituzione agli aventi diritto.
I ricorrenti affermano che le sentenze che riguardano il processo cd. madre non fanno riferimento alcuno ai RAGIONE_SOCIALE in sequestro, perché si assume che questo è “trasmigrato” nel secondo procedimento, all’esito del quale il giudice di primo grado ne ha disposto la restituzione.
Si denuncia, quindi, travisamento del fatto e violazione di legge per aver riconosciuto ultrattività ad una confisca mai validamente emessa in quanto i RAGIONE_SOCIALE, originariamente sottoposti a sequestro, sarebbero confluiti nel diverso procedimento.
Infine, si lamenta disparità rispetto RAGIONE_SOCIALE riscontrata esistenza del provvedimento di dissequestro dell’altra società (a r.l. RAGIONE_SOCIALE).
3.11 Sostituto Procuratore generale di questa Corte, NOME COGNOME, ha chiesto la declaratoria di inammissibilità.
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4.11 ricorso deve essere GLYPH opposizione contro il provvedimento impugNOME.
4.1. Nella giurisprudenza di legittimità si registrano due orientamenti.
Secondo un primo indirizzo, non è ricorribile per cassazione il provvedimento emesso de plano dal giudice, ai sensi dell’art. 667, comma 4, cod. proc. pen., atteso che avverso tale provvedimento è consentito unicamente proporre opposizione dinanzi allo stesso giudice che lo ha emesso.
Ne consegue che, qualora il ricorso sia stato proposto, esso va dichiarato inammissibile in quanto non può trovare applicazione il principio della conversione dell’impugnazione indicato nell’art. 568, comma 5, cod. proc. pen., non avendo natura di impugnazione l’opposizione in sede di esecuzione (ex multis, Sez. 2, n. 39625 del 11/05/2004, COGNOME, Rv. 230368; Sez. 2, n. 47699 del 14/11/2003, COGNOME, Rv. 227590).
Il richiamato orientamento fonda sul presupposto che il principio enunciato nell’art. 568 cod. proc. pen. si riferisce all’errore del mezzo di impugnazione contro un provvedimento impugnabile e non all’errore nella scelta del rimedio contro il provvedimento che la legge considera non impugnabile ma solo, ad istanza di parte, revocabile o annullabile dallo stesso giudice che lo ha emesso.
Altro, prevalente, indirizzo, pur riconoscendo che l’ordinanza del giudice dell’esecuzione, emessa ex art. 667, comma 4, cod. proc. pen., non è suscettibile di ricorso per cassazione ma solo di opposizione innanzi allo stesso giudice, afferma che l’eventuale ricorso in cassazione presentato dRAGIONE_SOCIALE parte, anziché essere dichiarato inammissibile, va riqualificato come opposizione contro il provvedimento censurato, sulla base del principio generale di conservazione degli atti giuridici e del favor
impugnationis (tra gli altri, Sez. 5, n. 503 del 11/11/2014, dep. 2015, Viti, Rv. 262166; Sez. 6, n. 13445 del 12/02/2014, COGNOME, Rv. 259454; Sez. 3, n. 48495 del 06/11/2013, Gabellone, Rv. 258079; Sez. 3, n. 14724 del 20/01/2004, COGNOME, Rv. 228605; Sez. 3, n. 34403 del 27/05/2003, COGNOME, Rv. 225717).
Come riportato nella relazione del Massimario della Corte che ha segnalato, a suo tempo, il contrasto, le Sezioni Unite penali non sono state investite direttamente della questione, pur avendo affermato, quanto all’applicabilità per analogia della disciplina generale delle impugnazioni al procedimento d’esecuzione, che l’opposizione ai provvedimenti del giudice dell’esecuzione prevista dagli artt. 667, comma 4, e 676, comma 1, cod. proc. pen. non ha natura di mezzo di impugnazione, bensì di istanza diretta al medesimo giudice, allo scopo di ottenere una decisione in contraddittorio (Sez. U, n. 3026 del 28/11/2001, dep. 2002, COGNOME, Rv. 220577).
Secondo le Sezioni Unite, ove si ritenga che possa trovare applicazione l’art. 568, comma 5, cod. proc. pen., tale interpretazione non determina un richiamo all’intero sistema delle impugnazioni, poiché essa deriva, invece, dal più generale principio (in tal senso, anche Sez. U, n. 45371 del 20/12/2001, COGNOME, Rv. 220221) di conservazione dei valori giuridici, da cui sorgono come corollari quello della “conservazione dell’atto giuridico”, quando lo stesso presenti i caratteri essenziali per la sua collocazione nella categoria correttamente individuata, e dell’altro utile per inutile non vitiatur, di cui v’è larga applicazione nel codice di rito (cfr. anche Sez. 3, n. 14724 del 20/01/2004, cit., nel senso che il principio di conservazione degli atti ha una portata di carattere generale, che va anche al di là dell’applicazione civilistica di cui agli artt. 1376 e 1424 cod. civ. e che la disposizione di cui all’art. 568, comma 5, cod. proc. pen. altro non è che un’attuazione particolare di quel principio).
Da ciò deriva, in tema di restituzione di cose sequestrate, che, qualora sia stato proposto ricorso per cassazione avverso il provvedimento del giudice dell’esecuzione emesso de plano ai sensi dell’art. 667, comma quarto, cod. proc. pen., il ricorso per cassazione deve qualificarsi come opposizione, quale unico rimedio consentito ai sensi della seconda parte del quarto comma dell’art. 667 cod. proc. pen., con la conseguente trasmissione degli atti al giudice dell’esecuzione.
4.2.Tale GLYPH impostazione GLYPH i nterpretativa GLYPH (tra GLYPH le GLYPH altre GLYPH Sez. 3, n. 39515 del 27/06/2017, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 271460 – 01, di cui si ripercorrono le condivisibili argomentazioni), senz’altro da reputare preferibile, va estesa anche al caso, come quello di specie, in cui risulta instaurato il contraddittorio, ex art. 666 cod. proc. pen. all’esito del quale è stato adottato il primo provvedimento, come quello adottato in questa sede e oggetto del ricorso per cessazione.
Invero, si deve riscontrare che, in sostanza, l’oggetto del procedimento di esecuzione avviato dall’RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE dei
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RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (cfr. “richiesta di chiarimenti in relazione RAGIONE_SOCIALE confisca dei RAGIONE_SOCIALE in danno di COGNOME NOME, del 3 luglio 2017) era la verifica della sussistenza o meno del diritto dei titolari delle quote societari sequestrate e, poi, confiscate relativamente RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, per eventuale cessazione del vincolo.
Si tratta, secondo la stessa prospettazione degli odierni ricorrenti, di confisca cd. RAGIONE_SOCIALErgata (non di sequestro e confisca di prevenzione) che, secondo la motivazione del provvedimento censurato, permane a tutti gli effetti, ritenendo revocata dal giudice della cognizione, con provvedimento definitivo, soltanto la confisca della diversa società RAGIONE_SOCIALE, con conseguente potere di gestione riconosciuto all’RAGIONE_SOCIALE per l’RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE.
Ciò posto, si osserva che la questione inerente RAGIONE_SOCIALE restituzione delle cose sequestrate e anche quelle in tema di confisca, devolute al giudice dell’esecuzione, vanno trattate ai sensi dell’art. 676 cod. proc. pen. e, quindi, con il provvedimento de plano seguito dall’opposizione, ex art. 667, comma 4, cod. proc. pen., specificamente richiamato.
Inoltre, ritiene il Collegio che, si tenga o meno il contraddittorio anticipato fattore considerato, in giurisprudenza, non rilevante (cfr. Sez. 2, n. 12899 del 31/03/2022, Crea, Rv. 283061 – 01; Sez. 2, Ord. n. 8645 del 09/11/2022, dep. 2023, Rv. 284403 – 01), è sancita ex art. 667 comma 4 cit. la necessità, dopo l’adozione del primo provvedimento, della proposizione dell’opposizione, in quanto ulteriore sede di merito che non va sottratta al contradditorio delle parti.
Tale soluzione appare senz’altro preferibile, ancor più in un caso come quello in esame, in cui le censure mosse dai ricorrenti attengono anche al merito e provengono da diversa parte rispetto a quella che ha avviato il procedimento, sicché non può essere pregiudicata a detta parte la possibilità, prevista dall’ordinamento, di avere una seconda pronuncia di merito anche sulle sue doglianze.
Ne deriva che, qualificato il ricorso come opposizione, va disposta la trasmissione degli atti RAGIONE_SOCIALE Corte di appello di Bari per l’espletamento della relativa ° fase.
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P.Q.M.
pT – o : i GLYPH Qualificate le impugnazioni come opposizioni, dispone la trasmissione degli atti àlla Corte di appello di Bari.
Così deciso, il 15 settembre 2023 Il Consigliere estensore
Il P esidente