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Conversione del ricorso: Cassazione chiarisce i limiti

Un imputato, condannato dal Giudice di Pace per il reato di minaccia e al risarcimento del danno, ha proposto ricorso diretto in Cassazione lamentando, tra l’altro, un vizio di motivazione. La Suprema Corte ha stabilito la conversione del ricorso in appello, ribadendo che le censure relative alla motivazione della sentenza non possono essere oggetto di ricorso “per saltum”, ma devono essere esaminate dal giudice d’appello. Di conseguenza, gli atti sono stati trasmessi al Tribunale competente.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Conversione del Ricorso in Appello: la Cassazione e i Limiti del Ricorso per Saltum

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui meccanismi di impugnazione nel processo penale, in particolare riguardo ai limiti del cosiddetto ricorso “per saltum” e al principio della conversione del ricorso. La vicenda riguarda un imputato condannato dal Giudice di Pace che ha tentato di adire direttamente la Suprema Corte, sollevando questioni che, come vedremo, appartengono alla competenza del giudice d’appello. Analizziamo i dettagli della decisione e le sue implicazioni pratiche.

Il caso: dal Giudice di Pace alla Cassazione

Un soggetto è stato condannato dal Giudice di Pace di Pescara per il reato di minaccia. Oltre alla sanzione penale, è stato condannato al risarcimento dei danni in favore della parte civile costituita.

Avverso tale sentenza, l’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso direttamente alla Corte di Cassazione, bypassando il grado di appello. I motivi del ricorso erano due:
1. Erronea applicazione della legge penale in merito al concetto di danno ingiusto.
2. Un vizio di motivazione, specificamente relativo alla valutazione di inattendibilità della persona offesa.

Questo secondo motivo è stato decisivo per le sorti dell’impugnazione.

La regola sulla conversione del ricorso

Il cuore della decisione della Cassazione ruota attorno all’articolo 606, comma 1, lettera e), del codice di procedura penale, che disciplina il ricorso per vizi della motivazione. La giurisprudenza consolidata stabilisce che un ricorso contenente tale censura non può essere proposto per saltum. In altre parole, le critiche alla logicità o completezza delle argomentazioni del primo giudice devono necessariamente passare attraverso il vaglio del giudice d’appello, che ha il potere di riesaminare il merito dei fatti.

Quando un’impugnazione viene presentata con un mezzo non corretto, il sistema processuale prevede un correttivo: la conversione del ricorso. In base all’articolo 568, comma 5, del codice di procedura penale, il giudice che riceve l’atto deve:
1. Valutarlo indipendentemente dalla qualificazione data dalla parte.
2. Verificare la sussistenza della volontà di impugnare (voluntas impugnationis).
3. Accertare che il provvedimento sia oggettivamente impugnabile.

Se queste condizioni sono soddisfatte, il giudice trasmette gli atti all’organo giurisdizionale competente.

Le motivazioni della Corte Suprema

La Corte di Cassazione ha applicato rigorosamente i principi sopra esposti. Ha innanzitutto rilevato che il secondo motivo di ricorso, inerente al vizio di motivazione, rendeva l’impugnazione improponibile per saltum. Di conseguenza, si è attivato il meccanismo della conversione.

La Suprema Corte ha poi verificato che la sentenza del Giudice di Pace fosse effettivamente appellabile. L’articolo 37 del D.Lgs. 274/2000 stabilisce che l’imputato può proporre appello non solo contro le condanne a pene diverse da quella pecuniaria, ma anche contro quelle che applicano una pena pecuniaria qualora sia impugnato il capo relativo alla condanna (anche generica) al risarcimento del danno. Nel caso di specie, l’imputato aveva contestato la sua responsabilità penale, e di conseguenza anche la statuizione civile sul risarcimento, rendendo la sentenza pienamente appellabile.

In virtù di ciò, la Corte ha concluso che il ricorso, sebbene formalmente indirizzato alla Cassazione, dovesse essere qualificato come appello. Ha quindi ordinato la conversione e la trasmissione degli atti al Tribunale di Pescara, quale giudice competente per l’appello avverso le sentenze del Giudice di Pace.

Le conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del sistema delle impugnazioni penali: la gerarchia dei gradi di giudizio non può essere aggirata, salvo nei casi espressamente previsti dalla legge. La critica alla ricostruzione dei fatti e alla valutazione delle prove (vizio di motivazione) è una questione di merito che spetta al giudice d’appello. Il ricorso in Cassazione è un rimedio riservato a questioni di legittimità, ovvero alla corretta applicazione della legge. La conversione del ricorso agisce come un meccanismo di salvaguardia che, pur sanzionando l’errore della parte, garantisce che il diritto di impugnazione sia comunque esercitato davanti al giudice naturale precostituito per legge.

È possibile impugnare direttamente in Cassazione una sentenza del Giudice di Pace lamentando un vizio di motivazione?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che il ricorso contenente una censura per vizio di motivazione non può essere proposto “per saltum”, ma deve essere convertito in appello e trattato dal giudice competente.

Cosa succede se si utilizza un mezzo di impugnazione errato?
Il giudice deve qualificare l’atto in base alla reale volontà della parte di impugnare (voluntas impugnationis) e, se ne sussistono i presupposti, procede alla sua conversione, trasmettendo gli atti al giudice corretto senza dichiarare l’inammissibilità.

Una condanna del Giudice di Pace al risarcimento del danno è appellabile, anche se la pena penale è solo pecuniaria?
Sì, l’articolo 37 del D.Lgs. 274/2000 prevede che l’imputato possa proporre appello contro le sentenze che applicano una pena pecuniaria se impugna anche il capo relativo alla condanna, anche generica, al risarcimento del danno.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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