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Conversione pena pecuniaria: l’opposizione è il rimedio

Un soggetto ha impugnato dinanzi alla Corte di Cassazione l’ordinanza del Magistrato di Sorveglianza che disponeva la conversione di una pena pecuniaria di 30.000 euro in libertà controllata. La Suprema Corte, tuttavia, ha riqualificato il ricorso come opposizione, stabilendo che questo è il corretto rimedio giuridico da esperire. Di conseguenza, ha disposto la trasmissione degli atti allo stesso Magistrato di Sorveglianza per la celebrazione di un’udienza nel contraddittorio delle parti, chiarendo un importante principio sulla conversione pena pecuniaria.

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Pubblicato il 30 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Conversione pena pecuniaria: la Cassazione chiarisce il rimedio corretto

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto un importante chiarimento procedurale in materia di conversione pena pecuniaria. La decisione sottolinea la differenza fondamentale tra il ricorso per cassazione e l’opposizione, indicando quale sia la strada corretta da percorrere quando si intende contestare un provvedimento del Magistrato di Sorveglianza in questo specifico ambito. Analizziamo nel dettaglio la vicenda e le conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un provvedimento del Magistrato di Sorveglianza di Bologna, il quale aveva disposto la conversione di una pena pecuniaria di 30.000 euro, derivante da una sentenza di condanna divenuta definitiva, nella pena della libertà controllata per una durata di centoventi giorni. Il condannato, ritenendo illegittimo tale provvedimento, ha proposto direttamente ricorso per cassazione, articolando due motivi principali. In primo luogo, lamentava la mancata dichiarazione di prescrizione della pena pecuniaria. In secondo luogo, contestava l’erronea applicazione della legge, sostenendo che il Magistrato avesse affermato a torto un suo rifiuto a svolgere lavori di pubblica utilità.

La Decisione della Corte e la procedura per la conversione pena pecuniaria

La Corte di Cassazione, investita della questione, non è entrata nel merito dei motivi del ricorso. Al contrario, ha focalizzato la sua attenzione su un aspetto preliminare di natura puramente procedurale. Accogliendo la richiesta del Procuratore Generale, la Corte ha stabilito che il rimedio esperito dal condannato – il ricorso per cassazione – era errato. Il provvedimento è stato quindi riqualificato come ‘opposizione’ e gli atti sono stati trasmessi al medesimo Magistrato di Sorveglianza di Bologna che aveva emesso la decisione impugnata.

Le Motivazioni della Cassazione

La motivazione della Corte si fonda su una precisa interpretazione delle norme che regolano l’esecuzione delle pene. L’articolo 678, comma 1-bis, del codice di procedura penale, come modificato nel tempo, stabilisce che il Magistrato di Sorveglianza, quando decide in materie come la rateizzazione e la conversione delle pene pecuniarie, procede secondo le forme dell’articolo 667, comma 4, del medesimo codice.

Tale ultima disposizione prevede che il giudice dell’esecuzione provveda ‘senza formalità’, con un’ordinanza comunicata alle parti. Contro questa ordinanza, l’interessato, il suo difensore e il pubblico ministero non possono ricorrere direttamente in Cassazione, ma devono proporre ‘opposizione’ davanti allo stesso giudice che ha emesso il provvedimento. Solo a seguito dell’opposizione, il giudice è tenuto a fissare un’udienza formale, che si svolgerà nel pieno contraddittorio tra le parti, secondo le regole dell’articolo 666 del codice di procedura penale.

Pertanto, la sequenza procedurale corretta impone un primo passaggio obbligato dinanzi al Magistrato di Sorveglianza, che deve poter riconsiderare la propria decisione in un contesto dibattimentale. Saltare questo gradino e adire direttamente la Corte Suprema costituisce un errore procedurale.

Conclusioni: L’Importanza del Corretto Rimedio Processuale

Questa ordinanza ribadisce un principio cruciale: nel diritto processuale, la forma è sostanza. Scegliere il rimedio giuridico sbagliato può portare all’inammissibilità dell’impugnazione, con una conseguente perdita di tempo e, potenzialmente, la preclusione della possibilità di far valere le proprie ragioni. La decisione chiarisce che per la conversione pena pecuniaria, il sistema prevede un meccanismo di garanzia a doppio livello: una prima decisione rapida e ‘deformalizzata’ del Magistrato, seguita da una possibile fase di opposizione che garantisce un pieno contraddittorio. Solo dopo l’esito di quest’ultima fase, si apriranno le porte per eventuali, ulteriori impugnazioni.

Qual è il rimedio corretto contro un’ordinanza del Magistrato di sorveglianza che dispone la conversione di una pena pecuniaria?
Il rimedio corretto non è il ricorso diretto alla Corte di Cassazione, bensì l’opposizione da presentare dinanzi allo stesso Magistrato di Sorveglianza che ha emesso il provvedimento, ai sensi dell’art. 667, comma 4, del codice di procedura penale.

Perché la Corte di Cassazione ha riqualificato il ricorso in opposizione?
La Corte ha agito in questo modo perché l’art. 678, comma 1-bis, c.p.p. rinvia esplicitamente alla procedura dell’art. 667, comma 4, c.p.p. per le decisioni in materia di conversione di pene pecuniarie. Questa norma prevede l’opposizione come unico strumento per contestare l’ordinanza emessa senza formalità, e non il ricorso per cassazione.

Cosa accade dopo che il ricorso è stato qualificato come opposizione?
Gli atti del procedimento vengono restituiti al Magistrato di Sorveglianza che aveva emesso la decisione iniziale. Quest’ultimo dovrà fissare un’udienza nel rispetto del contraddittorio tra le parti (condannato, difensore e pubblico ministero) per discutere l’opposizione e assumere una nuova decisione nel merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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